giovedì 11 febbraio 2016

Per una goccia Stefano perse il lavoro - Daniela Pia

Ci sono giorni, in questa scuola 2.0 in cui maestri e maestre, professori e professoresse, sempre più avanti con l’età, debbono fare i conti con la finitezza dei propri bisogni fisiologici: la pipì che scappa.
Lasciare incustodita la classe, per espletare un bisogno fisiologico impellente e improcrastinabile è impensabile, equiparabile addirittura ad una Schettinaggine.
A volte i bagni sono chiusi a chiave e la si deve chiedere al collaboratore scolastico, se lo si rintraccia subito.
Se non c’è si  stringono le ginocchia improvvisando un balletto e recitando a memoria versi dell’Inferno per tacitare la vescica.
Quando poi la chiave si manifesta fra le mani si corre lentamente e con una certa ricercata dignità sino a conquistare la porta del cesso. Si cesso. Che di cessi trattasi. Privi di carta igienica, di sapone, di asciugamani. Momenti in cui spesso si desidera disperatamente un cespuglio. Si sogna una piazzola lungo la statale. Una stradina di campagna ove liberarsi con molto più decoro .
Da oggi questi sogni proibiti sono però pericolosissimi e, se si sono realizzati,  potrebbero trasformarsi in un’arma letale, di quelle di “d’istruzione” di massa con cui la solerte giustizia italiana si diletta. Mettiamo che una sera di queste estati, mentre si partecipava alla sagra dello Scilipoti gradasso o del Razzi balbuziente, si sia bevuta qualche birra. Poniamo poi  che scappi impellente la pisciatina. Immaginiamo che non vi siano gabinetti nel raggio di mezzo chilometro. Alzi la mano chi non ha sollevato la gonna protetta da un cespuglio di rose, se femmina romantica, o da un cespuglio di mirto se  maschio rude. Chi non l’ha fatto lanci la prima pietra. Chi l’ha fatta cominci a temere gli strali della potente giustizia italiana, capace di far tremar le vene e i polsi al temerario pisciator campestre, privandolo persino del lavoro.
Così è capitato a Stefano Rho, stimato professore di filosofia,  persona onesta, inconsapevole di essersi bagnato la fedina penale  una sera di settembre del 2005 licenziato per non aver segnalato, all’atto della sua assunzione, il terrificante delitto compiuto undici anni prima: aver fatto pipì dietro un cespuglio.
Un bel quadro di pubblica ottusità: i gendarmi che gli fecero la multa, il solerte giudice che comminò la pena, il dirigente che la rese effettiva.
Un bellissimo quadro di solidarietà quella manifestatagli da studenti, colleghi e genitori, a loro il professore ha risposto: “Grazie mille a tutti per il sostegno e l’affetto. Grazie soprattutto a voi studenti. Grazie per la lezione di civiltà che avete dato oggi. Grazie per aver ricordato una volta di più al mondo che siete di gran lunga migliori di quanto spesso vi si dipinga. La scuola è per voi, la scuola siete innanzitutto voi, uno per uno. Quello che state facendo non è solo per me. State ricordando a noi tutti il valore della scuola. State manifestando l’esigenza di una giustizia che sia di sostanza e non solo di forma. Oggi siete molto più che studenti: siete cittadini. Continuate ad esserlo. Continuiamo a sostenere tutti insieme una scuola democratica per una società democratica. Con immenso affetto, profe Rho”.
Questo conta che i suoi studenti, cittadini consapevoli anche grazie a lui, siano stati in grado di comprendere che ad averla fatta fuori dal vaso questa volta non è stato certo il loro professore.
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qui una petizione per il reintegro di Stefano Rho nel posto di lavoro

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