giovedì 18 luglio 2013

qualche distrazione della mediocrità

Con grande sorpresa della comunità matematica internazionale lo scorso mese di aprile uno sconosciuto ricercatore sino-americano, Yitang Zhang, ha pubblicato la soluzione a uno dei più antichi problemi sui numeri primi, conosciuto come la congettura dei numeri primi gemelli. La carriera di Zhang si è svolta ai margini della comunità accademica: a quasi cinquant’anni è ricercatore (lecturer) presso un’università piuttosto defilata, per dei periodi ha lavorato come ragioniere, come “pony express” di un ristorante di New York, in un motel nel Kentucky e infine in un negozio di panini.  Questo caso mostra la vacuità della retorica della selezione dell’eccellenza che secondo alcuni, sempre curiosamente pronti a spiegare come si faccia per raggiungerla, deve iniziare dalla scuola superiore: una prospettiva che nasce, oltre che da un accecamento ideologico, da un fondamentale fraintendimento di come la scienza e la ricerca avanzi – non guidando comodamente in un’autostrada dritta ma muovendosi faticosamente in un terreno accidentale e intricato. 
D’altra parte questa situazione pone un problema molto complicato a chi si occupa di valutazione accademica: come scegliere chi reclutare, chi promuovere, chi finanziare? Vanno di moda i criteri che promettono di selezionare l’eccellenza, come se fosse possibile identificare le ricerche che potranno portare a scoperte importanti standosene seduti in qualche commissione e facendo riferimento solo alla popolarità accademica-sociologica (indici bibliometrici) dei vari ricercatori.  La domanda centrale è allora questa: il caso di Zhang è unico e irripetibile o vi sono stati, nel corso della storia e in discipline molto diverse, frequenti casi analoghi di ricercatori marginali che hanno fatto scoperte importanti?
Come ha mostrato il filosofo della scienza Donald Gillies, da un’analisi della storia delle scoperte scientifiche in varie discipline, dalla fisica alla medicina alla biologia alla matematica e alla filosofia, i casi tipo Zhang sono piuttosto frequenti: ricercatori che si ostinano a lavorare su ricerche apparentemente marginali, magari impopolari per un momento, ma che sono destinati a produrre brillanti risultati in futuro. Chi si pone il problema di come organizzare la ricerca, dovrebbe quindi considerare questi casi non come delle eccezioni impossibili, ma come facenti parti dello sviluppo stesso scienza e quindi immaginare come agire per creare le condizioni, o almeno per non eliminare la possibilità, che “l’inaspettato” avvenga. Purtroppo invece, molto spesso, chi promette l’eccellenza in realtà prepara la strada alla mediocrità

4 commenti:

  1. Davvero interessante. Pone un problema su cui gli accademici dovrebbero riflettere.

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  2. soprattutto la conclusione, è assolutamente condivisibile.
    dovrebbe essere il manifesto di ogni riorganizzazione della ricerca

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  3. un problema è che spesso chi decide sulla ricerca degli altri è uno che non si ricorda più cos'è la ricerca "inutile"

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