martedì 3 marzo 2015

I morti di Poznan – Romano Bilenchi (1-7-1956)

I morti di Poznan sono morti nostri. Intendete che cosa vogliamo dire Vogliamo dire che anch' essi sono caduti sulla via che porta ad una società più giusta e più libera. Proprio per questo essi appartengono ad una comunità che esorbita dai governi, dalle stesse singole nazioni. Questa comunità ha ormai tanti morti che stanno a segnare l' inizio di altrettante tappe risolutive. I morti di Poznan sono morti nostri anche se tra le cause che hanno determinato la strage, insieme con le disagiate condizioni dei lavoratori, c' è stata una provocazione, come c' è stata. Chi è caduto col mitra in mano sparando contro i soldati, assaltando gli edifici pubblici, non vedeva le difficoltà contingenti del paese, non aveva le stesse idee di chi governa, magari della grande maggioranza dei cittadini, non conosceva gli interessi di coloro che gli hanno armato la mano, credeva di combattere per ideali sacrosanti. Da questi uomini, naturalmente, vanno esclusi coloro che volevano fare del male coscienti di farlo. Questa è la realtà complessa, intera, delle lotte di oggi e di ieri per il progresso. E noi sappiamo benissimo che durante il nostro Risorgimento non c' erano soltanto i piemontesi, i garibaldini, i mazziniani, ma anche i papalini e i borbonici. Ora noi comprendiamo le campagne di stampa scatenate in Occidente contro i paesi socialisti. Le fucilate altrui servono a coprire quelle più numerose e altrettanto lugubri che echeggiano a Cipro e nell' Africa del Nord. Una delle tesi sulle cause degli incidenti di Poznan è questa: non appena, per la destalinizzazione, si sono allentati i freni polizieschi, la gente è insorta ed ha approfittato della particolare contingenza per rivelare i suoi veri sentimenti. Questa voce sembra voler dare ai dirigenti dell' Est un disinteressato consiglio: finché adoperate la maniera forte non avrete fastidi. Noi comprendiamo benissimo che ai nemici della distensione servissero le maniere forti adottate all' Est sia in campo interno che in quello internazionale. Abbiamo visto infatti che è bastata, dopo la morte di Stalin, la conferenza di Ginevra perché lo spettro della guerra fredda che aveva come prospettiva la guerra calda, si dileguasse dinanzi agli occhi degli uomini che tornavano a sperare. Noi non possiamo prendere lezioni di libertà e di giustizia da chi aiuta una minoranza di sgherri a calpestare il popolo del Guatemala che era riuscito a liberarsi dai suoi pochi sfruttatori, da chi favorisce il linciaggio dei negri, da chi commette crimini come l' assassinio dei Rosenberg. E neppure da chi massacra gli abitanti del Kenya e i giovani patrioti di Cipro. E tanto meno da chi porta continuamente la guerra in casa altrui e getta le bombe al napalm sui villaggi dell' Indocina e scaglia i suoi aerei e i suoi carri armati contro algerini e tunisini. Ma comprendiamo come in questi giorni Poznan sia un fatto favorevole a Washington, a Londra e a Parigi e che esse cerchino di sfruttare questo fatto. Rientra nel giuoco di una politica, di coloro che conducono una politica in prima persona, da padroni, oggi assestando un colpo, domani incassando colpi a loro volta. Noi siamo stupiti, invece, di certi commenti che abbiamo letto su giornali di casa nostra, quei giornali che più di ogni altro si manifestano proni alla volontà di oltre Atlantico. Vi è perfino chi finge di essersi lasciato trascinare da sentimenti sublimi. All' Est nasce la rivolta, rivolta nazionale e sociale, e da questa rivolta c' è bene da sperare per tutta l' umanità. Ora, chi ha sempre operato perché truppe straniere a quale titolo a noi non importa possano tranquillamente stazionare nel nostro paese; chi ha sempre operato in modo da perpetuare una situazione come quella italiana, che registra due milioni di disoccupati, che registra i morti di Modena, Melissa, Comiso, Barletta, Venosa, non ha diritto di parlare di libertà e di giustizia e di benessere. No, signori cari, i morti di Poznan sono morti nostri non vostri. Questi morti non ci faranno desistere dalla nostra lotta per il progresso, per una società in cui sia abolito lo sfruttamento dell' uomo da parte dell' uomo. Questi morti ci incitano sempre più a percorrere intera la nostra strada. E se dall' Est venissero prove che le cose sono in parte sbagliate, tutte sbagliate, noi affermeremmo tranquillamente che quell' esempio, quelle esperienze di socialismo non vanno bene, faremmo di tutto per correggerne gli errori, e se questo fosse ancora infruttuoso cercheremmo altre vie per creare il socialismo in casa nostra. Non desisteremmo dal cercarle.


(da una lettera di Romano Bilenchi a Elio Vittorini, marzo 1959)

Carissimo Elio, giorni fa ho avuto la tua lettera insieme con la lettera aperta indirizzata al Psi. Non mi sento di firmarla. (~) Io non credo a questi partiti: il Pci, il Psi, il Psdi sono sputtanati, sputtanatissimi.
…Noi abbiamo fatto parte del Pci, un partito reazionario, i cui dirigenti sono dei carabinieri…
Io penso che noi dovremmo se mai agire perché si formi un partito di sinistra più moderno, democratico, che chiarisca che cos' è la situazione italiana e cerchi di andare al potere, al governo, per vedere di rimediare a questa ignobile baracca (~). Il rapporto Kruscev ha messo in crisi anche la nozione di dittatura del proletariato. Altro che Stalin boia! E' partito tutto. La democrazia borghese è una pagliacciata antidemocratica. Quindi noi intellettuali dovremmo rifiutarci a questa attuale politica e a questi politici. Essi sono degli astratti, vanno avanti a forza di formule astratte, sono prigionieri di queste formule. Bisogna dir loro che il mondo è diverso da quello che essi credono o vogliono che sia. Noi dovremmo mettere sotto i loro occhi quello che è il mondo, quello che è l' uomo d' oggi. E vedere di aiutare il formarsi di una democrazia che via vera e giusta e che spazzi via il conformismo, la non libertà, la tortura.

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