giovedì 7 aprile 2016

Ourika - Madame de Duras

trovato in un mercatino dell'usato, un librettino nel quale le pagine del racconto sono una sessantina, e da subito ti cattura.
e capisci le lodi che queste pagine hanno raccolto nel tempo.
una storiella piccola, dentro la Storia grande, che schiaccia tutto.
conoscerai Ourika, una ragazzina davvero in gamba.
non perdetevelo - franz




 «So che conoscete la duchessa di Duras» disse un giorno Goethe a von Humboldt. «Siete un uomo fortunato! Eppure, ella mi ha fatto tanto male: alla mia età, non bisognerebbe lasciarsi commuovere a tal punto... Esprimetele tutta la mia ammirazione». Pur essendo senz’altro uno dei più prestigiosi, Goethe non era però sicuramente l’unico ammiratore di Mme de Duras: tra i suoi estimatori vi furono Chateaubriand, Hugo, Sainte-Beuve (che vedeva in lei una «sorella» di Mme de Staël). Pubblicato nel 1824, Ourika divenne infatti in brevissimo tempo quello che oggi si definirebbe un libro di culto, tant’è che nei magasins de modeandavano a ruba nastri, camicette, cappelli e gioielli «à l’Ourika». Ancora oggi, a quasi due secoli di distanza, questo breve, intensissimo romanzo conserva tutto il suo fascino sottile – e la vicenda della piccola schiava nera, portata in dono dal governatore del Senegal al maresciallo di Beauvau e destinata a soccombere a un destino che non potrà essere che tragico per aver «infranto l’ordine della natura», per aver concepito «una passione delittuosa», «un amore colpevole» (e forse soprattutto per aver desiderato una impossibile «fusione dei cuori»), ancora ci commuove. «Da un lato» scrive John Fowles «Ourika affonda le radici nel Seicento francese, in Racine, La Rochefoucauld e Mme de La Fayette, mentre dall’altro si protende fino al tempo di Sartre e Camus. È la cartella clinica di un outsider, dell’eterno étranger nella società umana».



Le charme d’Ourika, c’est que pour la première fois dans la littérature européenne – comme l’a déjà remarqué un romancier anglais – un écrivain blanc pénètre dans une conscience noire avec élégance et sincérité au point de permettre à des lecteurs blancs de s’identifier au personnage. Quant à moi, j'ai vu en Ourika unePrincesse de Clèves noire.


Romanzo breve femminista ed anticipatore, dove è palese l’interesse della Duchessa de Duras per la condizione di sfruttamento della popolazione di colore che aveva avuto modo di notare durante il suo soggiorno in Martinica. Per la prima volta la protagonista è nera e la scrittrice dà assolutamente per scontato il suo diritto all’uguaglianza nella post rivoluzionaria, mondana e cosmopolita Francia. Ricordiamo che Napoleone aveva ripristinato la schiavitù nel 1802 abolita durante la rivoluzione. Ourika altro non è che lo specchio di Claire: alla prima la cosiddetta società civile, con i suoi pregiudizi di razza e di casta, nega il matrimonio, la maternità, la felicità “… ben presto sarei stata respinta da un mondo in cui non potevo per mia natura essere ammessa”. Il vento della rivoluzione aveva portato il diritto alla libertà, alla fraternità e all’uguaglianza per gli individui ma non per le donne, relegate nei loro angusti orizzonti. Allo stesso modo il conformismo sociale costringe Madame de Duras e le altre donne come lei ad una condizione di disagio e di dipendenza. Non resta altro che la scrittura, le belle lettere, la conversazione nei salotti per far volare la fantasia e l’intelligenza.


A guardare le classifiche, si direbbe che un libro abbia poche speranze di vendere se non è un giallo, una saga vampiresca o l’ispirazione per un film. Da questo punto di vista, Ourika di Madame de Duras non sembra avere garanzie di successo: un’autrice vissuta fra Sette e Ottocento, una trovatella africana come protagonista, una trama incentrata su sentimenti, riflessioni e moti interiori. Nessun mistero da risolvere. Nessuna scena d’azione. Neanche un vampiro. E, soprattutto, una vicenda che a prima vista può parere antiquata, anni luce dall’evoluto, illuminato mondo contemporaneo. A seconda vista, però, le impressioni cambiano…

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