martedì 17 dicembre 2013

10, 100, 1000 Mandela


Marwan Barghouti (che secondo Uri Avnery è il nuovo Mandela, leggi qui) scrive una lettera a Mandela per ricordarlo e onorarlo:
Nel corso dei miei anni di lotta, ho avuto occasione a più riprese di pensare a te, caro Nelson Mandela. E soprattutto dopo il mio arresto nel 2002. Io penso ad un uomo che ha passato 27 anni in una cella di prigione, solamente per dimostrare che la libertà abitava in lui prima di diventare una realtà di cui avrebbe potuto gioire il suo popolo. Penso alla tua capacità di sfidare l’oppressione e l’apartheid, ma anche di sfidare l’odio e di preferire la giustizia alla vendetta.
Quante volte hai dubitato del risultato di quella lotta? Quante volte ti sei domandato se la giustizia avrebbe prevalso? Quante volte ti sei chiesto se il tuo nemico avrebbe mai potuto diventare un tuo partner? Alla fine, la tua volontà si è dimostrata incrollabile, facendo diventare il tuo nome uno dei più luminosi nomi della libertà.
Tu sei molto di più che una fonte di ispirazione. Tu dovevi sapere, il giorno della tua liberazione dal carcere, che eri in procinto non solo di scrivere la storia, ma di contribuire al trionfo della luce sull’oscurantismo, pur restando umile.
in un’interessante intervista (qui) Marwan Barghouti dice:
“…Dovessi un giorno essere ucciso, e Israele rassicurare il mondo con l’ultimo suo successo contro il terrorismo – apra le virgolette. Perché ho sofferto per anni in carcere, sono stato torturato e come tutti voi, ho un’unica vita a disposizione: e invece non ho potuto crescere i miei figli, dividere il mio tempo con la donna che amo, e solo topi e scarafaggi sono stati compagni e testimoni di mesi interminabili in scatole di un metro e mezzo per due, mesi in cui non avevo una finestra, solo un ventilatore e la luce sempre accesa, e a volte neppure quello, a volte solo l’aria attraverso lo spioncino della porta le infinite volte in cui il mio universo è stato largo quanto un cortile, e solo per meno di un’ora al pomeriggio, ammanettato mani e piedi, in isolamento senza una radio, una televisione un libro, e per toilette un foro nel pavimento. Eppure non ho mai odiato nessuno. E ancora adesso, dopo che hanno tentato di assassinarmi con un missile, e dimenticato qui con cinque ergastoli, e altri quarant’anni, dovessi per caso resuscitare, ancora adesso, uomo derubato dell’unica vita che aveva ancora adesso, dopo Piombo Fuso, ancora sono certo che avremo un giorno coesistenza tra due stati uguali, e indipendenti e sovrani. Ho sostenuto instancabile il processo di pace, quando davvero pensavo che Israele intendesse ritirarsi dal mio paese.
Mi è stato tolto tutto: ma non è possibile togliermi il diritto e la dignità di smentirvi: non voglio distruggere Israele. Non voglio distruggere nessuno. Voglio solo vivere libero…”

Chi tiene imprigionato Marwan Barghouti (qui si parla di una campagna per la sua liberazione) è il governo di Israele, complice e venditore di armi al Sudafrica dell’apartheid, nonostante l’embargo dell’ONU del 1977.
Israele ha imparato benissimo come si fa l’apartheid, in Sudafrica erano dei dilettanti, al confronto, come raccontano i componenti di una delegazione sudafricana, inorriditi della durezza del sistema di repressione definita da loro peggiore dell'apartheid sudafricana, in un articolo di Gideon Levy del 10 luglio 2008 (qui)
Non stupisce che i governanti di Israele siano rimasti a casa, il Sudafrica è troppo lontano e il viaggio troppo costoso. E poi, come potevano rendere omaggio a uno come Nelson Mandela, che diceva che ”L’ONU ha preso una posizione forte contro l’apartheid, e nel corso degli anni, è stato costruito un consenso internazionale, che ha contribuito a porre fine a questo sistema iniquo. Ma sappiamo fin troppo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi” . D'altronde anche il governo degli Stati Uniti d’America (solo nel 2008) ha deciso che Mandela non era (più) un terrorista, chissà se il governo di Israele lo sa.
PS: grazie a Fawzi per l’ispirazione di questo scritto.

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