lunedì 2 novembre 2015

il 4 novembre è una "festa" fascista

Il 4 novembre ripudiamo la guerra
Il 4 novembre si svolgono in tutta Italia le cerimonie per ricordare il 4 novembre 1918, data in cui l'Italia uscì "vittoriosa" dalla prima guerra mondiale.
Con questo messaggio vogliamo dedicare spazio alle vittime della prima guerra mondiale, che hanno pagato con la loro vita il costo di una guerra inutile.
La festa del 4 novembre fu una ricorrenza istituita dal fascismo per trasformare le vittime di una guerra spietata e non voluta in eroi coraggiosi che si immolavano per la Patria. Furono costruiti monumenti ai caduti e agli insegnanti fu chiesto di celebrare le forze armate. Questa eredità non e' stata sufficientemente sottoposta a critica con l'avvento della Repubblica.
Vogliamo portare nella consapevolezza sociale ciò che e' ormai acquisito nello studio degli storici e degli studiosi l'Italia entrò in guerra nonostante l'Austria avesse promesso la restituzione di Trento e Trieste in cambio nella non belligeranza. L'intento era infatti quello di espandere l'Italia verso territori esteri (come avvenne con la conquista del Sud Tirolo) seguendo il mito dell'imperialismo romano, che ebbe poi nel fascismo la sua massima celebrazione. Dopo la guerra infatti si parlò di "vittoria mutilata" perché le mire espansionistiche non furono coronate.
La prima guerra mondiale fu un affare per grandi industriali, politici corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in pasta. Le commesse di guerra fruttarono profitti così scandalosi che fu nominata una commissione di inchiesta parlamentare.
I migliori libri di storia segnalano che il fascismo al potere - fra i primi atti - bloccò la commissione parlamentare che indagava sulla prima guerra mondiale e sui profitti illeciti accumulati da faccendieri, burocrati, generali, industriali. Essa fu infatti prontamente sciolta dal fascismo dopo la marcia su Roma.

Perché allora si festeggia la prima guerra mondiale?
Una risposta ci viene da un testo scolastico G. De Vecchi, G. Giovannetti, E. Zanette, "Moduli di storia 2", ed. scolastiche B. Mondadori. Leggiamo...
"L'idea di una "guerra grande" non per l'orrore e la sofferenza bensì per l'eroismo e ill patriottismo dei suoi protagonisti e la bontà dei suoi obiettivi, nacque soltanto dopo il conflitto. Essa fu il risultato delle commemorazioni ufficiali dei governi liberali dell'immediato dopoguerra e poi del regime fascista.
Questa idea si concretizzò, fin dagli anni immediatamente successivi al conflitto, in una serie di iniziative finalizzate a tenere vivo negli italiani il ricordo della guerra cerimonie pubbliche, istituzione di festività (per esempio il 4 novembre, anniversario della vittoria), intitolazione di vie e scuole a eroi della guerra, diffusione nelle stesse scuole e nei centri ricreativi dei canti patriottici. Ma lo strumento più efficace furono i monumenti ai caduti. Fu soprattutto il regime fascista a favorirne la diffusione, imponendone la costruzione in tutti i paesi e città d'Italia. Quali erano la funzione e le caratteristiche dei monumenti ai caduti? Il loro obiettivo immediato era la commemorazione dei soldati morti sul campo di battaglia, in particolare di quelli originari della località in cui era costruito il monumento. Tuttavia, nei testi che apparivano sulle lapidi e nel tipo di raffigurazione emergeva un altro e più importante obiettivo. Si trattava, infatti, di iscrizioni e di sculture che descrivevano la guerra come una sofferenza giusta e necessaria; i soldati vi erano rappresentati come degli eroi che, consapevolmente e volontariamente, avevano sacrificato la propria vita per la patria. In sostanza, i monumenti e le lapidi presentavano la guerra come un momento di "grandezza" dell'Italia e degli italiani, dunque come un'esperienza estrema ma assolutamente positiva.
Niente di più lontano dalla realtà. Appare allora chiaro che i monumenti erano progettati non solo per offrire alle famiglie un conforto e una giustificazione per la morte dei loro cari, ma anche e soprattutto per costruire la memoria di una guerra "grande" che ne falsificava la realtà nascondendone gli aspetti più violenti e assurdi.

La memoria non ufficiale e l'opposizione alla guerra
La memoria ufficiale della guerra non fu però l'unica forma di commemorazione del conflitto. Soprattutto nel biennio 1919-20, vi furono associazioni e forze politiche (in genere di sinistra) che cercarono di mantenere in vita il ricordo dell'opposizione alla guerra e delle sofferenze che essa aveva causato ai soldati e ai civili. Anche questa versione alternativa si manifestò attraverso lapidi e monumenti in genere costruiti nei comuni guidati da sindaci socialisti. Si trattava però di monumenti molto diversi da quelli ufficiali. Le lapidi "alternative" erano ben più precise ed esplicite nel descrivere l'orrore del conflitto. I soldati morti erano descritti come vittime e non come eroi.
Questi monumenti ebbero vita breve e difficile. Già i primi governi liberali del dopoguerra ne ostacolarono o vietarono la costruzione; con la salita al potere del fascismo, nella cui ideologia tanta parte aveva l'esaltazione della nazione e della guerra, essi vennero tutti distrutti.

Un mito presente ancora oggi
L'interpretazione ufficiale della guerra rimase prevalente anche dopo la caduta del fascismo, non solo a causa dell'efficacia della propaganda del regime, ma anche perché, messa a confronto con la seconda guerra mondiale - che in Italia nessuno, a parte il regime fascista, aveva voluto - la Grande guerra appariva meno insensata e drammatica. E' solo a partire dagli anni sessanta che nelle interpretazioni degli storici, così come nella mentalità degli italiani, ha cominciato a riaffiorare una memoria critica della guerra. A testimoniare la sopravvivenza del mito della Grande guerra vi sono ancora i monumenti di epoca fascista; in molti casi ne e' stata modificata la dedica, estendendola anche ai morti della seconda guerra mondiale e della Resistenza. Solo in pochissime realtà, in genere nel corso degli anni settanta e ottanta, sono stati sostituiti con nuovi monumenti che rappresentano la guerra non come un giusto sacrificio per il bene della patria, ma come un orrore da evitare per sempre."

A Bussonelo (TO) una lapide cominciava con queste parole
PER QUELLO CHE FU SOFFERTO
NELL'OZIO DEPRAVANTE DELLA CASERMA
SOTTO IL BASTONE DELLA SERVITU'
NEL LEZZO DELLE TRINCEE
NELLE VIGILIE DI MAGNIFICATE CARNEFICINE...
Essa fu distrutta nel 1921 dai fascisti.


Il monumento ai caduti di Tolentino (MC), distrutto dai fascisti nel 1922, recava questa lapide
Possa la santità del lavoro redento fugare e uccidere per sempre il sanguinante spettro della guerra: per noi e per tutte le genti del mondo. Questa la speranza e la maledizione nostra contro chi la guerra volle e risogna. 
Tolentino il 16 ottobre del 1921 A.N.P.I. 25 aprile 2002 
Auspice la lega proletaria dei mutilati invalidi e reduci di guerra.

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