lunedì 3 novembre 2014

3 novembre 1957: Laika (muore) nello spazio,

i Mecano, Anna Maria Ortese e Vittorio Zucconi cantano, sognano e parlano di Laika.




(da un’intervista ad Anna Maria Ortese)
Un’altra domanda, ingenua, se permette: crede ancora in qualche cosa?
Naturalmente. Credo in tutto ciò che non vedo, e credo poco in quello che vedo. Per fare un esempio: credo che la terra sia abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne, dei deserti, forse in piccoli demoni gentili (tutta la Natura è molto gentile). Credo anche nei morti che non sono più morti (la morte è del giorno solare). Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano e si raccomandano di conservare loro la pioggia. Nelle farfalle che ci osservano, improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case… In tutto credo, come i bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d’inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e distrusse.
A questo punto si può concludere, e mi dispiace, che lei non è più a sinistra?
Ma no! Sono ancora e più grandemente a sinistra: ma dell’Antenato e del Bambino, intendendo per Bambini tutti i perduti alla crescita e all’intelligenza. Sono anzi all’estrema sinistra di tutti icaduti sotto i colpi dell’intelligenza. Sogno la resurrezione dei Padri morti, di tutti i morti nell’ingiustizia. Penso talora, è strano, anche a Laika, la cagnetta che fu mandata, dicono, nello Spazio Esterno (definizione di Milton per gli abissi senza speranza che circondano l’Universo), e che forse avrà chiamato infinitamente gli umani. Vorrei gridare: Laika! Siamo qui! Ti amiamo! Torna indietro, Laika! Sì, sono questi i miei sogni: la resurrezione, il ritorno di tutti i morti nell’ingiustizia. Già la morte è ingiustizia. Ma l’ingiustizia, talora, come per Laika, è più ingiusta di ogni altra cosa ingiusta. È del tutto il segno della disgrazia di Adamo, dice l’orrore della intelligenza di cui si è fidato. Dice che non bisognerebbe più fidarsi di questa guida. Tornare indietro!
Laika! Ormai è morta! Svanita tra le stelle, e per sempre.
Ma non per me.

Laika non visse nello spazio, la cagnetta morì dopo il lancio – Vittorio Zucconi
Il cane che rincorse le stelle avrebbe di molto preferito continuare a rincorrere gatti e ciclisti per le strade di Mosca, se avesse potuto decidere lei, ma Laika non era un cane qualsiasi. Era un soldato, una bandiera, un latrato di battaglia, un monumento che l’Urss voleva costruire a se stessa con il materiale della Guerra fredda, con i motori, i missili, le ambizioni e, soprattutto, con le bugie della propaganda. Laika, la bastardina arruolata dagli accalappiacani di Kruscev nei vicoli di Mosca per essere la prima creatura vivente spedita in orbita, non morì la morte indolore nello spazio dopo una settimana di orbite, che la propaganda ci aveva raccontato allora, ma una morte orrenda e struggente, inscatolata nel minuscolo Sputnik, poche ore dopo il lancio. Il suo cuore di cane fu schiantato dal panico e dalla solitudine incomprensibile.
Un’altra delle perenni menzogne del potere in Russia, sovietico e non soltanto sovietico, viene a galla dopo 45 anni, dalla confessione di uno degli scienziati di quel programma spaziale che, tra il primo bip dello Sputnik e il viaggio di Gagarin attorno alla Terra, doveva essere la dimostrazione dei trionfi Socialisti sul nemico Capitalista. La prova della profezia di Nikita Kruscev all’Occidente, “in dieci anni vi seppelliremo”.
Laika, insieme con Mushka e Albina, due altri cagnetti presi a caso tra i bastardini nelle vie della capitale, era stata scelta per la sua docilità, per la sua resistenza alle prove d’accelerazione nella centrifuga della “Città delle Stelle”, la Houston alle porte di Mosca e, dannazione dei piccoli, per le sue dimensioni contenute. Non c’era molto spazio per ospitare un cane dentro lo Sputnik 2 dal peso totale di 108 chili, che i vettori sovietici erano in grado di sparare in orbita in quel novembre del 1957. Ma per piccina e mansueta che fosse, Laika era pur sempre un cane e ci volle tempo per adattarla a quel viaggio.
Con le sue compagne fu messa nel frullatore della centrifuga che le spingeva il cuore fino a tre volte il ritmo normale delle pulsazioni cardiache, nella paura e nella fatica di pompare il sangue nel corpo schiacciato dall’accelerazione gravitazionale. Aveva, dice ora lo scienziato russo, una tendenza a soffrire di panico, perché il cuore impiegava poi il triplo di tempo rispetto alle sue compagne, prima di tornare a velocità normale.
Laika e le sue compagne furono costrette a vivere in gabbiette e contenitori sempre più piccoli e strette da catenelle sempre più strette, per periodi successivi di 3 settimane e a nutrirsi solo di gelatine, la pappa che sarebbe stato messo a bordo, perché lo potessero, poco alla volta, con parsimonia, leccare fino all’esaurimento e dunque alla morte.
Alla fine dell’addestramento, se così possiamo chiamare quella tortura, la vediamo nelle foto d’epoca, che spunta con il muso scuro e gli occhi giustamente preoccupati, da una sorta di tubo di dentrificio nero, l’ogiva nella quale sarebbe stata sparata dalla base di Baikonur, strettamente incatenata, per impedirle di rivoltarsi e di muoversi dentro il tubo.
Mushka, oltre che piccola, era, per sua ulteriore sfortuna, anche la più intelligente. Era servita per collaudare i rudimentali strumenti di bordo, un ventilatore automatico che avrebbe dovuto raffreddare l’abitacolo quando, nei momenti di esposizione al sole durante le orbite la temperatura fosse salita oltre i 20 gradi.
Albina era stata sparata due volte con razzi, ma recuperata con paracadute dell’ogiva, per collaudare la resistenza al lancio. Ma Laika pescò la paglia corta. Fu scelta per il glorioso evento. E fu lanciata. Senza sapere che per lei non era stato previsto nessun rientro trionfale. Che sarebbe comunque morta girando attorno alla Terra. Il dottor Dimitri Malashenkov, lo specialista che la seguì, ha raccontato ieri a un congresso di medicina spaziale a Houston, le ultime ore di Laika. L’elettrocardiografia seguita via radio segnò un aumento parossistico delle pulsazioni quando i motori s’accesero e il missile cominciò a vibrare sollevandosi dalla piazzola, qualcosa che la cagnetta non aveva mai provato prima. Raggiunta la velocità orbitale, il ventilatore, secondo i leggendari standard del controllo di qualità sovietica, naturalmente non funzionò e la temperatura nella trappola spaziale cominciò a oscillare tra il caldo e il freddo estremi.
Il suo cuore di cane prese a battere irregolarmente, fibrillando quando l’assenza di peso rallentò di colpo le pulsazioni e alla quarta orbita, dopo 5 ore di tormento, il tracciato divenne misericordiosamente piatto. Forse fu la temperatura a ucciderla, o l’umidità che si era accumulata nel suo ansimare dentro quello spazio, o l’anidride carbonica che i filtri nella capsula avrebbero dovuto ripulire, ma che, probabilmente, non funzionarono a dovere. Il dottore non è sicuro.
Ma chiunque conosca un cane e abbia visto gli occhi di Laika mentre la insaccano dentro la sua gabbia, sa di che cosa è morta quella cagnetta, è morta di paura e di solitudine. Di stress, se si preferisce un’espressione più asettica. Sognando i vicoli di Mosca, il branco dei randagi e i gatti che non avrebbe più rincorso, la mano di quegli uomini ai quali si era sicuramente affezionata, senza sapere quello che loro stavano preparando per lei. Il funerale di Laika fu lungo. Andò avanti per 6 mesi e 2.570 orbite, mentre il Cremlino mentiva sulla sopravvivenza di Laika nello spazio indicata in “oltre quattro giorni” e l’America si rodeva nella sua goffa rincorsa con missili che esplodevano dopo il lancio e scimpanzé africani che stava addestrando per inseguire i cani russi.
Fu cremata l’8 aprile del 1958, quando lo Spuntik-2 perse velocità e rientrò nell’atmosfera, consumandosi in un ultimo, piccolo falò delle vanità ideologiche e della crudeltà umana. Tre anni dopo, il 12 aprile del ’61, un essere umano dal coraggio ultraterreno, Yuri Gagarin la seguì, sapendo che avrebbe potuto fare la fine della cagnetta che l’aveva preceduto e che era stata sacrificata per lui, da un regime che trattava gli uomini come cani e dunque i cani come gli uomini. Troppo tardi per fare compagnia a Laika e portarla a passeggio tra le stelle.
(29 ottobre 2002)

5 commenti:

  1. c'è un bellissimo fumetto di Nick abadzis, che racconta la storia di Laika. Le pagine finali sono strazianti. ...

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    1. mi sono segnato il titolo del libro, sembra davvero bravo, questo Nick, grazie

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    2. il fumetto è davvero splendido: lo leggerai di sicuro con grande piacere, anche se alla fine non si puà non piangere amaramente. eppure, lo si rilegge, anche ....

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  2. Una brutta pagina per l'umanità...

    Il 'Laika' messo in palio da Terry May con un concorso abbinato alle estrazioni del Lotto del 4 aprile 2015

    http://www.statistiche-lotto.it/terry-may-laika-gioco-del-lotto/

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