venerdì 24 ottobre 2014

Mandami a dire – Pino Roveredo

sulla copertina del libro ci sono le parole di  Claudio Magris:  "I suoi racconti sono veri piccoli capolavori". 
sempre diffido di questi spot, ma per una volta alla fine sono abbastanza d'accordo, alcuni racconti sono solo belli, gli altri sono bellissimi, imperdibili.
dentro c'è la vita, quella dello scrittore, quelle dei personaggi, e anche le nostre, se si guarda e si ascolta bene.
mica facile, ma Pino Roveredo riesce, in questo piccolo grande libro, a essere tristi perchè all'ultima pagina capiamo che non possiamo più leggerlo per la prima volta - franz

e grazie a Daniela che me ne ha parlato.




Dolce tesoro mio, come stai? Anche oggi ti ho cercata al telefono e tu non c'eri, ma lì, nella tua lontananza, ti trattano bene? Mi raccomando: se ti sfiorano un capello, tu mandami a dire. (da Mandami a dire)

14 novelle, 14 piccoli-grandi capolavori, 14 piccole apparizioni di un’umanità densa, palpitante, emozionante nella sua semplicità, nella sua espressione di sentimenti elementari, veri, immediati nella loro comprensione…

Un libro all’apparenza veloce, sia per il formato che per la lunghezza dei racconti, ma se in certi episodi (La famiglia Starnazza, Brutti sgabuzzini, Problema, L’uomo dei coperchi) questa impressione può anche risultare vera, in altri (Mandami a dire, I ragazzi di quarant’anni, Una boccata d’amore) ogni frase è un’eco che dura, rimbalza e ritorna all’attenzione, impedendoti di andare oltre fino a quando non ha imboccato tutte le direzioni possibili.
Ciò comporta il rischio di piegare la libertà notturna della scrittura a una pur nobile finalità morale e umana, a una retorica. Egli si rende conto di questo rischio e della necessità di separare le due scritture, quando dice che, in ogni caso, prima di diventare buono lo scrittore deve tirar fuori tutta la sua cattiveria e rappresentare senza remore tutto il male dei suoi personaggi, anche quando sente il bisogno o la tentazione di scagionarli. Ma aggiunge: “Per me, come per tanti che scivolano nel silenzio della solitudine, la scrittura è l’ultima voce, la voce intima che può trovare il coraggio di scrivere nella disperazione, a volte fino a toccare e a rovesciare il fondo della coscienza, e trasformare, in un impulso, quasi in un’energia fisica, che trova la scorciatoia per uscire dal male. La scrittura dà la libertà di vincere la paura della memoria e convincersi che nessuno è irrecuperabile. Proprio per pura azione egoista, io continuo a salvarmi… aiutando altri a salvarsi.” – dall’introduzione di Claudio Magris

2 commenti:

  1. mi hai fatto venire voglia di leggerlo. "Mi raccomando: se ti sfiorano un capello, tu mandami a dire."... che delicatezza. Grazie sempre per gli indizi che ci lasci.

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