martedì 27 maggio 2014

29 maggio 1942 : a Praga viene ucciso Heydrich, comandante delle SS

l'ultima volta che sono stato a Praga ero con Tomas, Nicola e Francesca (allora 49 anni in tre), e un giorno siamo andati a Lidice, mezz'ora di autobus da Praga.
c'è solo spazio, campagna, un museo e una grande scultura con dei bambini (qui si può vedere) e poco altro.
poi, se ti è andata bene, torni a casa sconvolto.
furono girati diversi film di questa storia, ne ricordo due:
 “Anche i boia muoiono”, di Fritz Lang, del 1943 (anche Bertolt Brecht ha partecipato alla sceneggiatura, anche se ci furono dei problemi; Tuttavia, a detta di Lang, questo rimane un film brechtiano al 90 per cento.)
e
"Operation: Daybreak" (E l'alba si macchiò di rosso), di Lewis Gilbert,del 1975.

Reinhard Heydrich era comandante di divisione delle SS e nel 1941 fu nominato da Hitler governatore del cosiddetto Protettorato di Boemia e Moravia. Heydrich era il prototipo del gerarca hitleriano, tanto feroce da guadagnarsi il soprannome di “boia di Praga”, acceso sostenitore della “Soluzione finale” tanto da coordinare personalmente la conferenza di Wannsee del gennaio 1942 dove lo sterminio del popolo ebraico fu dettagliatamente pianificato. Logico che il governo cecoslovacco in esilio a Londra avesse convinto gli inglesi a far fuori un simile mostro.
L’operazione – non a caso – venne battezzata “Anthropoid”, perché il disumano Heydrich dell’uomo aveva solo le sembianze.
Jan Kubiš e Jozef Gabčík, così si chiamavano i due paracadutisti cechi incaricati ed addestrati a portare a termine la missione.
Il 27 maggio del 1942 Kubiš e Gabčík intercettarono Heydrich che viaggiava senza scorta per le vie di Praga su una macchina scoperta, ostentando un’incauta sicumera, e riuscirono a colpire il veicolo con una granata anticarro. Heydrich morì qualche giorno dopo in seguito alle ferite riportate. I nazisti scatenarono una colossale caccia all’uomo e migliaia di persone furono arrestate e torturate nel corso delle indagini sull’attentato. La fidanzata di Kubiš, Anna Malinová, fu detenuta, torturata e infine inviata al campo di sterminio di Mauthausen dove morì. Molti altri parenti ed amici degli uomini del commando furono uccisi. Kubiš e Gabčík stesi non riuscirono ad abbandonare Praga e furono scovati un paio di settimane più tardi, nascosti in una chiesa ortodossa insieme ad altri patrioti. Dopo sei ore di violentissimo conflitto a fuoco con le SS, vistisi perduti, Kubiš e Gabčík preferirono darsi la morte.
Fremente di rabbia per aver perso uno dei suoi uomini migliori e per non aver potuto catturare vivi gli attentatori, Hitler organizzò personalmente una ritorsione esemplare. Scelse un piccolo villaggio nei pressi di Praga, Lidice, e ordinò che tutti i maschi sopra i 16 anni fossero fucilati (192 morti) e che le donne e i bambini fossero deportati a Ravensbrück e Chelmno (pochissimi scamparono alla morte). Le povere case di Lidice furono date alle fiamme ed il villaggio raso al suolo e cancellato dalla mappe.
In onore del “boia di Praga” la costruzione dei primi tre campi di sterminio tedeschi (Treblinka, Sobibór e Bełżec) prese il nome di “Operazione Reinhard”.

Jozef Gabcik
(Poluvsie, 8 aprile 1912 - Praga, 18 giugno 1942)
Ho guardato negli occhi il mostro. Mi ero addestrato per farlo. Avevo ripetuto azione su azione nel nostro campo in Scozia. Tutto doveva funzionare come un orologio.
Eravamo stati paracadutati a dicembre per ucciderlo. Uccidere l’uomo della conferenza di Wannsee che aveva pianificato la soluzione finale del popolo ebraico era la nostra missione. Reinhard Heydrich era davanti a me. Ucciderlo era un nostro dovere e un nostro diritto. Era il mio dovere, ma il mitra si inceppò.
Il suo viso. L’aria di Praga. Lo sguardo del maestro quando sbagliavo il compito. Mio padre. La ragazza alla fermata del tram. L’automobile. Tutto s’era fermato. Anche il mio cuore. Poi Jan Kubis gettò la bomba e per il Boia fu la fine. Cinque mesi di attesa in un attimo. La bomba che esplode, il mio mitra che s’inceppa, l’auto che rallenta, il nervosismo dell’attesa, la corsa in bicicletta, la sigaretta dopo colazione, aprire gli occhi e dirsi “Oggi è il giorno. Oggi lo uccidiamo”, il letto caldo, il sonno tranquillo. Non c’era stato il tempo nemmeno per la paura. Lo avevamo fatto noi, ma era come se lo avessero fatto tutti.
Era la prima volta che nel cuore dell’Europa un capo nazista veniva ucciso. Volevamo che capissero che per loro nessun luogo sarebbe stato sicuro. Che per i loro delitti prima della giustizia di Dio ci sarebbe stata la giustizia degli uomini. Nessun perdono per i nazisti. La loro vendetta fu terribile. Rasero al suolo un intero villaggio per vendicare Heydrich. Poi iniziarono a cercarci. Ci eravamo nascosti in una cripta. Qualcuno parlò e fu la fine. Volevano prenderci vivi, ma non ci riuscirono. Due battaglioni di SS circondarono la chiesa. Provarono a farci uscire con il fumo. Provarono con l’acqua. Tutto inutile. Eravamo dei soldati. La missione era compiuta. Il Boia era morto. Il loro meccanismo perfetto si era inceppato. Ucciderlo era un nostro dovere e un nostro diritto di uomini. Tenemmo l’ultima pallottola per noi.

…È la sera del 10 giugno del 1942. In una cittadina della Boemia centrale, a ventitré chilometri da Praga, i cinquecento abitanti sono già a letto. La maggior parte di loro sono minatori, operai metallurgici, contadini, e la mattina si alzano all’alba. Dai boschi una brezza soffia in direzione del paese e fischia quando imbocca i porticati e le stradine del centro. Nessuno sente il convoglio di camion che arriva e si ferma alle prime case. Nessuno sente i passi di corsa sui selciati, o il tintinnio metallico, come centinaia di monete che si scuotono nei salvadanai. Poi, un grido, in tedesco. Il segnale. E tutto comincia.
Sei giorni prima, a Praga, il Reichsprotektor, l’SS-Obergruppenführer Reinhart Heydrich, noto anche come la Bestia bionda o Der Henker (Il boia), è stato ucciso da due paracadutisti cechi addestrati in Inghilterra e alcune piste della Gestapo confermano che i due attentatori provengono da un piccolo villaggio a ventitré chilometri da Praga.
Le SS sono millecinquecento. Tirano giù dal letto gli abitanti, ordinano loro di raccogliere i propri averi e li trascinano fuori, in strada. Li spintonano, li colpiscono col calcio del fucile. Uccidono tutti gli animali domestici. Poi ammassano le donne e i bambini nella palestra del liceo, rinchiudono gli uomini nello scantinato di una fattoria e, nonostante la notte calma e piena di stelle, non parlano e non esitano. Saccheggiano ognuna delle novantasei case, fanno irruzione negli edifici pubblici, prendono libri, quadri, radio, macchine da cucire e li gettano in strada. Tornano a occuparsi degli abitanti soltanto alle cinque del mattino. Le centosessanta donne e i centocinque bambini vengono fatti salire su alcuni camion diretti a Kladno e poi al campo di concentramento di Ravensbrück. I bambini considerati non adatti alla germanizzazione verranno gassati. Gli altri, dati in affidamento. Diciassette cresceranno come cittadini tedeschi. Nessuno dei centottantotto uomini, invece, lascerà il paese. Vengono radunati di fronte a un muro rivestito di materassi, perché le pallottole non rimbalzino. Ne fucilano cinque alla volta. Troppo lungo, troppo faticoso, protesta qualcuno. Si prova con  dieci: meglio. Quando è giorno e le SS pensano di aver finito, un gruppo di minatori del turno di notte entra in paese. Tocca rimettersi sotto…

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