venerdì 8 aprile 2016

La condanna di Hezbollah spacca la Lega Araba ed è crisi diplomatica tra Paesi del Golfo e Algeria - Karim Metref

Tira brutta aria tra l’Algeria e le monarchie del Golfo in questo momento.
La causa: il rifiuto del paese nordafricano di entrare a far parte della “Nato-araba” capeggiata dall’Arabia saudita e di prendere parte alla contrapposizione “sunniti contro sciiti”.
Sui media dei paesi del golfo e dei movimenti salafiti lo stato algerino è descritto come alleato dei “rinnegati e degli iraniani”. Mentre sui social algerini girano appelli per boicottare il pellegrinaggio verso la Mecca. Molti osservatori temono attacchi imminenti delle reti del terrore integralista contro l’Algeria. La causa un disaccordo sul Hezbollah libanese.
Il 10 marzo scorso, si é svolta a Tunisi la 145e sessione ordinaria del Consiglio dei ministri degli esteri della Lega Araba, sotto la presidenza del Bahrein. Principale e unico ordine del giorno: l’inscrizione del movimento politico-militare libanese Hezbollah nell’elenco delle organizzazioni terroristiche.
Questa decisione era già stata adottata in precedenza dal Consiglio di Cooperazione dei paesi del Golfo (CCG) che si era riunito nei primi giorni di marzo. Le monarchie del Golfo hanno messo la pressione alta sugli altri stati membri e hanno ottenuto il voto favorevole della maggioranza dei paesi membri della Lega Araba. Alcuni stati membri tuttavia hanno opposto vari livelli di resistenza e hanno fatto saltare così il piano dell’Arabia Saudita & co.  che volevano l’unanimità.
Due paesi hanno opposto un secco “no” alla proposta. Si tratta ovviamente del Libano dove Hezbollah è un partito politico riconosciuto, e dove detiene persino la maggioranza relativa in parlamento, e dell’Iraq, che con la sua maggioranza di popolazione sciita, non poteva sottoscrivere una misura dai forti sentori di sciovinismo sunnita.
La Tunisia, paese ospite della conferenza, si è astenuta dal voto invocando questioni tecniche come l’assenza di una definizione condivisa di un movimento terroristico e dell’incompetenza di una conferenza dei ministri degli esteri di adottare “posizioni forti di politica estera che spettano alle massime istituzioni dello stato”.
Il ministro delegato agli affari del Magreb, dell’Africa e della Lega degli Stati Arabi, Abdelkader Messahel, che rappresentava la diplomazia algerina all’incontro, è uscito prima delle votazioni e ha rifiutato di prenderci parte, ricordando “l’imperativo di conformarsi alla legalità internazionale e alle risoluzioni e alle liste di organizzazioni terroristiche dall’ONU, che non includono componenti politici riconosciuti a livello nazionale o internazionale e legalmente presenti sulla scena politica di una nazione.
Prima ancora della riunione di Tunisi, all’indomani della dichiarazione della condanna di Hezbollah da parte del Consiglio del Golfo, la posizione dell’Algeria era stata chiarita dalla sua diplomazia, per voce del suo Ministro degli Esteri, Ramtane Lamamra, che ha dichiarato: “l’Algeria considera Hezbollah come un movimento politico e militare importante della Repubblica del Libano, in linea con le leggi di questo stato fratello“. Prima di precisare: “è chiaro che questo movimento, membro della coalizione di governo e attore politico di primo piano al livello del parlamento libanese dove conta su numerosi rappresentanti, ha anche lui il dovere di non intromettersi negli affari degli stati vicini, ed evitare di destabilizzare il suo ambiente circostante“. Una chiara presa di posizione, quindi, anche contro la partecipazione dei miliziani di Hassan Nasrallah nella guerra civile che sta straziando la vicina Siria.
L’Algeria è un paese a maggioranza sunnita e, nella logica dello scontro settario guidato dalle monarchie petrolifere della penisola araba e che sta dilaniando tutto il Medio oriente, dovrebbe schierarsi accanto ai propri “fratelli di fede”. E il rifiuto del paese mediterraneo di schierarsi non piace alla penisola araba. Sui media arabi e sunniti si scatena una campagna di insulti nei confronti dell’Algeria, chiamata “alleato dei rinnegati e dei Persiani”.
Non è la prima volta che si esercitano pressioni sul governo di Algeri per costringerlo a schierarsi nelle guerre in corso. Tutto cominciò con la neutralità assunta da Algeri nei confronti del conflitto libico e siriano, spesso descritta come un sostegno di fatto alle Dittature di Gheddafi e di Assad.
Poi le pressioni (diplomatiche e mediatiche) sono aumentate all’inizio dell’attacco contro le popolazioni Houthi nello Yemen. Riad ha ottenuto facilmente l’adesione di vari stati arabi al suo piano di intervento. Ma voleva assolutamente anche l’appoggio di quello algerino, e del suo esercito ben attrezzato e con decennale esperienza di guerra contro i Gruppi Islamici Armati (GIA) degli anni ‘90.
Il governo di Algeri, in conformità con la propria costituzione, ha rifiutato in modo netto e chiaro di partecipare a qualsiasi attacco contro chiunque entro i confini di un altro stato. Come ha rigettato, sin dall’inizio e rigetta tuttora, ogni intromissione negli affari interni della Libia e della Siria.
L’ira dell’Arabia saudita davanti a questo rifiuto la portò allora fino a vietare il suo spazio aereo ai velivoli algerini e persino fino a vietare all’aereo inviato dall’Algeria a Sanaa, in accordo con le autorità degli altri stati del Magreb, di evacuare i cittadini algerini, marocchini, tunisini, libici e mauritani intrappolati nel paese in guerra. C’è voluto un vero e proprio braccio di ferro diplomatico per risolvere la questione e riportare i circa 250  cittadini magrebini a casa.
Nonostante tutti i suoi difetti, le profonde mutazioni che ha subito, e la grave corruzione che lo mina, in 50 anni di regno senza condivisione, il regime algerino è sempre rimasto coerente nella sua politica estera. I principi che lo guidano nascono dalle sue origini rivoluzionarie. E anche se profondamente deviato da quel percorso, ha tenuto saldi alcuni principi. come il sostegno ai popoli in lotta per la propria indipendenza e la non ingerenza negli affari interni degli altri stati sovrani se non tramite assistenza umanitaria e/o interventi diplomatici di mediazione e ricerca del dialogo.
Così il paese non partecipò alla spedizione punitiva contro l’Iraq di Saddam Hussein nel 1991 e In seguito non cauzionò nessun altro intervento militare né in Iraq né altrove. Rifiutò il sostegno alle insurrezioni armate in Libia e poi in Siria. Rifiutò di far parte del così detto Esercito Pan-Arabo e di partecipare al vergognoso massacro delle popolazioni Houthi in Yemen. E  oggi rifiuta l’idea dell’intervento militare straniero in Libia. E rifiuta di schierarsi in una ipotetica guerra tra sunniti e sciiti. E tutto questo sta diventando un po troppo agli occhi delle petromonarchie ormai abituate a comandare a suon di petrodollari una comunità di nazioni arabe costrette all’obbedienza dalle difficoltà economiche.
Infatti subito dopo la conferenza, l’Arabia Saudita ha annunciato la cancellazione di un prestito di 3 miliardi di dollari al Libano. Un aiuto previsto per comprare una partita di armamenti francesi. Ma Hollande può dormire sonni tranquilli, il regno saudita può punire un paese arabo disobbediente ma non delude mai i suoi protettori occidentali. Infatti la compravendita d’armamento si farà lo stesso ma a favore dell’esercito saudita.
Le scelte di politica internazionale del governo algerino sono molto popolari sia negli ambienti politici nazionali, anche tra l’opposizione, sia a livello popolare. Sulla Stampa algerina la posizione della diplomazia algerina è stata salutata come legittima da quasi tutte le correnti. In risposta agli insulti sui media arabi, sui social algerini si organizzano contro-campagne. Ad esempio su Facebook gira già un appello a boicottare il pellegrinaggio 2016 verso la Mecca. Appello che sta raccogliendo molti consensi tra i giovani internauti.
Ma ciò che preoccupa di più ad Algeri non sono gli insulti ma la paura di diventare il prossimo bersaglio delle reti del terrorismo integralista, reti che, si sa bene, sono la punta di ferro dello scontro “Sunna contro Scia”. E che sono anche, come si sa altrettanto bene, molto sensibile ai flussi di petrodollari.
Anche il ministro della difesa e capo dello stato maggiore militare algerino, il Generale Maggiore Gaid Saleh, in visita questa settimana nella regione militare di Ouargla (Sud Est) ha esortato le truppe “ a raddoppiare la vigilanza  per la salvaguardia  della sicurezza e stabilità del paese, di fronte ai pericoli provenienti dalle situazioni gravi che vive l’area”. Il riferimento è ad eventuali infiltrazioni dalla Libia ma anche dai paesi del Sahel subsahariano.: Isis, Aqmi, Ansar Asciaria… e tutta la galassia di movimenti armati salafiti che stanno mettendo il continente in subbuglio.

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