venerdì 15 maggio 2015

Caino - José Saramago

caino uccide abele e comincia a vagare per il mondo.
Saramago racconta la vita di caino, che non può morire e vede tutto quello che succede.
caino spiega perché dio ha la colpa dell'assassinio di abele e incrocia spesso il signore, il mondo era piccolo, o forse quel signore era signore di quel pezzo di mondo, e così non è difficile incontrarlo.
caino assiste al tentato sacrificio di isacco, alla distruzione di sodoma e gomorra (e altre città), alle pene di giobbe, alla preparazione del viaggio (e alla navigazione) di noè.
caino capisce che il signore è (inutilmente) crudele, ha sempre bisogno di mettere alla prova e di punire, anche con la vita.
in questo confronto caino è un uomo che non si arrende, non cede, dice sempre quello che pensa, al signore e anche a quei poveri angli che non capiscono bene quello che fanno.
caino è un simbolo della libertà di pensiero e di resistenza, nella straordinaria scrittura di José Saramago.
si ride anche: "la cosa logica, la cosa naturale, la cosa semplicemente umana sarebbe stata che abramo avesse mandato il signore a cagare, ma non è andata così".
caino ti aspetta - franz






inizia così:
Quando il signore, noto anche come dio, si accorse che ad adamo ed eva, perfetti in tutto ciò che presentavano alla vista, non usciva di bocca una parola né emettevano un sia pur semplice suono primario, dovette prendersela con se stesso, dato che non c'era nessun altro nel giardino dell'eden cui poter dare la responsabilità di quella mancanza gravissima, quando gli altri animali, tutti quanti prodotti, proprio come i due esseri umani, del sia-fatto divino, chi con muggiti e ruggiti, chi con grugniti, cinguettii, fischi e schiamazzi, godevano già di voce propria. In un accesso d'ira, sorprendente in chi avrebbe potuto risolvere tutto con un altro rapido fiat, corse dalla coppia e, uno dopo l'altro, senza riflessioni e senza mezze misure, gli cacciò in gola la lingua…



Scritto negli ultimi anni di vita, in Caino Saramago dà l'impressione di non avere più nessuna remora, nessun autocontrollo censorio. Vuole dare una dimostrazione di come il Dio risulti imperfetto, incoerente, spesso assurdo e incomprensibile: come l'uomo. 
La vena tuttavia non è affatto dogmatica, bensì ironica, fantasiosa, intelligente. Una storia sì dissacrante, ma mai, a mio giudizio, irrispettosa. Geniale come sempre l'uso del discorso indiretto libero, a intercalare tra i dialoghi i commenti personali.

Leggere un romanzo di José Saramago richiede sempre un notevole sforzo mentale. Non è facile entrare in sintonia con il suo stile, seguire le sue frasi complesse e le sue trame spesso intricate. Provo questa sensazione con ogni suo romanzo: "L'Uomo Duplicato", "Cecità", "Il vangelo secondo Gesù Cristo", "L'anno della morte di Ricardo Reis". Tutti libri non semplici da leggere. Ma tutti grandi capolavori.
Perché appena ci si abitua allo stile di questo grande autore, è impossibile non rimanere affascinati dalla sua bravura e da quello che racconta. Dei capolavori di genialità.

"Caino" rientra in questo gruppo di romanzi: difficile da leggere ma semplicemente fantastico. Saramago aveva già proposto un'incredibile lettura delle Sacre Scritture con "Il Vangelo secondo Gesù Cristo", reinterpretando la vita di Gesù dalla nascita alla morte e proponendoci un aspetto più realistico di quest'uomo, con le sue ansie, le sue paure, le sue debolezze di uomo. Questa volta invece l'autore si cimenta con l'Antico Testamento, prendendo Caino come protagonista e muovendolo attraverso diversi episodi famosi che ci vengono narrati nelle Scritture. La storia di Caino più o meno la sappiamo tutti: per gelosia ha ammazzato il fratello Abele, colpevole di essere il favorito da Dio. Caino non nega le sue colpe ma ne attribuisce altrettante anche a Dio: è stato lui a scegliere il fratello come preferito, è stato lui a non scegliere di fermarlo. E Dio in parte riconosce questa sua colpa e condanna Caino a sopravvivere ma errando senza pace per deserti e città. 
L'uomo si troverà a compiere un viaggio particolare, tra passato e presente, per i vari episodi dell'Antico Testamento: incontrerà Abramo e Isacco giusto in tempo per evitare il sacrificio. Assisterà alla distruzione di Sodoma e Gomorra, dove a morire sono più innocenti che peccatori. Vedrà la separazione delle lingue e la distruzione della Torre di Babele, e via dicendo fino al finale sull'Arca di Noè.
E di tutti questi episodi, Caino non farà a meno di notare l'incongruenza e la cattiveria di questo Dio che tutto vede e tutto può: sacrificherà innocenti, scenderà a patti con satana con cui farà anche scommesse, accetterà incesti e ucciderà per suo capriccio tutte le genti del mondo…

Caino è un personaggio del tutto moderno, un uomo che si distacca dagli altri che incontrerà sul suo cammino perché capace di pensare con la sua testa e di non sottomettersi all’isterico volere di un dio distratto, violento, geloso, inaffidabile, a volte infantile, a volte senile, sempre indifferente alle sofferenze ed alle preghiere degli uomini. 
Caino apparentemente accetterà il suo destino, ma fino all’ultima pagina (ed in modo sorprendente) non cederà nel confronto dialettico con un dio che non giudica migliore di se stesso. 
Un libro ricco d’ironia, divertente, bellissimo e di facile e veloce lettura. 

La cosa ancora più triste dopo la morte di Saramago, fu che, appena il giorno dopo, il Vaticano si espresse sul suo ultimo libro Caino e ovviamente non si espresse a favore e mi sarebbe bastato solo questo per decidere che questo libro mi sarebbe piaciuto :)
Leggendo Caino ho capito perché, perché ti costringe a pensare alle contraddizioni che certamente un Dio se esiste non si sarebbe mai sognato di dire e fare.
A tal proposito, al momento in cui Saramago racconta (a modo suo) dellacacciata dall’Eden di Adamo ed Eva, mette subito in dubbio l’operato del Signore quando decide di cacciare la coppia rea di aver mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, allora Saramago scrive:
…persino l’intelligenza più rudimentale non avrebbe alcuna difficoltà a comprendere che essere informato sarà sempre preferibile a ignorare, soprattutto in materie tanto delicate come lo sono queste del bene e del male…”.
Dio appare ridicolo, sembrerebbe così almeno…ma non è vero.
Appare ridicola, invece, l’immagine che la Chiesa ha dato di Dio e del suo rapporto con la “sua creatura” in questo caso Caino che, spesso, nel racconto, appare notevolmente più intelligente dello stesso Signore…

…il libro è bellissimo. La lotta tra dio e l'uomo è portata avanti da caino, in un rovesciamento di ruoli che si accentua andando avanti nel racconto: caino è l'uomo, dio è il male del mondo, il male a cui non c'è rimedio. Non so se la scelta di non usare le maiuscole nei nomi propri e nella parola "Dio" sia una scelta di Einaudi o di Saramago. Io mi sono immaginato che l'autore abbia voluto dare ai personaggi un ruolo in qualche modo collettivo: caino è umano, dio non lo è. 
La conclusione, che completa alla perfezione la ribellione di caino, è geniale…


Non è ancora stato sepolto che Josè Saramago riceve l’ultima dura critica dal Vaticano: una contrapposizione che ha una lunga storia, mai sopita neppure dal Nobel per la letteratura che lo scrittore ebbe nel 1998. Anzi. Al centro del dissidio non solo l’ideologia di Saramago, apertamente marxista, ma anche due libri: “Il vangelo secondo Gesù Cristo” (Einaudi 1991) e “Caino” (Feltrinelli 2010).  Oggi l’Osservatore Romano – in un articolo dal titolo “L’onnipotenza (presunta) del narratore” – lo ha definito un ideologo anti-religioso, «un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all’ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo».
«Lucidamente autocollocatosi – ha aggiunto il quotidiano – dalla parte della zizzania nell’evangelico campo di grano, si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate, o dell’inquisizione, dimenticando il ricordo dei gulag, delle “purghe”, dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi». Forse, se fosse stato ancora vivo, lo scrittore portoghese avrebbe ripetuto le parole che pronunciò sul brasiliano “O Globo” dopo l’ennesimo attacco della Santa Sede al suo Vangelo: «Il Vaticano non deve pronunciarsi sui meriti letterari di chicchessia. Io non appartengo alla Chiesa, non sono credente, il mio lavoro è il mio lavoro. Ci sono molte cose delle quali il Vaticano dovrebbe preoccuparsi. Cose per le quali potrebbe avere un’azione benefica, e invece non ne ha nessuna». E specificò di non criticare il credo o la fede, ma «l’amministrazione della fede»…

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