mercoledì 11 febbraio 2015

intervista a James Galbraith, economista (e figlio di economista)

Il 20 gennaio 1961 nel suo discorso inaugurale, John Kennedy disse: "Nessuno deve negoziare sotto la morsa della paura. E nessuno deve aver paura di negoziare". La frase l'aveva scritta John Kenneth Galbraith, l'economista che di Kennedy fu consigliere. Ce la ripete James Galbraith, che di Kenneth è il figlio ed è anch'egli un economista di primo piano, docente all'università del Texas dove è collega e grande amico di Yanis Varoufakis, neo-ministro delle Finanze greco, con il quale ha scritto il libro "Modesta proposta per uscire dalla crisi dell'euro". "Negli anni '60 si parlava di guerra fredda", dice Galbraith. "Oggi è analogo l'acerrimo confronto sui debiti e la depressione che flagellano un Paese, la Grecia, che non merita di essere messo all'angolo. Dalla Merkel, da Draghi, da Bruxelles, da nessuno".

Domani c'è la fiducia a Tsipras. Lei ci sarà?
"Sto prendendo l'aereo per Atene. Sarò a fianco di Varoufakis e lo aiuterò a preparare il progetto per il negoziato: vi rendo noto che è una delle menti più lucide e brillanti dell'economia attuale. Come potevano pretendere, i capi europei, che già avesse pronto il contro-piano se le elezioni sono state convocate in tutta fretta alla fine del 2014? Non è possibile che venga isolato solo perché rompe gli schemi".

Quali schemi?
"In questi anni abbiamo visto decine di vertici paludati, in cui con reciproco compiacimento i capi dell'Europa prendevano atto della crisi e nominavano qualche comitato con l'impegno di "fare il punto" dopo uno o più mesi. Senza mettere in discussione il mantra reazionario del rientro dal debito quale unica priorità, l'unico modo per uscire dalla crisi. Intanto la Grecia affondava. Ma la signora Merkel c'è andata? Ha visto le condizioni in cui vive, anzi ormai sopravvive, la gente? Sento parlare di ripresa, di risultati conseguiti: ma quale ripresa? Quali risultati? Solo un intervento politico deciso, di rottura, di solidarietà, può restituire dignità all'Europa. Invece appena Tsipras pronuncia la parola "ristrutturazione del debito" che vuol dire allungare i tempi, aspettare la risalita del Pil per restituirli, forse concederne qualcuno nuovo, scatta la tagliola di opposizioni, di minacce, insomma la sindrome della paura. Si devono calmare gli animi per cominciare un negoziato vero. Ho sentito qualche capo europeo esasperato perché ad ogni cambio di governo greco si sentono fare proposte nuove e si deve ricominciare daccapo: scusate, ma allora le elezioni che si fanno a fare? Allora non le facciamo per niente e facciamo governare tutto alla Germania o alla Bce".

Propone qualcosa di simile all'intervento statale con cui l'America è uscita dalla recessione?
"L'intelligenza di Obama non è stata creare nuovi strumenti bensì valorizzare quelli esistenti: social security, Medicare, Medicaid, sussidi di disoccupazione. Accorgimenti di cui si dotano i Paesi evoluti per affrontare i momenti difficili. Anche in Europa ce n'erano: con l'ossessione dei debiti li state distruggendo tutti".

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