giovedì 8 settembre 2016

Il marchese di Montespan – Jean Teulé

una storia d'amore in tempi in cui tutto si compra e si vende.
Montespan ama la moglie più di quanto si possa immaginare, lei ama di più gli agi, che il marito, per quanto nobile, non le può dare.
vivono al di sopra delle loro possibilità, e quando Francoise, la marchesa, comincia a frequentare Versailles, per Montespan non c'è più niente da fare.
lei diventa la concubina del Re Sole, per molti anni, il marito aspetta, la ama ancora di più, se possibile.
è conosciuto come il super cornuto di Francia, dalla corte vogliono pagare per i servizi che sua moglie concede al re, ma lui non accetterà mai niente, solo contro tutti, un Sisifo infaticabile.
raramente si legge in in libro un amore più testardo, disperato, impossibile.
ma non conoscevamo Montespam, pazzo d'amore.

ps: a pag.135 si legge, a proposito di un un giustiziato:
"Ecco, quello era un uomo. Ora i suoi parenti saranno banditi dal regno, le sue terre confiscate, la sua casa incendiata e il suo nome non potrà essere portato da nessuno dei suoi figli. Lui non è mai esistito".

ecco a chi si ispira il popolo eletto  per i suoi comportamenti contro i palestinesi "colpevoli", ma anche il Re Sole e la sua onnipotenza hanno avuto un termine - franz







Quando tua moglie è prescelta per diventare la favorita del Re Sole, è come vincere alla lotteria: il marito cornuto e la famiglia vengono indennizzati con regalie e favori principeschi. Montespan però non ci sta. Vuoi per amore, vuoi per dignità, vuoi per orgoglio, non abbassa la testa cornomunita davanti al Re, ma continua a sfidarne l'autorità con oltraggiose guasconerie (tipo aggiungere un palco di corna al proprio blasone). Sempre a schiena dritta e con amara ironia accoglierà le conseguenze via via più disastrose della sua ribellione.


Mi è piaciuto molto questo libro: divertente, scritto con un linguaggio espressivo, a volte addirittura volgare e impudente! Ricrea in maniera mirabile la Parigi del ‘600 e la vita alla corte di Versailles con tutte le sue meraviglie e bassezze. L’ambientazione è dettagliata e i personaggi descritti in modo arguto: Montespan ne esce come un eroe tormentato, bizzarro, ma degno di ammirazione. In definitiva, si può dire anche che sia un libro dedicato all’amore, quello grande, che travalica ogni bruttura e cattiveria.


da un’intervista a Jean Teulé:

Quando le è venuta l’idea di scrivere un romanzo sul marchese di Montespan?

In Francia quando si fa il nome di Montespan lo si declina sempre al femminile. Si dice “la Montespan”, sottintendendoe si tratti sempre e soltanto di Françoise-Athénaïs de Mortemart marchesa di Montespan, la concubina del Re Sole. Persino la canzone popolare Le Roi a fait battre tambour, cantata anche da Yves Montand e, qui in Italia, da Fabrizio de André, dice ben poco del marito, anche se qualcosa dice. L’avrò sentita mille volte, quella canzone, ma mai mi ero posto domande sull’identità, la storia, la vita soprattutto del marchese. Un giorno, per caso, mi trovavo a casa di amici e per ingannare il tempo mi sono messo a leggere una rivista di storia che trattava, in particolare, proprio la storia del marchese di Montespan. Come, mi sono detto, esisteva anche un marchese? Certamente tutti conoscono la vicenda e tutti sanno dell’esistenza di questo nobile a cui Luigi XIV letteralmente rubò la moglie per farne la sua amante preferita, ma lo si tratta quasi fosse una comprimario in un pantomima che non lo riguarda o lo riguarda ben poco. Destino singolare per il “cornuto” più celebre del Grand Siècle, che addirittura sul suo stemma e sulla propria carrozza aveva fatto issare due enormi corna di cervo per denunciare a tutti l’oltraggio di cui era stato vittima. Un tipo umano davvero singolare questo marchese – così mi sono detto -, merita un approfondimento. Scavando e ricercando tra le fonti, mi sono addentrato sempre più in una storia che mi sembrava degna di grande considerazione e rispetto. A modo suo, in fondo, Louis-Henri de Montespan era un revolté che declinava la sua rivolta con continui affronti al re. Il lavoro, quindi, è nato quasi per caso, ma non per caso mi sono messo a scavare nella vita di quest’uomo mal compreso persino dai più arguti fra i suoi contemporanei, basti pensare a Molière che lo ridicolizza nel suoAnfitrione. Nella commedia è Giove a trascorrere la notte con Alcmena, moglie di Anfitrione, ma non è difficile scorgere dietro i panni di Giove, re fra gli dei, quelli di un ometto alto si è no un metro e sessanta che si credeva dio fra gli uomini e si faceva chiamare Re Sole. Dietro il volto di Anfitrione, si cela ovviamente quello del povero marchese di Montesman. Se Giove giace con la tua donna, bisogna essergli grati di tale privilegio, figuriamoci se a giacere con lei è un re che si crede dio. Che cosa avrebbe dovuto dire il marchese che di ritorno a casa dopo una guerra fallimentare durata undici anni trovò sua moglie incinta pronta a offrirgli un “dono regale”? In Francia si tengono sempre in gran conto le parole di Molière, ma come non osservare che lui, proprio lui, di Montespan non aveva compreso proprio nulla?
Che cosa non aveva capito?
Prima di tutto non aveva compreso che Montespan era uno dei pochi, se non il solo fra i nobili che amasse davvero la propria donna a dispetto di tutto e di tutti (a dispetto anche della marchesa, ovviamente) e non la trattasse come un semplice oggetto da esibizione o mercimonio. Chi, alla corte di Luigi XIV, avrebbe rinunciato al privilegio – molto gradito ai nobili del tempo – di vedere la propria donna nel letto del monarca? Questo per il “cornuto” significava scalata sociale, ricchezza, un certo potere. Montespan dice semplicemente no, e tenta una vendetta terribile. In un’epoca in cui i matrimoni erano dettati da convenienza e esigenze di casato, trovare qualcuno che si dichiara folle d’amore e si firma “Montespan, separato, inseparabile” è, quanto meno, un fatto singolare. Ma non solo, perché Montespan è, in molti suoi aspetti, un eversivo che anticipa di circa un secolo la Rivoluzione e, con il suo senso di indipendenza, mette radicalmente in crisi la mentalità dell’ancien régime. È eversivo perché l’amore, quando rompe costumi e convenzioni sociali, è fondamentalmente un fatto eversivo. Oltraggia il re, si rifiuta di cedergli la propria sposa e sceglie di farsi divorare dai debiti, piuttosto che legittimare l’unione. Anzi, celebra addirittura il funerale della propria compagna, quando questa è ancora in vita. Solo fiori, su una cassa da morto, come testimonianza di dedizione assoluta…
da qui

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