mercoledì 13 gennaio 2016

Capitalismo: una storia di fantasmi - Arundhati Roy

Rockefeller per Mandela, Vedanta per Anna Hazare .... Per quanto tempo i Cardinali del vangelo delle multinazionali e della finanza faranno proprie le nostre proteste?
Le Organizzazioni Non Governative, finanziate dalle corporation o dalle fondazioni, sono gli strumenti della finanza globale per impadronirsi dei movimenti di resistenza, per tentare di controllarli dall’interno, esattamente come quegli azionisti che si accaparrano le quote di maggioranza alla partecipazione delle società. Si insediano come punti nodali sul sistema nervoso centrale, sui percorsi lungo i quali scorre la finanza globale.

Che cos’è questo, una dimora o un contenitore? Un tempio alla nuova India, o un deposito per i suoi fantasmi? Da quando è arrivato “Antilla” sulla Altamont Road a Mumbai, trasudando mistero e una nascosta minaccia, le cose non sono state più le stesse. “Eccoci arrivati”, l’amico che mi ha portato qui mi ha detto: “rendiamo omaggio al nostro nuovo Sovrano”.
“Antilla” appartiene all’uomo più ricco dell’India, Mukesh Ambani. Avevo già letto di questo residence, il più costoso mai costruito, di ventisette piani, tre piazzole di eliporto, nove ascensori, giardini pensili, sale da ballo, stanze climatizzate, palestre, sei piani di parcheggio, e seicento persone di servizio. Non ero preparata per vedere il prato in verticale, un tappeto erboso che si impenna per 27 piani vincolato ad una larga griglia metallica. L’erba era in parte secca; ne erano caduti dei netti rettangoli. Chiaramente, il Trickledown non aveva funzionato. 

Ma sicuramente era stato applicato il Gush-Up (l’irrorazione dal basso verso l’alto, N.d.T).
Ecco perché in una nazione di 1,2 miliardi di individui, in India, le 100 persone più ricche possiedono patrimoni pari a un quarto del PIL.
Girano, o almeno giravano voci (anche sul New York Times), che dopo tutto questo impegno e… il giardinaggio, gli Ambani non vivono in Antilla. Nessuno lo sa per certo. La gente ancora sussurra di “fantasmi e di sfortuna”, di Vaastu e Feng Shui.

Forse è tutta colpa di Karl Marx. (è lui che lancia la maledizione!).
“Il capitalismo”, ha ribadito Marx, “ha evocato mezzi di produzione e di scambio talmente giganteschi, come un mago che non è più in grado di controllare le potenze degli inferi, che lui stesso ha fatto comparire con i suoi incantesimi!”.
In India, i 300 milioni di noi che appartengono alla nuova classe media, post-“riforme” del Fondo Monetario Internazionale, del “mercato”, vivono fianco a fianco con gli spiriti infernali, con le presenze occulte dei fiumi morti, dei pozzi asciutti, delle montagne nude di alberi e delle foreste defogliate; con i fantasmi di 250.000 contadini oppressi dai debiti che si sono suicidati, e degli 800 milioni che sono stati impoveriti ed espropriati, a tutto nostro vantaggio. E che sopravvivono con meno di venti rupie al giorno!

Mukesh Ambani ha un patrimonio personale di 20 miliardi di dollari. Detiene una quota di maggioranza che controlla la Reliance Industries Limited (RIL), una compagnia con una capitalizzazione in borsa di 47 miliardi dollari e con interessi di impresa nel mondo e nelle Zone Economiche Speciali, che includono prodotti petrolchimici, petrolio, gas naturale, fibre poliestere,
la vendita al dettaglio di cibo fresco, scuole superiori, ricerca nel campo delle scienze della vita e servizi di conservazione delle cellule staminali.

RIL recentemente ha acquistato il 95 per cento delle quote azionarie di Infotel, un consorzio televisivo che controlla 27 canali di informazione e di intrattenimento, tra cui CNN-IBN, IBN Live, CNBC, IBN Lokmat ed ETV, in quasi ogni idioma regionale. Infotel possiede l’unica licenza a livello nazionale per la banda larga 4G, un “canale di informazione” ad alta velocità che, se la tecnologia funziona, potrebbe rappresentare il futuro nello scambio di informazioni.
Mr. Ambani possiede perfino una squadra di cricket.

RIL fa parte di quel ristretto gruppo di corporation che operano in India. Alcune di queste sono Tata, Jindal, Vedanta, Mittal e Infosys, Essar e l’altra Reliance (ADAG), di proprietà di Anil Ambani, fratello di Mukesh. La loro corsa per la crescita si è estesa in tutta Europa, in Asia centrale, Africa e America Latina. Le loro attività imprenditoriali si sono ampiamente allargate, sono visibili e invisibili, alla luce del sole e sotterranee.
La Tata, per esempio, gestisce  più di 100 imprese in 80 paesi. Si tratta di una delle compagnie private indiane più grandi e di vecchia data nel settore dell’energia. Possiede miniere, campi di gas naturale, impianti siderurgici, imprese di telefonia, reti televisive via cavo e a banda larga, e amministra interi settori cittadini. Produce auto e camion, possiede la catena alberghiera Taj, la Jaguar, Land Rover, Daewoo, Tetley Tea, una casa editrice, una catena di librerie, un grande marchio di sale iodato e il gigante dei cosmetici Lakme.

Il loro slogan pubblicitario potrebbe sicuramente essere: “Non si può vivere senza di noi!”
Secondo le regole del Vangelo “Gush-Up” (gli strati bassi della società devono essere sfruttati a favore dei pochi appartenenti alle classi più elevate, N.d.T): “Più hai, più si può avere.”
L’era della “Privatizzazione di Ogni Cosa” ha reso l’economia indiana una delle economie più in rapida crescita al mondo.
Tuttavia, come ogni colonia di buona vecchia memoria, i principali prodotti di esportazione dell’India sono i suoi minerali.
Le nuove mega-società indiane - Tata, Jindal, Essar, Reliance, Sterlite - sono quelle che sono riuscite a conquistare a forza la sorgente del rubinetto che sta vomitando soldi estratti dalle profondità della terra. Per gli uomini d’affari, essere in grado di vendere ciò che non c’è bisogno di comprare, è un sogno che diventa realtà.

L’altra fonte principale della ricchezza delle corporation deriva dalle loro banche fondiarie.
In tutto il mondo, governi locali, deboli, corrotti hanno aiutato gli agenti di Wall Street, le multinazionali del settore agro-industriale e i miliardari cinesi ad accumulare enormi distese di terra.(Naturalmente, questo comporta la requisizione forzata di tanta acqua.)
In India, la terra di milioni di persone è stata acquisita e ceduta a società private per “interesse pubblico”, per le Zone Economiche Speciali, per progetti di infrastrutture, dighe, autostrade, per fabbriche di auto, per l’industria chimica e per piste di Formula Uno.(La santità della proprietà privata non si applica mai ai poveri!)

Come sempre, alle popolazioni locali veniva promesso che lo spostamento dalle loro terre, e l’espropriazione di tutto ciò che avevano, in realtà era parte della creazione di occupazione.
Ma ormai sappiamo che il collegamento tra crescita del PIL e occupazione è un mito.
Dopo 20 anni di “crescita”, in India il 60 per cento della forza lavoro è costituita da lavoratori autonomi, il 90 per cento lavora nei settori non organizzati, privo di rappresentanza sindacale.
Dal periodo post-Indipendenza, fino agli anni ‘80, movimenti popolari, che vanno dai Naxaliti al Sampoorna Kranti (Rivoluzione Totale) di Jayaprakash Narayan, hanno lottato per le riforme fondiarie, per la redistribuzione delle terre dai latifondisti feudali ai contadini senza terra. 

Oggi, qualsiasi discorso di redistribuzione delle terre o della ricchezza potrebbe essere considerato non solo antidemocratico, ma frutto di pazzia. Anche i movimenti più militanti sono stati ridotti a lottare per conservare quella poca terra che le persone ancora detengono. Milioni di persone senza terra, la maggior parte di questi Dalit (paria, oppressi) e Adivasi (indigeni tribali), cacciati dai loro villaggi, che vivono in slum e in baraccopoli nelle piccole città e nelle megalopoli, non figurano nemmeno nel discorso radicale.
Come il “Gush-Up” concentra la ricchezza sulla capocchia di uno spillo splendente su cui piroettano i nostri miliardari, onde di una marea di denaro si abbattono sulle istituzioni della democrazia, sui tribunali, sul Parlamento, così pure sui media, compromettendo gravemente la capacità di funzionare di questi organismi nei modi cui sono destinati.
Più schiamazzante risulta il carnevale intorno alle elezioni, meno sicuri siamo che la democrazia esista davvero. In India, ogni nuovo scandalo di corruzione che emerge fa sembrare l’ultimo del tutto banale.
Nell’estate del 2011, è scoppiato lo scandalo “2G spectrum”. 

Abbiamo appreso che le compagnie hanno fatto sparire 40 miliardi di dollari di denaro pubblico, insediando al potere un’anima amichevole come il ministro delle telecomunicazioni che ha grossolanamente sottovalutato le licenze per lo “2G telecom spectrum” e illegalmente le ha spartite  fra i suoi amici del cuore. Le conversazioni telefoniche registrate, fatte trapelare alla stampa, hanno rivelato come una rete di industriali, e loro società di copertura, ministri, autorevoli giornalisti ed una rete TV sono stati coinvolti nell’agevolare questa rapina alla luce del sole. I nastri con le registrazioni sono stati solo la risonanza magnetica che ha confermato una diagnosi che la gente aveva realizzato da molto tempo.
La privatizzazione e la vendita illegale delle frequenze per telecomunicazioni non prevedono la guerra, lo spostamento di popolazioni e la devastazione ecologica. È la privatizzazione delle montagne, dei fiumi e delle foreste a comportare tutto questo.
Forse perché non ha la chiarezza priva di complicazioni di un semplice e perfetto scandalo finanziario, o forse perché tutto viene fatto in nome del “progresso” dell’India, queste privatizzazioni ambientali non hanno la stessa risonanza presso le classi medie.

Nel 2005, i governi statali di Chhattisgarh, Orissa e Jharkhand hanno firmato centinaia di protocolli d’intesa (Memorandum of Understanding - MoU) con un numero di compagnie private per un giro di affari di trilioni di dollari di bauxite, minerale di ferro e altri minerali, in cambio di elemosine, di un nonnulla, sfidando perfino la logica corrotta del libero mercato. (I canoni di concessione governativi variavano tra lo 0,5 e il 7 per cento.)
Pochi giorni dopo che il governo di Chhattisgarh aveva firmato un protocollo d’intesa con Tata Steel per la costruzione di un impianto siderurgico integrato a Bastar, veniva assunta una milizia di vigilanti, il Salwa Judum. 

Il governo dichiarava che la milizia era il risultato di un moto spontaneo di rivolta della popolazione locale che era stufa della “repressione” da parte dei guerriglieri maoisti nella foresta.
Si è scoperto essere invece una operazione di “pulizia del territorio”, finanziata e armata dal governo e sovvenzionata dalle società minerarie. Negli altri Stati, sono state create milizie simili, con altri nomi.
Il primo ministro ha annunciato che i Maoisti costituivano la “più grande sfida alla sicurezza in India”. Era una dichiarazione di guerra.

Il 2 gennaio 2006, in Kalinganagar, nel vicino stato di Orissa, forse per lanciare un segnale sulla serietà delle intenzioni del governo, dieci plotoni di polizia sono arrivati sul luogo di un altro impianto Tata Steel e hanno aperto il fuoco sui contadini che si erano radunati lì per protestare contro quello che reputavano essere una compensazione inadeguata per la loro terra. Tredici persone, tra cui un poliziotto, sono stati uccise e 37 ferite. Sei anni sono passati, e anche se i villaggi restano sotto assedio da parte di poliziotti armati, la protesta non è morta.
Nel frattempo, nel Chhattisgarh, il Salwa Judum bruciava, violentava e uccideva, scorazzando attraverso centinaia di villaggi della foresta, sgomberando 600 villaggi, costringendo 50.000 persone a venire rinchiuse nei campi di polizia e 350.000 persone a fuggire.

Il primo ministro dichiarava ufficialmente che coloro che non uscivano dalle foreste sarebbero stati considerati come “terroristi maoisti”. In questo modo, in alcune parti dell’India moderna, arare i campi e spargere sementi sono azioni definite alla stregua di attività terroristiche.
Alla fine, le atrocità del Salwa Judum sono solo riuscite a rafforzare la resistenza e ad ingrossare le fila dell’esercito della guerriglia maoista.
Nel 2009, il governo annunciava quella che definiva Operazione “Green Hunt – Caccia nel verde”. Sono state dispiegate due formazioni paramilitari di 100.000 uomini negli Stati di Chhattisgarh, Orissa, Jharkhand e nel Bengala occidentale.
Dopo tre anni di “conflitto a bassa intensità” in cui non è riuscito a “ripulire” la foresta dai ribelli, il governo centrale ha dichiarato che verrà impiegato l’esercito indiano e l’aviazione.
In India, questo non viene denominato: “guerra”. Questo conflitto viene così definito: “la creazione di un clima favorevole agli investimenti”.

Migliaia di soldati sono già entrati in azione. Sono già stati messi a disposizione comandi di brigata e basi aeree. Uno dei più grandi eserciti del mondo sta preparando le condizioni di ingaggio per “difendersi” contro la gente più povera, affamata, più malnutrita al mondo.
Ci dobbiamo solo attendere la promulgazione dell’Atto sui Poteri Speciali alle Forze Armate (AFSPA), che assegnerà all’esercito l’immunità legale e il diritto di uccidere per solo “sospetto”. Passare vicino alle decine di migliaia di tombe senza nome e alle pire di cremazione di corpi anonimi nel Kashmir, Manipur e Nagaland, dimostra che questo è un esercito in effetti molto poco raccomandabile.
Mentre sono in corso i preparativi per il dispiegamento delle forze, le giungle dell’India centrale continuano a rimanere sotto assedio, con gli abitanti dei villaggi terrorizzati  ad uscire, o ad andare al mercato per acquistare cibo o medicine.

Centinaia di persone sono state incarcerate, accusate di essere maoiste, secondo leggi draconiane, antidemocratiche. Le prigioni sono affollate di Adivasi, indigeni tribali, molti dei quali non hanno idea di quale sia il loro crimine.
Recentemente, Soni Sori, una maestra di scuola per Adivasi di Bastar, è stata arrestata e torturata mentre si trovava in custodia della polizia. Sono state introdotte pietre nella sua vagina per farle “confessare” di essere un corriere maoista. Le pietre sono state rimosse dal suo corpo in un ospedale di Calcutta, dove, dopo una protesta pubblica, era stata ricoverata per un controllo medico. In una recente udienza della Corte Suprema, gli attivisti hanno presentato ai giudici le pietre in un sacchetto di plastica. L’unico risultato dei loro sforzi è stato che Soni Sori rimane in carcere, mentre ad Ankit Garg, il sovrintendente di polizia che ha condotto l’interrogatorio, nel giorno della Festa della Repubblica è stata conferita la Medaglia presidenziale della polizia per atti di coraggio.

Sentiamo parlare di ricostruzione e di riprogettazione ecologica e sociale dell’India centrale solo a causa delle insurrezioni di massa e della guerra. Il governo non emette alcuna informazione. I protocolli d’intesa sono tutti segreti. Alcune sezioni dei media hanno fatto tutto il possibile per portare l’attenzione pubblica su quanto sta accadendo nell’India centrale. Tuttavia, la maggior parte dei mass media indiani sono resi vulnerabili dal fatto che la quota maggiore dei loro ricavi proviene dalla pubblicità delle grandi compagnie.

Se questo non è già abbastanza grave, ora la commistione tra i media e le grandi società affaristiche ha iniziato a creare pericolosa confusione ed offuscamenti. Come abbiamo visto, la Reliance Industries Limited (RIL) possiede effettivamente 27 canali televisivi. Ma è vero anche il contrario. Alcune compagnie di mezzi di comunicazione hanno direttamente affari e interessi nelle società affaristiche.
Per esempio, uno dei principali quotidiani della regione, il “Dainik Bhaskar” (ed è solo un esempio), ha 17,5 milioni di lettori in quattro lingue, tra cui inglese e hindi, in 13 Stati. Questo giornale possiede anche 69 compagnie con interessi nel settore minerario, nella produzione di energia, nel settore immobiliare e tessile.

Una recente istanza depositata presso l’Alta Corte del Chhattisgarh accusa la Dainik Bhaskar DB Power Ltd (una delle società del gruppo) di assumere “deliberatamente ed illegalmente posizioni manipolative” attraverso giornali di proprietà della società, per  influenzare l’esito di un dibattito pubblico su una miniera a cielo aperto di carbone per ghisa.
Che la DB abbia o meno cercato di influenzare il risultato dell’udienza non è questione pertinente. Il punto è che le società dei media sono in grado di farlo. Hanno il potere di farlo. Le leggi del paese consentono loro di essere in una posizione che attribuisce loro un serio conflitto di interessi.

Ci sono altre parti del paese da cui non provengono notizie. Nello Stato nord-orientale dell’Arunachal Pradesh, scarsamente popolato ma militarizzato, sono in costruzione 168 grandi dighe, molte delle quali di proprietà privata. Dighe alte che sommergeranno interi distretti stanno per essere costruite nel Manipur e nel Kashmir, entrambi Stati altamente militarizzati, in cui le persone possono venire uccise solo per protestare contro le riduzioni e i tagli della corrente elettrica. (Questo è accaduto poche settimane fa nel Kashmir.) Allora, come possono queste persone bloccare la costruzione di una diga?
Il progetto di diga più delirante di tutti è a Kalpasar in Gujarat. Viene concepito per una diga di 34 km attraverso il Golfo di Khambhat con un’autostrada a 10 corsie e una linea ferroviaria che corrono su di essa. Mantenendo l’acqua di mare all’esterno, l’idea è di creare un serbatoio d’acqua dolce dei fiumi del Gujarat. (Non importa che questi fiumi siano stati già ridotti a fiumiciattoli e avvelenati con le sostanze chimiche degli effluenti.)

La diga di Kalpasar, che andrebbe a sollevare il livello del mare e ad alterare il sistema ecologico di centinaia di chilometri di costa, era stata liquidata come una cattiva idea già 10 anni fa. D’improvviso è ricomparsa, al fine di approvvigionare d’acqua la Regione per gli Investimenti Speciali (SIR) Dholera, in una delle zone a maggior sofferenza per stress idrico non solo in India, ma nel mondo.
SIR è un altro nome per indicare una SEZ, una Zona Economica Speciale, una distopia di imprese a governo autonomo, di “parchi, aree e megalopoli industriali”.

La SIR Dholera sta per essere collegata alle altre città del Gujarat da una rete di autostrade a 10 corsie. Da dove arriveranno i soldi per tutto questo?
Nel gennaio 2011, nel Mahatma (Gandhi) Mandir (santuario), il primo ministro del Gujarat Narendra Modi ha presieduto una riunione di 10.000 uomini d’affari internazionali, provenienti da 100 paesi. Secondo i media, costoro si sono impegnati ad investire 450 miliardi di dollari in Gujarat.
L’incontro era stato programmato per l’inizio dell’anno, 10 ° anniversario del massacro di 2.000 musulmani avvenuto nel febbraio-marzo 2002.

Modi è sotto accusa non solo per condonare, ma per avere attivamente favorito il massacro. Persone che hanno visto i loro cari violentati, eviscerati e bruciati vivi, le decine di migliaia di persone che sono state cacciate dalle loro case, ancora attendono un atto di giustizia. Ma Modi ha scambiato la sua sciarpa di seta zafferano e il segno vermiglio sulla fronte con un elegante completo da uomo d’affari, e spera che un investimento di 450 miliardi di dollari funzionerà come il prezzo del sangue, e farà quadrare i bilanci. Forse lo farà. Il “Grande Capitale” lo sta sostenendo con entusiasmo. L’algebra della giustizia infinita opera secondo sentieri misteriosi.
La SIR Dholera è solo una delle più piccole bambole “matryoshka”, una interno all’altra, nella distopia che è stata progettata. Sarà collegata al Corridoio Industriale Delhi-Mumbai (DMIC), un corridoio industriale di 1.500 km di lunghezza e largo 300 km, con nove zone mega-industriali, una linea ad alta velocità per il trasporto delle merci, tre porti marittimi e sei aeroporti, una superstrada a sei corsie priva di incroci, e una centrale elettrica da 4.000 megawatt.

Il Corridoio DMIC è frutto di una collaborazione tra i governi di India e Giappone, e fra i loro rispettivi partners d’impresa, ed è stato proposto dal McKinsey Global Institute.
Il sito web del DMIC afferma che circa 180 milioni di persone saranno “interessati” dal progetto. Esattamente come, non lo dice. Esso prevede la costruzione di numerose nuove città e valuta che la popolazione nella regione crescerà dagli attuali 231 milioni a 314 milioni, entro il 2019. Questo, nel giro di sette anni!
Quando è stata l’ultima volta che uno Stato, un despota o un dittatore hanno messo in atto un trasferimento di popolazioni di milioni di persone? Questo può forse avvenire con un processo pacifico?

L’esercito indiano potrebbe aver bisogno di innescare una campagna di reclutamento, in modo da non essere preso alla sprovvista quando gli verrà ordinato di dispiegarsi su tutta l’India.
In preparazione del suo impiego nell’India centrale, l’esercito ha fatto conoscere pubblicamente la sua dottrina aggiornata sulle Operazioni Psicologiche Militari, che delinea “un processo pianificato di trasmissione di un messaggio ad un auditorio target selezionato, per promuovere temi particolari che si traducano in atteggiamenti e comportamenti desiderati, che incidano sul raggiungimento di obiettivi politici e militari del Paese”. Questo processo di “gestione della percezione” verrebbe condotto “con l’ausilio dei media a disposizione dei servizi”.
L’esercito ha sufficiente esperienza per sapere che la forza coercitiva da sola non può realizzare o gestire un’ingegneria sociale delle dimensioni previste dai pianificatori dell’India. La guerra contro i poveri è una cosa. Ma per il resto di noi tutti, il ceto medio, i colletti bianchi, gli intellettuali, gli “opinion-maker”, c’è bisogno della “gestione della percezione”!

E per questo dobbiamo rivolgere la nostra attenzione alle arti mirabili della Filantropia d’Impresa.
Di recente, le principali compagnie minerarie consociate hanno abbracciato la Arts-film, installazioni artistiche, e le febbrili attività dei festival letterari che hanno sostituito l’ossessione per i concorsi di bellezza degli anni ’90.
La compagnia Vedanta, che attualmente sta scavando per estrarre bauxite nel centro dei territori dell’antica tribù Dongria Kondh, sta sponsorizzando un concorso cinematografico “Creare Felicità” per i giovani studenti registi, ai quali è stato commissionato un film sullo sviluppo sostenibile. L’agenda della Vedanta porta il titolo “Estrarre Felicità”!
Il Gruppo Jindal pubblica una rivista di arte contemporanea e supporta alcuni degli artisti più importanti dell’India (che naturalmente lavorano con l’acciaio inox!).

La Essar (compagnia siderurgica indiana, N.d.T.) è stata lo sponsor principale della manifestazione “Newsweek Tehelka Think Fest” che prometteva discussioni esplosive, “dibattiti ad alto numero di ottano”, da parte dei pensatori più importanti di tutto il mondo, fra cui autorevoli scrittori, attivisti e persino l’architetto Frank Gehry. (Tutto questo a Goa, dove attivisti e giornalisti stavano scoprendo enormi scandali su estrazioni minerarie illegali, e quando stava emergendo il ruolo della Essar nella guerra in atto in Bastar).
Le società Tata Steel e Rio Tinto (che ha una sua personale sordida storia) sono state tra i principali sponsor del Festival Letterario di Jaipur (il Darshan Singh Construction Jaipur Literary Festival) che viene pubblicizzato dai conoscitori come “Il più grande palcoscenico letterario mondiale”.  Counselage, l’“amministratore strategico del marchio” della Tata, ha gestito il padiglione stampa del festival. Molti degli scrittori migliori e più brillanti del mondo si sono riuniti a Jaipur per discutere di amore, letteratura, politica e poesia Sufi.

Alcuni hanno cercato di difendere il diritto di Salman Rushdie alla libertà di parola, leggendo dal suo libro messo al bando, “I Versetti Satanici”. In ogni schermata televisiva e nelle foto di giornali, il logo di Tata Steel (e il suo slogan – “Valori più resistenti dell’acciaio”), un anfitrione benigno, dall’accoglienza benevola, si profilava sullo sfondo.
I nemici della “Libertà di Parola” erano presumibilmente le folle sediziose di Musulmani assassini, che, gli organizzatori del festival ci hanno dichiarato, avrebbero potuto persino nuocere agli studenti lì convenuti. (Siamo testimoni di quanto impotenti ed indifferenti il governo indiano e la polizia possono dimostrarsi quando si tratta di Musulmani.)

Sì, il seminario integralista islamico “Darul-Uloom Deobandi” ha protestato per l’invito a Rushdie di partecipare al festival. Sì, alcuni Islamisti si sono riuniti presso la sede del festival per protestare, e sì, scandalosamente, il governo dello Stato non ha fatto nulla per proteggere il luogo del convegno. Questo, perché l’intero episodio ha avuto tanto a che fare con la democrazia, con gli schieramenti elettorali e le elezioni nell’Uttar Pradesh, quanto ha avuto a che fare con il fondamentalismo islamico.
Ma la battaglia per la “Libertà di Parola” contro il fondamentalismo islamico è arrivata sui giornali di tutto il mondo. È importante che sia avvenuto questo!

Ma praticamente non si sono visti articoli sul ruolo degli sponsor del festival relativamente alla guerra all’interno delle foreste, i corpi accatastati, le carceri che si riempiono.
E nulla sulla Legge per la Prevenzione delle Attività Illegali e sulla Legge Speciale sulla Pubblica Sicurezza del Chhattisgarh, che rendono un reato perseguibile il solo manifestare un pensiero anti-governativo.
O nulla sul fatto che l’udienza pubblica ingiuntiva sull’impianto della Tata Steel a Lohandiguda, per cui la popolazione locale si lamentava, ha dovuto effettivamente aver luogo a centinaia di chilometri di distanza, a Jagdalpur, nell’ufficio del funzionario amministrativo distrettuale, con un auditorio prezzolato di una cinquantina di persone, sotto scorta armata.
Allora, dove si trovava la “Libertà di Parola”?

Nessuno ha ricordato Kalinganagar (sede di proteste contro la Tata Steel dove le forze di polizia hanno sparato contro i manifestanti, uccidendo; N.d.T.). Nessuno ha menzionato che ai giornalisti, ai docenti e ai registi cinematografici che lavorano su temi impopolari per il governo indiano - come la parte occulta che il governo ha svolto nel genocidio dei Tamil nella guerra in Sri Lanka o le fosse comuni scoperte di recente nel Kashmir - vengono negati i visti d’ingresso nel paese o che costoro vengono espulsi direttamente dall’aeroporto.

Ma chi di noi peccatori ci stava a scagliare la prima pietra? Non io, non chi vive di diritti di autore dalle società di case editrici. Noi tutti guardiamo Tata Sky, navighiamo in rete con Tata Photon, ci spostiamo con Tata taxi, soggiorniamo in Tata Hotel, sorseggiamo il nostro tè Tata in tazze di porcellana Tata e lo mescoliamo con cucchiaini prodotti da Tata Steel. Compriamo libri Tata nelle librerie Tata. Canticchiamo “Tata ka Namak khate Hain”. Siamo sotto assedio!

Se il maglio della purezza morale deve essere il criterio per il lancio della prima pietra, allora le uniche persone qualificate sono quelle che sono già state messe a tacere. Coloro che vivono fuori del sistema; i fuorilegge nelle foreste o quelli le cui proteste non sono mai degnate di attenzione dalla stampa, o gli espropriati non violenti che vanno di tribunale in tribunale a riferire, a portare la loro testimonianza.
Ma il Litfest, il Festival Letterario ci ha dato il nostro momento esaltante. È arrivata Oprah (Oprah Winfrey, famosa conduttrice televisiva statunitense, N.d.T). Ha detto che amava l’India, che sarebbe venuta ancora e ancora.
E questo ci ha reso orgogliosi. Semplicemente, questa è la fine farsesca dell’Arte Mirabile!

Anche se i Tata sono stati coinvolti nella filantropia delle imprese per quasi un centinaio di anni, conferendo borse di studio e amministrando alcuni istituti educativi e ospedali di eccellenza, le imprese indiane solo di recente sono state invitate nella Star Chamber, la “Camera Stellata”, il mondo abbagliante di luci del governo mondiale delle imprese, mortale per i suoi avversari, ma altrimenti così astuto, che a malapena sappiamo della sua esistenza.
Quello che segue in questo saggio potrebbe apparire ad alcuni come una critica forse feroce. D’altra parte, nella tradizione del portare onore ai propri avversari, potrebbe essere letto come un riconoscimento della visione, della flessibilità, della raffinatezza e della convinta determinazione di coloro che hanno dedicato la loro vita per conservare nel mondo la sicurezza per il capitalismo.
La loro storia affascinante, che è svanita dalla memoria contemporanea, ha avuto inizio negli Stati Uniti ai primi del 20.esimo secolo, quando, attrezzatasi legalmente nella forma di Fondazioni sussidiate, la Filantropia delle Imprese ha cominciato a sostituire l’attività missionaria come porta di ingresso del Capitalismo (e dell’Imperialismo) e ad agire come pattuglia al servizio del sistema. 

Tra le prime Fondazioni ad essere istituite negli Stati Uniti sono state la Carnegie Corporation, finanziata nel 1911 con gli utili derivanti dalla Carnegie Steel Company (impresa siderurgica fondata da A. Carnegie), e la Fondazione Rockefeller, sovvenzionata nel 1914 da J.D. Rockefeller, fondatore della Standard Oil Company (compagnia petrolifera). I Tata e gli Ambani del loro tempo.
Alcune delle istituzioni finanziate, dotate del capitale iniziale o sostenute dalla Fondazione Rockefeller, sono le Nazioni Unite, la CIA, il Council on Foreign Relations – Consiglio per le Relazioni con l’Estero (CFR), il più favoloso Museo di Arte Moderna (il MOMA) di New York, e, naturalmente, il Centro Rockefeller di New York (dove il murale di Diego Rivera doveva essere rimosso dalla parete perché maliziosamente descriveva i capitalisti come dissoluti e Lenin come un valoroso. “Libertà di Parola” si era presa il giorno libero!)
J.D. Rockefeller è stato il primo miliardario americano e l’uomo più ricco del mondo. Era un abolizionista della schiavitù, un sostenitore di Abraham Lincoln e un astemio. Credeva che il suo denaro gli fosse concesso da Dio, il che doveva essere per lui una gran bella cosa.

Ecco un brano scelto da una delle prime poesie di Pablo Neruda dedicato alla Standard Oil Company:
I loro obesi imperatori di New York
sono assassini dal sorriso soave
che comprano seta, nylon, sigari,
tiranni e dittatori insignificanti e meschini.

Loro comprano paesi, popoli, mari, polizia, consigli municipali,
regioni distanti dove i poveri ammassano il loro grano
come gli avari il loro oro:
la Standard Oil apre loro gli occhi,
li riveste in uniformi, designa
quale fratello è il nemico.
Il Paraguaiano combatte le sue guerre,
e il Boliviano si logora sempre più
nella giungla con il suo mitra.

Un Presidente assassinato per una goccia di petrolio,
un’ipoteca su un milione di acri,
una rapida esecuzione in un mattino mortale di luce, pietrificato,
un nuovo campo di prigionia per sovversivi,
in Patagonia, un tradimento, colpi sparati a casaccio
sotto una luna petrolifera,
un ingannevole cambio di ministri
nella capitale, un mormorio
come una marea di petrolio,
e zap!, d’incanto vedrete
risplendere le lettere della Standard Oil sopra le nuvole,
sopra i mari, nella vostra casa,
illuminando i loro imperi.
Quando le Fondazioni sovvenzionate dalle imprese fecero la loro prima apparizione negli Stati Uniti, ci fu un aspro dibattito circa la loro origine, la legalità e l’insufficienza di responsabilità. La gente asseriva che se le compagnie avevano così tanti soldi in eccesso, avrebbero dovuto aumentare i salari dei loro lavoratori. (La gente ha fatto queste proposte …esorbitanti anche in questi giorni, persino in America.)
La concezione intima a queste Fondazioni, così comune ancor oggi, corrispondeva in realtà ad un balzo di immaginazione e di ingegno da parte del mondo delle imprese.

Soggetti giuridici esenti da tassazione, con risorse enormi e impegnative quasi illimitate - del tutto inspiegabili, non del tutto trasparenti - , quale modo migliore per mettere a profitto ricchezza economica in capitale politico, sociale e culturale, per trasformare il denaro in potere? Quale modo migliore per gli usurai di sfruttare una percentuale minuscola dei loro profitti per gestire il mondo? In quale altro modo Bill Gates, che conosce certamente una cosa o due sui computer, si ritroverebbe a progettare le politiche dell’istruzione, della sanità e dell’agricoltura, non solo per il governo degli Stati Uniti, ma per i governi di tutto il mondo?

Nel corso degli anni, mentre la gente ha potuto constatare che le Fondazioni hanno fatto sì qualcosa di sinceramente buono (gestendo biblioteche pubbliche, estirpando le malattie), il collegamento diretto tra le imprese e le Fondazioni da loro sovvenzionate ha cominciato a farsi indistinto. Alla fine, non è esistita più alcuna distinzione. Ora, anche coloro che si considerano di sinistra non esitano più ad accettare la loro generosità.
A partire dagli anni ‘20, il capitalismo degli Stati Uniti aveva cominciato a guardare all’esterno, per le materie prime e i mercati d’oltremare. Le Fondazioni cominciarono a formulare l’idea di un governo mondiale delle imprese.
Nel 1924, le Fondazioni Rockefeller e Carnegie congiuntamente hanno creato quello che è oggi il più potente gruppo di pressione politica estera nel mondo: il Council on Foreign Relations (CFR), che più tardi è arrivato ad essere finanziato anche dalla Fondazione Ford.

Nel 1947, la CIA di nuova creazione veniva sovvenzionata dal CFR, con cui operava a stretto  contatto. Nel corso degli anni, 22 segretari di Stato USA sono stati membri del Consiglio. Sono stati cinque membri del CFR che nel 1943 hanno dato gli indirizzi alla Commissione per la progettazione dell’ONU, e una sovvenzione di 8,5 milioni dollari da J.D. Rockefeller è servita per acquistare il terreno a New York su cui si trova il quartier generale delle Nazioni Unite.
Tutti gli undici presidenti della Banca Mondiale dal 1946, uomini che si sono presentati come missionari dei poveri, sono stati membri del CFR. (L’eccezione è stato George Woods. Comunque, Woods era un fiduciario della Fondazione Rockefeller e vice-presidente della Chase Manhattan Bank.)

A Bretton Woods, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale decidevano che il dollaro doveva diventare la valuta di riserva del mondo, e che al fine di migliorare la penetrazione del capitale globale, il dollaro sarebbe servito per universalizzare e standardizzare le pratiche affaristiche in un mercato aperto. È a questo fine che hanno speso una grande quantità di denaro per promuovere il Buon Governo (fintanto che sono loro a manovrare dietro le quinte), il concetto di Stato di Diritto (a condizione che siano loro ad avere voce in capitolo nel formulare le leggi), e centinaia di programmi anti-corruzione (per ottimizzare il sistema che loro hanno messo in atto). Due delle più opache, inesplicabili, organizzazioni nel mondo vanno in giro a pretendere trasparenza e responsabilità ai governi dei paesi più poveri.

Dato che la Banca Mondiale ha più o meno diretto le politiche economiche del Terzo Mondo, forzando e costringendo un paese dopo l’altro ad aprire i mercati alla finanza globale, si potrebbe dire che la filantropia delle compagnie si è rivelata essere l’affare più lungimirante di tutti i tempi .
Le Fondazioni, che ricevono contributi dalle imprese, amministrano, barattano e canalizzano il loro potere e posizionano le loro pedine sulla scacchiera, attraverso un sistema di circoli esclusivi e di centri studi, i cui membri si sovrappongono e si muovono dentro e fuori attraverso un sistema di porte girevoli. Contrariamente alle varie teorie del complotto in circolazione, in particolare tra i gruppi di sinistra, non esiste nulla di segreto, satanico, o (fra)massonico, in questa disposizione.
Non è molto diverso dal modo in cui le imprese e le corporation utilizzano società di comodo e conti all’estero, in “paradisi fiscali” (off-shore), per trasferire e gestire i loro soldi, salvo che la moneta è potere, non denaro.

L’equivalente transnazionale del Council on Foreign Relations (CFR) è la Commissione Trilaterale, istituita nel 1973 da David Rockefeller, dall’ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti Zbigniew Brzezinski (membro fondatore dei Mujaheddin afghani, i progenitori dei Talebani), dalla Chase Manhattan Bank, e da qualche altra eminenza privata.
L’obiettivo della “Trilateral” era quello di creare un legame duraturo di amicizia e cooperazione tra le élite del Nord America, Europa e Giappone. Ora si è convertita in una Commissione “Penta-lateral”, perché include membri provenienti da Cina e India. (Tarun Das della CII, la Confindustria dell’India; N.R. Narayanamurthy, ex-direttore generale della Infosys; Jamsheyd N. Godrej, amministratore delegato della Godrej; J. Jamshed Irani, direttore della Tata Sons; e Gautam Thapar, direttore generale della Avantha Group).

L’Aspen Institute è un club internazionale di élite locali, imprenditori, alti burocrati, politici, con affiliati in diversi paesi. Gautam Thapar ne è il presidente. Presidente della sezione indiana dell’Aspen Institute è Tarun Das. Diversi alti funzionari del McKinsey Global Institute (che ha proposto il Corridoio Industriale Delhi-Mumbai) sono membri del CFR, della Trilateral Commission e dell’Aspen Institute.

La Fondazione Ford (istituzione “liberal” rispetto alla più conservatrice Fondazione Rockefeller, sebbene le due organizzazioni operino insieme costantemente) è stata istituita nel 1936. Anche se spesso sottovalutata, la Fondazione Ford possiede una ideologia molto chiara, ben definita, e lavora a stretto contatto con il Dipartimento di Stato USA. Il suo progetto di democrazia più radicata e di “buon governo” fa parte integrante del sistema di Bretton Woods, di uniformare le pratiche commerciali e promuovere l’efficienza del libero mercato.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando i comunisti hanno sostituito i fascisti come “nemico numero uno” del governo degli Stati Uniti, sono divenute necessarie nuovi tipi di istituzioni per affrontare la Guerra Fredda.
Ford finanziava la RAND (Research and Development Corporation – Centro Ricerca e Sviluppo), un centro studi militari che ha visto al suo inizio la ricerca sugli armamenti per conto dei servizi di difesa degli Stati Uniti.
Nel 1952, per contrastare “lo sforzo persistente comunista di penetrare e distruggere le nazioni libere”, viene istituito il Fondo per la Repubblica, poi trasformato in Centro per lo Studio delle Istituzioni Democratiche, il cui intento era quello di condurre la guerra fredda in modo razionale, senza gli eccessi del maccartismo.

È attraverso questa lente che abbiamo bisogno di analizzare il lavoro che la Fondazione Ford sta portando avanti, con i milioni di dollari che ha investito in India, con il suo finanziamento di artisti, registi cinematografici e attivisti, con le sue generose sovvenzioni per corsi universitari e borse di studio.
Gli “obiettivi per il futuro dell’umanità” dichiarati dalla Fondazione Ford includono interventi nell’ambito dei movimenti politici popolari, a livello locale e internazionale. Negli Stati Uniti, ha fornito milioni in sovvenzioni e prestiti per sostenere il Movimento “Credit Union”, a cui aveva fatto da pioniere il proprietario di grandi magazzini, Edward Filene, nel 1919.
Filene aveva fiducia nella creazione di una società dei consumi di massa di beni di consumo, accordando ai lavoratori facilitazioni di accesso al credito, a quel tempo un’idea radicale. In realtà, un’idea radicale solo a mezzo, perché l’altra metà su cui Filene confidava era una più equa distribuzione del reddito nazionale. I capitalisti fecero propria solo la prima metà dell’ispirazione di Filene, ed erogando prestiti “abbordabili” di decine di milioni di dollari alla gente che lavorava, trasformarono la classe operaia degli Stati Uniti in masse di persone permanentemente in debito, per raggiungere un certo stile e tenore di vita…


(traduzione di Curzio Bettio)

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