mercoledì 3 settembre 2014

Le intermittenze della morte – Josè Saramago

romanzo politico, romanzo giornalistico, romanzo thriller, romanzo d’amore, romanzo sulla vita e sulla morte, questo libro è tutto questo e molto altro ancora.
inizi a leggerlo e vai avanti e avanti e ogni pagina resti a bocca aperte per la bellezza e la profondità delle parole, e quando arrivi alla fine non puoi che ringraziare Josè Saramago, per un regalo così grande.
è tutto così verosimile e vero che non dubiti di quello che succede nella storia, anzi pensi che è tutto vero.
e davanti a Josè Saramago mi sento come il bambino di un racconto di Eduardo Galeano:
Introduzione alla storia dell’arte
Ceno con Nicole e Adoum.
Nicole racconta di uno scultore che conosce, un uomo di grande talento e famoso. Lo scultore lavora in un atelier enorme, circondato di bambini. Tutti i bambini del quartiere sono suoi amici.
Un giorno il comune gli commissionò la scultura di un cavallo per una piazza della città. Un camion portò all’atelier un grandissimo blocco di granito. Lo scultore cominciò a lavorarlo, dall’alto di una scala, a colpi di martello e scalpello. I bambini lo guardavano lavorare. Poi i bambini partirono in vacanza, in montagna o al mare.
Quando tornarono, lo scultore mostrò loro il cavallo terminato. E uno dei bambini, con gli occhi spalancati, gli chiese:
-Ma…come sapevi che dentro quella pietra c’era un cavallo?
(qui in spagnolo, o qui, in un’altra versione).
vogliatevi bene, leggete "Le intermittenze della morte" - franz




“Le intermittenze della morte “ inizia così:
Il giorno seguente non morì nessuno. Il fatto, poiché assolutamente contrario alle norme della vita, causò negli spiriti un enorme turbamento, cosa del tutto giustificata, ci basterà ricordare che non si riscontrava notizia nei quaranta volumi della storia universale, sia pur che si trattasse di un solo caso per campione, che fosse mai occorso un fenomeno simile, che trascorresse un giorno intero, con tutte le sue prodighe ventiquattr'ore, fra diurne e notturne, mattutine e vespertine, senza che fosse intervenuto un decesso per malattia, una caduta mortale, un suicidio condotto a buon fine, niente di niente, zero spaccato.

Il mondo di cui l’autore ci narra pare inizialmente immaginario, ma ben presto ci si rende conto che la descrizione dei personaggi, delle loro azioni, l’analisi dei più reconditi pensieri, la narrazione di problemi e la ricerca di soluzioni non sono affatto fiabeschi e con una quasi terribile epifania ci accorgiamo che Saramago sta parlando di noi, di una comunità, di una collettività che a fatica si muove tra i problemi della vita cercando soluzioni che spesso si dimostrano irrealizzabili: facile è trovarsi in caduta libera verso il caos. La gestione di un accadimento quale il non adempiersi di decessi, fa crollare a catena un sistema che, con sapiente ironia, l’autore fa intendere fondarsi solamente sul perpetuarsi della morte. Egli coglie l’occasione per esprimere la sua critica alla società, alla Chiesa, alla politica e all’uomo contemporaneo che, senza la presenza della morte, scopre tutta la sua debolezza.
Nelle pagine si alternano, quasi come in una danza, i protagonisti che non hanno nomi; ci troviamo improvvisamente a volteggiare tra il primo ministro, il prete, il cardinale, i filosofi, la famiglia di contadini, il vecchio, la chiesa, la religione, il governo, la maphia, il bambino, il violoncellista e la Morte, l’unica con la lettera maiuscola. Forse perché solo lei è la vera protagonista del libro…

E' stata una vera rivelazione, in più di un senso. La prosa originale proposta da Saramago sconcerta e conquista. L'assenza dei segni di interpunzione, la mancanza di virgolette nel discorso diretto, l'assenza di lettere maiuscole, trascina in una lettura più complicata del previsto ma anche più affascinante. Cercavo di capire il perché di quelle scelte così drastiche, la necessità di imporre al lettore una serie di difficoltà legate alla più elementare comprensione del testo. Perseverando nella lettura ho maturato la convinzione che l'autore delle Intermittenze, avesse ragione. 
Aveva tolto il superfluo e lasciato il necessario, l'essenziale. Inoltre, una volta capito il meccanismo che regola la scrittura, tutto appare fluido e naturale. 
Un'altra caratteristica di questo racconto, ma anche degli altri romanzi dello stesso autore, è costituita dalla mancanza di indicazioni temporali e spaziali, così come la totale assenza di nomi propri, di cosa o persona. Tutto ciò che è specifico viene definito attraverso nomi generici, e attraverso l'uso di complementi di specificazione viene identificato in modo univoco. Inutile e cervellotica precauzione? Questa mancanza di riferimenti permette di concentrare tutta l'attenzione sulla storia, come se solo quella avesse importanza. Le persone descritte non hanno nome perché il loro nome non ha importanza, potrei forse essere io la protagonista, o il mio vicino di casa, o mia cugina. Sono persone comuni, i protagonisti, gente di passaggio con una storia da compiere e portare avanti…

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