venerdì 3 luglio 2015

Il piccolo dio col berretto - Pietro Ratto

(Dedicato a Toni Zafra)


Domenica sera, vigilia della fine dei colloqui d’esame. Già, la Maturità… mamma mia! L’apoteosi della vuota burocrazia, dei conti che debbono tornare ad ogni costo, delle ansiose domande senza risposta… Domenica sera. Ci sono i burattini, per le strade del centro. L’ho promesso alle bimbe: ora mi tocca portarcele. Assolutamente.
Sono stanco, svuotato. Guido-parcheggio-passeggio nevroticamente. In piedi, scomodo, in mezzo alla calca… Ho sempre amato burattini e marionette. Le loro sporadiche, vivaci incursioni nella mia quotidianità mi hanno sempre procurato un piacere nascosto, improvviso e variopinto; uno di quei pochi piaceri che abitano in qualche recondito recesso della mia concitata anima, fin dalla prima infanzia. Ma stasera no; stasera mantenere la promessa mi pesa.
Passiamo da un teatrino all’altro, spostandoci per antiche stradine che solcano il cuore di questa elegante, piccola città. Poi, finalmente, ci sediamo di fronte al palco più importante, tra tutti quelli allestiti qua e là. Nel giro di poco, ecco spuntare un tipo un po’ buffo, vestito di nero, con un anonimo berretto con visiera calcato sulla testa. Anche il berretto è nero; tutto nero, naturalmente.
Quando la musica parte, sbigottisco. L’uomo armeggia, sapientemente sinuoso, appeso ai fili delle sue marionette, con una grazia che rapisce, che innamora. Le sue creazioni aprono e chiudono gli occhi; respirano, persino. E lo fanno per lui, solo per lui. Due ballerine di legno compiono fiorite evoluzioni nell’aria, sostenendosi reciprocamente con un realismo che ha dell’impressionante. Par di vedere i muscoli contratti, sotto le colorate tutine. Un giocoliere tira in aria variopinte palline: se le mette sul capo, le prende al volo! Tutto sembra perfettamente vero. Una creazione nella creazione. Il simpatico dio con il berretto nero gode e soffre con loro. Freme, gioisce, piange ed esulta, accompagnando con le sue lunghe, sapienti dita, il fluire leggero dei movimenti delle sue creature.
A cosa serve quest’uomo? Chi lo potrebbe assumere in un’azienda? Con quale curriculum? Cosa diavolo è capitato nel mezzo del suo cervello, per sentirsi spinto a rincorrere una tale perfezione in un lavoro così perfettamente inutile? Cosa ne sa, quel dio piccoletto e nero, di economia globale, di Spread, di Spending Review? Come c’è finito qua sotto? Chi l’ha precipitato in questo lugubre scantinato dell’esistenza? Qui, dove tutto ha un motivo, dove nulla si fa senza una ben precisa utilità?
Il pensiero si tuffa, improvviso, nel vuoto, sfracellandosi ripido al suolo. In un attimo torna al mio sempre più cupo lavoro, alla scuola di oggi. Debiti, crediti… l’orientamento scolastico… dai, che ridere! Voglio vedere chi consiglierebbe agli alunni, nella scuola progettata da banche, gruppi editoriali e industrie, di calcarsi un cappello nero in testa girando per strade e città con un mucchio di marionette sulla schiena. La Crescita economica, lo Sviluppo, il Domani. Bla, bla bla…
Fate bene, Signori, a continuare così. Siete sulla strada giusta. State annullando scrupolosamente ogni minima possibilità che personaggi inutili come questo, persino un tantino fastidiosi e scomodi, possano scendere ancora quaggiù, tra di noi. Continuate così, se volete che gente come lui si trasformi soltanto in un brutto e lontano ricordo. Uccidete anche gli ultimi palpiti di vita, anche gli ultimi sogni. Massacrate, per carità, il Maestro che ancora si annida in alcuni di noi. Sopprimete con cura ciò che resta del vecchio Docente. Idealista, distratto, sognatore… Annientate per sempre la curiosità, la fantasia, la voglia di cambiare qualcosa. Strangolate nel buio l’ultima domanda, l’ultima incertezza; annullate le pause, i silenzi, gli sguardi.
L’insegnante spaventato dalla burocrazia, travolto dalla paura di non timbrare il cartellino in tempo, attanagliato dall’ansia da ricorso… Questo ci vuole! Il docente-impiegato full time. Un tipo così può soltanto produrre soldatini, è evidente. Burattini, ecco sì! (Strani scherzi fa l’inconscio). Burattini, sì. Ma mai, mai più “inutili” e pericolosi burattinai. Un docente come i vostri può formare perfetti burocrati, individui sordi, sensibili al soldo soltanto, votati alla convenienza, all’utile sommo. Può azzerare alla perfezione, nei suoi ragazzi, ogni traccia di riflessione morale, riducendo tutti i loro scrupoli alla sola legalità, la vostra legalità, così come da anni sognate; quella che da decenni ci propinate attraverso un’educazione civica fredda e mnemonica, che ha preso il definitivo sopravvento sull’Etica. Perché tanto le leggi chi le fa, se non voi? Mentre la Morale, quella no. La Morale è pericolosa. La Morale costringe a riflettere. E il pensiero rende troppo, troppo liberi, accidenti!
Un sogno che si avvera, il vostro. Gettare al fuoco anche le ultime tracce di pericolosi modelli stile Mattia Pascal o Winston Smith, gli ultimi incontrollabili riflessi di bizzarre geometrie non euclidee, i residui brandelli delle disubbidienti invettive di un Thoreau… Piazza pulita di tutto ciò che diverge, che non risponde alle vostre direttive, che non si fa trascinare dai vostri fili.
Una sola precauzione vi consiglio di adottare, immaginando di parlarvi in questo strano monologo mentale che mi sto costruendo stasera; in questo fluire di strani pensieri che mi affollano la testa, ora che – pieno di commozione – sto facendo ritorno alla macchina con la mia allegra e più sollevata famiglia.
Ricordatevi sempre di portare con voi la vostra carta di credito, o il denaro, se preferite. Ricordatevene, mi raccomando. Un domani, doveste venir colti da infarto e stramazzare al suolo, doveste aver bisogno di improvviso soccorso, i vostri zelanti burattini vi scavalcherebbero inesorabili, con quella stessa freddezza, con quello stesso utilitaristico cinismo con cui ce li avete fatti allevare. Portateveli dietro, i vostri soldi. E pagateli bene.
Altrimenti nessuno di loro si fermerà mai, nemmeno un istante, a tendervi la sua gelida e anonima mano.

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