mercoledì 9 settembre 2015

Il mio vescovo e le animalesse – Gianni Brera

don Milani (non Lorenzo) viene mandato a lavorare da un vescovo, per indirizzarlo meglio nella professione.
è un libro in bianco e nero, come un film degli anni '50, e leggendolo sembra davvero di sentire gli odori, buoni e cattivi, della campagna, dei cibi, della curia e delle sacrestie.
i preti non sono curati di campagna, ma qualcuno di loro sì.storie di morti misteriose, di sesso, di eredità, insomma della vita vera, con una scrittura non lontana da quella delle cronache di uno scrittore definito un diversamente Gadda.
merita la lettura, che è impegnativa, ma dà soddisfazione - franz









…Grandissimo scrittore, semplice eppure raffinatissimo, arguto e sagace tanto quanto spiritoso e bucolico, profondamente lombardo – ma il suo è un mondo che si potrebbe adattare a qualsiasi parte del globo, in onore al celebre motto tutto il mondo è paese… La storia del vescovo Rovati, mondano tanto quanto i suoi ecclesiastici collaboratori, che si insinua in mezzo a due mondi opposti eppure uguali – quello curiale, con le sue pertinenze, e quello popolare con le sue circostanze, si spande intorno a sé stessa come un bizzarro e illuminato paradigma, prendendo i connotati del paesaggio ove si svolge e muovendosi con le movenze dei personaggi che coinvolge… Un mondo bello perché vario, nel bene e nel male, e vario perché inopinatamente diverso da ciò che sembrerebbe essere, nel quale le piccole/grandi corruzioni dell’animo umano aiutano le persone ad essere sempre, nella loro essenza, al pari di tutte le altre, dunque tutte normali esseri umani – nel bene e nel male, appunto…


...Le sfaccettature di questo romanzo sono molteplici, a cominciare dall’immagine della miseria contadina e provinciale di quel primo dopoguerra, che invogliava le famiglie numerose a scegliere per i figli maschi l’abito talare e per le suore il velo, pur di avere per loro un minimo sostentamento garantito, mettendo da parte la presenza di una vocazione che forse, si sperava, con gli anni sarebbe arrivata. E in effetti per quanto riguarda i personaggi di questo libro il tempo sembra dar loro ragione e i preti, specie quelli più anziani, in un certo senso si affezionano alle loro vesti, ricordandosi nei momenti più duri d’essere tali pur non rinunciando, e non potendo mai rinnegarle, alle loro origini contadine e alla loro secca schiettezza, anche nel linguaggio forbito. Sono quasi tutti uomini arrivati alla Chiesa da quasi adulti, dopo essere stati soldati, poveri, affamati. L’unica visione mistica e complessa risulta essere forse quella del giovane pretino Milani, cresciuto borghese e diventato prete seguendo le tappe canoniche. La sua omosessualità delicata e poetica viene inquadrata dai vertici della Curia sin da subito, le complesse turbe sessuali dei novizi sono raccontate in modo sapiente e sincero (tanto da indurre la Chiesa a consigliare per questo libro all'epoca della sua prima pubblicazione una scarsa pubblicità). Ma nella passione di questo giovane uomo non c’è malizia, e l’odio e il rancore sono tutti dovuti e causati dalla fame, dalla miseria, dall’ignoranza. C’è anche un certo tono gotico, un filo di mistero che percorre da cima a fondo il libro e che va ad aggiungersi al ventaglio di visioni e condizioni presenti. La descrizione animalesca, quasi bovina, delle tre sorelle della Speziana, la tragica fine dei due fanciulli, le diaboliche crisi isteriche del vescovo ampliano lo spettro di questo romanzo storico e generazionale, donandogli un taglio accattivante e livido.

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