sabato 3 febbraio 2018

scrivono da Domusnovas


Il secondo comunicato stampa della nuova alleanza Confindustria, Cgil e Cisl, quasi fotocopia del precedente, ci ha lasciato stupefatti. Ha dell’incredibile, infatti, che dei sindacati si fermino alla valutazione della regolarità formale di un’attività produttiva e non prendano in esame la sostanza dei fatti. Organizzazioni che fondano sul principio di solidarietà il loro agire sociale non possono non fermarsi a considerare che i lavoratori ed i cittadini dello Yemen, vittime delle produzioni belliche della fabbrica di Domusnovas sono compagni, fratelli, amici di quelli di Domusnovas e Ghedi e nulla hanno fatto contro di loro o contro il nostro Paese.
Nel Comunicato, giustamente, si afferma che la nostra area è “caratterizzata da una profondissima crisi economica”; ci autorizza forse la crisi che stiamo vivendo a rifarci su una popolazione innocente basando sulla sua distruzione i nostri guadagni? Gli Statuti della CISL e della CGIL, agli articoli 2, fanno entrambi riferimento all’importanza del perseguire rapporti con i lavoratori di tutto il mondo volti alla costruzione della Pace; è producendo bombe per bombardare civili, ospedali, case e bambini in Yemen (Ban Ki-Moon, 5 febbraio 2016) che promuoviamo rapporti di pace?
I rappresentanti locali delle tre organizzazioni sostengono che la riconversione non è praticabile. Noi pensiamo di si e fondiamo la nostra convinzione, oltre che sul buon senso, anche sul dettato della L.185/90 che, all’art.1 – c.3, prevede che il governo predisponga piani di riconversione delle industrie belliche. In ogni caso, se la strada della riconversione fosse troppo in salita, quella produzione non potrebbe comunque andare avanti, in quanto contraria alle norme morali, etiche e giuridiche.
O la RWM decide di cambiare filosofia aziendale e sospende le forniture ai paesi in guerra come previsto dalle leggi di tutti i paesi europei, oppure la fabbrica va chiusa e sostituita con altre attività. Certo è che lo Stato, la Regione e le forze sociali se ne dovranno far carico, come prevede la legge! Dopo aver illuso per anni i lavoratori che tutto fosse regolare.
Si rendano conto, sindacati e Confindustria, che, a livello internazionale, il vento sta cambiando: nelle ultime 3 settimane, 3 paesi europei sono entrati nel novero di quelli che hanno sospeso ogni fornitura militare all’Arabia Saudita prendendo atto dei crimini umanitari commessi nella guerra in Yemen: sono la Germania (la Merkel, in visita a Rhiad, ha chiesto la fine dei raid aerei sullo Yemen), il Belgio e la Norvegia. Recentemente si è pronunciato nello stesso senso senso il governo canadese del presidente Trudeau. Che farà l’Italia? Per quanto tempo potrà continuare a negare l’evidenza?
Se non si costruisce ora l’alternativa alle bombe, domani potrebbe essere troppo tardi ma le organizzazioni sindacali e datoriali, anziché occuparsi della salvaguardia dei lavoratori, si ostinano a sostenere una impresa di proprietà tedesca che viene a fare in Italia ciò che non gli è consentito in Germania. Ci si rende conto che Rheinmetall, dopo aver delocalizzato nel Sulcis-Iglesiente nel 2010, ora lo sta facendo in Sudafrica ed in Arabia e la chiusura potrebbe essere veramente alle porte?
Quanto poi alla sicurezza che sarebbe messa a rischio dalle azioni di quanti vogliono la riconversione, ci preme solo evidenziare che la libertà di opinione e di informazione sono ancora alla base della nostra democrazia, così come dovrebbero esserlo per ogni organizzazione di questo Paese.
Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa sono i portavoce del comitato riconversione RWM per la pace, il lavoro sostenibile, la riconversione dell’industria bellica, il disarmo, la partecipazione civica a processi di cambiamento, la valorizzazione del patrimonio ambientale e sociale del Sulcis-Iglesiente.

Pubblichiamo la lettera aperta di Arnaldo Scarpa, portavoce del Comitato Riconversione RWM alla segretaria generale della CGIL Susanna Camusso. (red)
Compagna Susanna,
sono Arnaldo Scarpa, iscritto da lunga data alla CGIL, insegnante, da oltre 10 anni membro della RSU del mio Istituto, già componente del direttivo provinciale FLC del Sulcis-Iglesiente e del direttivo regionale della Sardegna.
Dal maggio scorso sono uno dei 2 portavoce del Comitato per la riconversione della RWM di Domusnovas-Iglesias, la fabbrica tristemente nota per produrre le bombe d’aereo che la coalizione saudita, dal 2015, sgancia sulle teste del popolo yemenita in una guerra che ha causato oltre 10.000 morti tra i civili ed una catastrofe umanitaria complicata da carestie e pestilenze, tanto da far affermare all’ONU che si tratta della maggiore emergenza verificatasi dal 1946 ad oggi.
Di tutto questo dolore siamo responsabili anche noi cittadini della Sardegna e dell’Italia, a causa delle scelte scellerate del governo che autorizza tali esportazioni mortifere e delle connivenze di parte delle forze politiche e sindacali.
Mi sconcerta assai e perciò chiedo il tuo autorevole intervento la posizione sull’argomento del mio Segretario generale territoriale e della segreteria FILCTEM in particolare. Il primo rifiuta ogni tentativo di dialogo sul tema della riconversione. La seconda ha, addirittura, firmato due comunicati insieme alla CONFINDUSTRIA (udite, udite!) ed alla CISL (non era di ispirazione cristiana?) nei quali si afferma che la produzione della RWM va tutelata in ogni modo in quanto perfettamente legale e necessaria per non deprimere ulteriormente i livelli occupativi del territorio.
Di fronte al comunicato stampa (che allego), mi chiedo e chiedo a te, Susanna, se il nostro Statuto valga ancora qualcosa. In particolare se l’articolo 2 che dichiara la “pace tra i popoli bene supremo dell’umanità”, la “conquista di rapporti internazionali in cui tutti i popoli vivano insieme nella sicurezza e in pace” ispiratrice dell’azione sindacale, la “solidarietà attiva tra i lavoratori di tutti i Paesi” … “fattore decisivo per la pace”, sia diventato solo carta straccia o un paravento che maschera ben altre pratiche.
Chi glielo dice agli yemeniti che muoiono sotto le nostre bombe, fatte ed esportate in barba alla Costituzione (cfr. art.11 e art.41) ed alla legge 185/90, che vogliamo essere solidali con loro? Che crediamo nella pace tra i popoli come bene supremo? Che siamo compagni, perché dividiamo il nostro pane, non solo tra di noi ma con tutti i lavoratori del mondo?
Non ritieni che sia il caso di iniziare all’interno del sindacato un urgente lavoro di revisione delle posizioni fin qui assunte dalle strutture territoriali ed anche dei silenzi del nazionale per recuperare quel minimo di coerenza senza la quale si perde in credibilità ma anche, in fin dei conti, in sostanza sindacale. Se il sindacato smette di perseguire il principio della tutela della dignità dell’uomo e si allea con chi, pur di fare del profitto, passa sopra ai più elementari principi etici, che cosa ci sta a fare? Da cosa si distingue rispetto a qualsiasi altra organizzazione lobbistica?
Nessun lavoratore della RWM si è mai espresso pubblicamente sulle scelte aziendali. Sono tutti “orgogliosi di lavorare nel settore della difesa”, come gli hanno fatto sottoscrivere su carta intestata della ditta? In che senso poi intendano la “difesa” sarebbe da spiegare ai compagni yemeniti.
Oppure siamo di fronte a persone tenute sotto ricatto dal padrone tedesco (in questo caso)? Che cosa ne pensa la RSU? E’ normale che nessuno si esprima personalmente o in gruppo? Che nessuno accetti di dialogare con noi che, prima che RWM delocalizzi, vorremmo che si creassero alternative valide per tutti i dipendenti.
Inoltre, da quale parte sta la CGIL rispetto alla questione degli armamenti esportati dall’Italia in tutto il mondo, perfino negli Stati dove sono più evidenti le violazioni dei diritti umani e, fra l’altro, prodotti, in larga misura, da società partecipate dallo Stato?
Ti sarei grato e ti saremmo grati in tanti iscritti – pronti anche a ritirare la delega se dovesse perdurare questa latitanza rispetto ad un punto fondante dello Statuto – se potessi rispondere fattivamente quanto prima.

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