giovedì 23 giugno 2016

ricordo di Amjad Sabri



…Un celebre Sufi disse che “l'artista, lo scrittore o il musicista che mette il cuore e l'anima in ciò che compone e lo dedica al Grande Creatore, sta offrendo preghiere altrettanto sincere di qualsiasi [religioso] che si inginocchia cinque volte al giorno”. Un messaggio eccessivo per i talebani e gli altri gruppi fondamentalisti inorriditi alla sola idea che un essere umano possa guardare nell’estasi o nel sogno il volto di Dio – come diceva nei suoi versi Ajmad - un’offesa mortale per una cultura che rifiuta ogni raffigurazione divina, figurarsi una persona considerata santa.
Lo stile del cantante ucciso è innovativo rispetto al qawwali tradizionale diffuso dalle dinastie moghul che conquistarono l’India, ma ne mantiene l’essenza. Il suo sogno era quello di diffonderlo nelle scuole del Pakistan, e si era offerto di andare personalmente a insegnare non solo la tecnica ma anche la filosofia di pace e armonia universale del sufismo. Sapeva bene gli ostacoli cui andava incontro nel clima teso di una società vittima del terrore di pochi gruppi armati decisi a imporre un modello di Islam opposto al suo. “L'amore è gratuito – dice una delle opere Sufi più volte cantate dall’artista ucciso - l'amore non è né indù né musulmano. Solo il proprio dovere e la propria fede sono amore”…

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