giovedì 28 gennaio 2016

Lettera ad un soldato - C.

Alcuni dicono che scrivere una lettera sia il modo migliore per lasciare andare le cose. Ho deciso di scriverti una lettera che forse non leggerai mai. Ho deciso di scriverti perché dopo averti conosciuto, non posso fare finta di niente. Non posso tacere il fatto che anche tu sei una vittima di questa follia.
Durante le ore passate assieme ai Palestinesi, che vedevano demoliti gli sforzi di una vita, non sono riuscita a vederti come un carnefice, come un oppressore. Provavo dolore per loro e per te.
Entrambi vittime, entrambi umani.
Hai detto che vuoi essere un soldato umano, ma come si fa ad essere umani con un arma in mano, con un potere così grande?
Hai detto che quelli che esegui sono solo ordini e che devi fare quello che ti ordinano.
Ma è cosi? Abbiamo sempre una scelta. Tu puoi scegliere.
Io ho scelto di parlare con te e tu hai scelto di ascoltarmi.
Mi hai chiesto da che parte sto? Non esistono parti in questa follia. Io sto con loro e sto con te.
Io sto con loro perché sono miei fratelli e sto con te perché sei mio fratello.
Che tu sia un pastore o un soldato siamo tutti parte della stessa umanità.
Non so se ti ricorderai delle parole dette, non so se riuscirai a scegliere di non essere più una vittima.
So che entrambi abbiamo scelto di ascoltarci, di dialogare e per un attimo di essere semplicemente due persone: senza armi, senza divisa, senza macchina fotografica e senza maschere.
Mi hai insegnato a rimanere umana, a vedere l’umanità sotto la divisa.
Spero che ti ricorderai che non esistono solo ordini e che questi, in quanto tali, debbano per forza essere giusti.
Spero che la prossima volta, in cui ti troverai di fronte ad un Palestinese, tu trova la forza di scegliere.
Di dire no, io non voglio più essere parte di questa follia!
C.

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