sabato 12 agosto 2017

Le uova di Genova arrivano da Mogadiscio? - Gianluca Ricciato



Molte persone come me si sono chieste come mai quelle 300.000 che eravamo sulle strade di Genova nel luglio 2001 e quelle milioni che eravamo nel mondo – a tentare di smascherare la dittatura finanziaria che di lì a poco sarebbe esplosa in tutta la sua violenza – invece di moltiplicarci in questi anni ci siamo divise. La risposta in realtà dovremmo già saperla da tempo, almeno da quando è finito il Novecento.
E’ vano fare la critica dell’esistente con lo scopo di cambiarlo: l’esistente si riproduce non perché sia giudicato buono ma perché lo riproduce un meccanismo che può risultare più forte delle nostre intenzioni e critiche, per quanto giuste. Il problema è, allora, di spezzare il meccanismo della ripetizione” (1).
Per spezzare quel meccanismo avevamo e abbiamo messo in atto pratiche che si sono troppo spesso interrotte. Fuori di noi e dentro di noi. E così, invece di queste esperienze, sono cresciute le devastazioni dei territori, i diktat finanziari delle multinazionali petrolifere e agrochimiche, l’alienazione delle nostre vite, l’impoverimento culturale, i sordidi conati razzisti delle masse, perfettamente funzionali alla crisi infinita del capitalismo del terzo millennio.
Ma i cambiamenti sono lenti e spesso occorre cogliere con precisione e dovizia di particolari i gangli esatti del potere, per poterne interrompere la riproduzione. E non potendo sapere tutto quello che dovremmo sapere – altrimenti saremmo già a metà dell’opera – occorre immaginare, collegare, mettere insieme i pezzi, confrontare le evidenze, essere intelligenti e sensibili e non automatici ripetitori di un sapere tecnico ipostatizzato. Occorre restare umani. Tentare di svelare gli intrighi, invece di perdersi nei dibattiti pro e anti complotto – cosa anche questa perfettamente funzionale al sordido razzismo delle masse e al tecnonazismo capitalista.
Questo tecnonazismo lo abbiamo visto all’opera nella pistola che ha ucciso volontariamente Carlo e nel meccanismo mediatico che ha protetto finora i responsabili; nelle mani criminali del medico che strappava orecchie e orecchini di giovani donne innocenti nella caserma di Bolzaneto; nei manganelli che hanno torturato anziani addormentati in una scuola genovese; in questori, vicequestori, parlamentari dichiaratamente neofascisti, capi di polizia e altri osceni burocrati, servi dell’economia globale, che assediarono e ossessionarono per tre giorni le strade di Genova. 
Ma quei tre giorni non sono isolati. Sono stati preceduti e sono stati seguiti da un contesto di eventi ben precisi che ha portato il nostro paese e il sistema economico internazionale in cui è inserito – la cosiddetta globalizzazione come si diceva allora – allo stato attuale.
Cosa è successo in Italia prima? Cosa ci facevano i nostri soldati in mezzo mondo, soprattutto dove morivano giornalisti indipendenti?
Chi ha ucciso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin nel marzo del 1994, visto anche che è stata appena annullata la sentenza di condanna di 22 anni fa e questo duplice omicidio è tutt’ora senza colpevoli?
Perché sono stati fatti sparire dei testi che parlavano dei legami tra servizi segreti, Gladio, Eni, mafia trapanese, traffico di armi e rifiuti speciali e questo duplice omicidio?
Perché numerose persone implicate in quell’affare erano presenti anche dove è stato ucciso Carlo Giuliani, in Piazza Alimonda a Genova, o meglio erano a capo delle truppe che avevano arbitrariamente e senza motivo da ore rinchiuso e assediato 400 persone in un reticolato mortale di stradine del centro storico?
Chi ha ucciso Ilaria Alpi è la stessa persona che ha sparato a Carlo Giuliani?
Quali sono i meccanismi del sistema di potere che si stava costruendo tra Novecento e Duemila, per arginare un crescente malessere che ora è quasi totalmente confinato nel neonazismo da tastiera o, come dice qualcuno, nella “dittatura dei vigliacchi” che riescono solo ad essere “forti con i deboli e zerbini con i potenti”? (2)
NOTE
1) in Luisa Muraro, “Maglia o uncinetto. Racconto linguistico-politico dell’inimicizia tra metafora e metonimia”, Manifestolibri, 1998 (prima edizione 1981)
(2) in Frankie Hi Nrg Mc, “Quelli che ben pensano”  https://www.youtube.com/watch?v=vrpJB7ucC5Y


LA MADRE DELL’UOVO
Leggere libri non va più di moda, guardare video su youtube sì. Questo qui sotto dura mezz’ora, ma racchiudere in poco tempo la costruzione delle fondamenta della nuova architettura del potere italiano nell’era della globalizzazione non è facile.
Spoilerando:
– Giulio Laurenti, “La madre dell’uovo”, Effigie, 2013 (autore già noto ma testo rifiutato da mezza editoria italiana, stesura perseguitata da vicende fantascientifiche)
– Eurogendfor, corpo militare fondato nel 2004 con sede a Vicenza (Dal Molin, remember?): gode di extraterritorialità, cosa illegale e anticostituzionale. Pronti a gestire nuove forme di “democrazia”?
– Il Trattato di Velsen che garantisce l’extraterritorialità, quindi l’impunità delle forze armate: ad esso si richiama il presidente di Frontex nella polemica sulle Ong
– Fra Prima e Seconda Repubblica, Gladio e Sismi si ritrovano senza copertura politica e nasce una faida tra servizi segreti “deviati”
– Vincenzo Li Causi, del Sismi, viene ucciso in Somalia nel 1993, un anno prima di Ilaria Alpi
– Che Vincenzo Li Causi sia morto sembra non essere sicuro: durante le ricerche appare una fotografia di lui nel 2007 ma appena inizia a girare viene fatta sparire da tutti i computer e i server in cui si trova, archivio de “La Repubblica” compreso
– Il memoriale del maresciallo Aloi uscito nel 1997 parla di violenza, traffici di armi e rifiuti speciali e altro, durante la missione italiana in Somalia dei primi anni Novanta: il memoriale, prima diffuso sui media poi secretato, fa i nomi espliciti di 5 persone dell’esercito italiano presenti a Mogadiscio
– 4 di queste 5 persone della missione somala, citate nel memoriale, sono presenti a Piazza Alimonda fra le 17 e le 18 del 20 luglio 2001 (Carlo Giuliani viene ucciso alle 17.27. Entrambi i defender coinvolti nella vicenda dell’omicidio vengono gestiti da 2 di questi 4 uomini, 2 tenenti colonnelli per la precisione)
– In Somalia e in Piazza Alimonda c’è lo stesso fotografo, sempre presente dove sta per succedere un evento, che però fotografa anche il militare che massacra la testa di Carlo mentre è riverso a terra sanguinante e ancora vivo (dovrà servire per far credere che sia morto a causa di una sassata, cosa non creduta… almeno questa). Per queste foto, che non doveva fare, viene massacrato anche lui. A caldo, mezz’ora dopo, dice a un’intervistatrice: “ho avuto più paura che in Somalia”. Dopo questo messaggio subliminale non vuole più parlare di quello che ha visto e che sa, e mai più parlerà.
– Un pezzo di puntata di “Report” su Eurogendfor, di qualche mese fa, è scomparso nel nulla
– Minuti 22-24: il centro della questione. Per chi ha qualche interesse per la verità.
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INTERVISTA A GIULIO LAURENTI A BORDER NIGHT

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