mercoledì 18 ottobre 2017

Pino Scaccia ricorda Daphne Caruana Galizia


Metteva proprio paura se per ucciderla hanno imbottito di tritolo la sua piccola auto, come fanno i terroristi (o i mafiosi) con i grandi nemici. Daphne Caruana Galizia, 53 anni, è morta carbonizzata a pochi metri da casa, a Malta. Soltanto pochi minuti prima aveva pubblicato un post sul suo temutissimo blog “Running Commentary” contro il primo ministro Muscat, accusato di corruzione nello scandalo dei Panama Papers. E proprio Joseph Muscat è stato il primo a condannare l’attentato: “Tutti sanno quanto Galizia fosse critica nei miei confronti, ma nessuno può giustificare questo atto barbaro”. La cronista, quindici giorni fa, aveva depositato una denuncia dopo aver ricevuto minacce di morte. Da anni in realtà la più famosa giornalista investigativa maltese lavorava sul tema della corruzione. Sei mesi fa aveva rivelato al mondo uno scandalo di petrolio e tangenti pagate, secondo i documenti pubblicati, dal regime dell’Azerbaijan ai vertici del governo maltese, coinvolgendo la moglie del premier Muscat. Galizia ha infatti svelato che la Egrant Inc, una società registrata a Panama e di cui fino ad allora non era mai stato individuato il beneficiario finale, appartiene a Michelle Muscat, la moglie del primo ministro. Non solo. La giornalista ha pubblicato alcuni documenti che dimostrano come la società panamense nel 2016 abbia ricevuto diversi bonifici, il maggiore dei quali da oltre un milione di dollari, da parte della Al Sahra FZCO, una offshore registrata a Dubai e appartenente a Leyla Aliyeva, figlia del dittatore dell’Azerbaigian Ilham Aliyev. Insomma Galizia ha rivelato – con tanto di documenti pubblicati online – che la moglie del premier maltese ha ricevuto milioni di euro dal regime azero. Il quale negli ultimi anni ha firmato parecchi accordi in campo energetico con il governo laburista de La Valletta.
Recentemente ha poi raccontato come l’isola del Mediterraneo si sia trasformata in uno dei luoghi prediletti per il traffico internazionale di droga, facendo nomi e cognomi dei presunti protagonisti del business, primo fra tutti quello di Antoine Azzopardi. Il premier maltese non è stato però l’unico bersaglio della reporter. Aveva tra l’altro fatto parte del consorzio investigativo Icij (di cui è membro anche L’Espresso) rivelando l’esistenza di alcune società offshore appartenenti ad altri personaggi famosi maltesi. All’inchiesta internazionale Panama Papers, la giornalista aveva infatti contribuito svelando come due politici locali –  Konrad Mizzi, all’epoca ministro dell’Energia, e Keith Schembri, capo di gabinetto del premier Muscat – fossero proprietari di scatole finanziarie basate in paradisi fiscali. Accanto agli imprenditori che hanno creato o trasferito attività reali, si è mosso anche un esercito di emigranti di lusso del fisco. Nella lista ci sono politici, manager, industriali, finanzieri, gente di spettacolo e anche un gran numero di personaggi legati ai clan mafiosi. Un lavoro di tre mesi sui Malta Files, quasi mezzo milione di nomi, che in alcuni casi ricorrono più volte, di una sessantina di nazionalità diverse. Si scopre così che l’Italia è di gran lunga il Paese straniero più rappresentato nel gigantesco file: quasi 8 mila società maltesi sono controllate da azionisti italiani. Molti di loro non sono mai sbarcati nel piccolo Stato e hanno utilizzato Malta solo per ridurre al minimo il conto delle tasse. Negli ultimi anni il governo di La Valletta ha steso un tappeto rosso agli investitori stranieri che creano società sull’isola.
“Malta è diventata la Panama d’Europa», ha protestato lo scorso 10 maggio Norman Walter-Borjans, il ministro delle Finanze del land tedesco Nord Reno Westfalia. Più in concreto, un dossier diffuso nel gennaio scorso dal gruppo dei Verdi al Parlamento europeo calcola in circa 4 miliardi di euro l’anno il gettito fiscale che viene sottratto da Malta agli altri Paesi. “Non siamo uno Stato offshore”, ribatte il governo di La Valletta. Ma Bruxelles, dopo anni di colpevole disattenzione, adesso sembra pronta a muoversi.
Daphne negli ultimi mesi aveva iniziato a lavorare sul nuovo capo dell’opposizione, Adrian Delia, e sul traffico di droga nell’isola. Un fenomeno vecchio e noto: ricordo che anni fa era gestito dai cinesi, insieme all’immigrazione clandestina rappresentando Malta un approdo privilegiato. Il suo ultimo pezzo è stato pubblicato sul blog “Running Commentary” poche ore prima della morte. Un commento, più che un articolo, a proposito del processo per corruzione contro l’ex ministro dell’Energia Schembri. “Ci sono ladri ovunque uno guardi adesso. La situazione è disperata”, sono state le ultime parole scritte dalla giornalista prima di bruciare viva nel suo villaggio di Bifnija, proprio davanti a Gozo dove la leggenda narra che Ulisse subì il fascino di Calipso. Povera, coraggiosissima reporter.

1 commento:

  1. Anche a me la fine tragica di questa coraggiosa giornalista ha colpito parecchio. Dovremmo fare terra bruciata verso la corruzione e l'illegalità, invece troppo spesso avviene il contrario.

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