giovedì 12 aprile 2018

Alberi erranti e naufraghi - Alberto Capitta


sembra un libro di un altro mondo, in realtà è un libro di questo mondo, solo che è visto con occhi diversi.
storia di libertà, di coraggio, di compassione, di prepotenza, di padri e figli, di umani e animali, di adulti e bambini, di amore e odio, di fughe e ritorni, di silenzi e, quando è necessario, di poche parole.
un libro bellissimo, peccato per chi non lo legge.





dice Goffredo Fofi:
…Capitta inventa e racconta mescolando realtà e fantasia perché la realtà non è sufficiente a dire cosa ci cova sotto e la determina. Lo fa seguendo coscientemente o meno dei modelli che sono novecenteschi (il surrealismo francese che ha le sue basi nel romanticismo tedesco, il realismo magico italiano, il real-meraviglioso latino-americano...) ma anche più lontani e decisamente fiabeschi. E che aggiunge a un fondo stevensoniano e leskoviano (secondo la lettura di Benjamin) qualcosa di fortemente "femminile" che gli viene da una tradizione recente, quella delle Morante, Ortese, Ramondino. Nelle storie di Capitta l'umano si mischia all'animale e al vegetale, e trova per questo nelle donne e nei bambini - oltre che nei "puri di cuore" che osano agire secondo idealità non socialmente accettate - la sua vocazione all'incontro, al rispetto, alla confusione. Nemica è in definitiva la società degli adulti - e di qui il peso che ha nel romanzo la tribù dei bambini orfani che vivono secondo natura e in cui il protagonista si imbatte - e amica, con quella dei "piccoli", la disponibilità dei pochi giovani che hanno saputo mantenere o che sanno ritrovare l'apertura mentale e fisica dell'infanzia. Gli orfani sono orfani dell'uomo, non della natura.
Diviso in tre parti, il romanzo parla di tre famiglie: gli Arca, una madre fuggita, un padre che vive di un impiego pubblico ma si occupa anzitutto di curare gli animali feriti e ogni tipo di animale, e un figlio, Giuliano, che ne segue le orme e che ama vivere secondo natura; i Branca, una madre suicida, un padre notaio e delicato, una figlia, Maddalena, che si lascia irretire dal fascino del militare Michelamgelo; i Nonne, una madre spaventata e sottomessa, un capofamiglia violento e sopraffattore come il figlio Michelangelo, il cui fratello Emilio, d'animo poetico e sensibile, vede osteggiata la sua intimità con Giuliano Arca, e si piega, e ne muore. La storia d'amore che, di sventura in avventura, nasce dall'incontro tra Giuliano e Maddalena e porta alla loro fuga, è il fulcro del romanzo, e li vede migrare prima tra gli orfani e poi nel mondo, verso un futuro incerto, alla «ricerca di un nuovo approdo».
Ma anche gli alberi camminano, e migrano o naufragano, in questo universo incantato, irrequieti come gli animali e come gli umani, alla ricerca di un'armonia con il creato che appartiene al regno dell'utopia, dell'irrealizzabile tuttavia da tentare. Si tratta per i "buoni" di difendersi e di cercare, si tratta per gli orfani del mondo, per l'umana orfanezza che ha coscienza della perdita, di esplorare un altrove possibile, e di continuare a credere nell'utopia, nonostante tutto.
Con una lingua senza fronzoli e in uno stile asciutto e senza ricami, coin una ricchezza di fatti e di azioni che esprimono più degli scarni commenti e che lasciano da parte la psicologia per dire i comportamenti e spingere il lettopre a giudicare da quelli, Capitta mette in rilievo ciò che è più significativo, ciò che è essenziale, e riflette e ragiona con molta moderazione lasciando libero il lettore di capire, interpretare, giudicare.

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