giovedì 11 luglio 2013

Il crimine dell'indifferenza - Barbara Spinelli

Proviamo a immaginare una storia completamente diversa, dell'ultima settimana del Papa. Una storia segreta, non confessata, non ufficiale.
A volte capita, che un racconto fantasticato si avvicini al vero.
Immaginiamo dunque questo: che Papa Francesco abbia accettato di firmare un'enciclica scritta quasi per intero da Joseph Ratzinger, perché all'enciclica non era affatto interessato. Quel che lo interessava sopra ogni cosa, che lo convocava, era il viaggio a Lampedusa, sul bordo di quel Mediterraneo dove sono morti, dal 1988, 19mila migranti in fuga dalla povertà, dalle guerre, dalle torture. Altri drammi vedremo, con l'Egitto che sprofonda nel caos e nell'eccidio.
Così grave è il male di questo mondo, così vaste le colpe dei singoli, dei loro Stati, anche della Chiesa, che occuparsi di teologia in modo tradizionale - con precetti, verità assolute - può apparire una distrazione, se non un'incuria. Si riempie un vuoto, per occultarlo. Lo si affolla di parole dottorali, quando altra è l'emergenza: andare in quell'isola, simbolo delle nostre ipocrisie e del nostro disonore. La teologia non fa piangere, e di lacrime c'è soprattutto bisogno, ha detto il Pontefice. Il mondo è uscito dai cardini, 19mila morti sono lo scandalo che nessun politico grida, e il Papa ha trovato la parola che lo mette a nudo e lo definisce: la globalizzazione dell'indifferenza.
È come se il Papa dicesse (ma stiamo immaginando): «Io non scrivo encicliche, per ora. O meglio ne propongo una tutta nuova: facendomi testimone e pastore che non teorizza ma agisce. Io vado dove le lacrime sono sostanza del mondo». Come Achab, il cacciatore della balena bianca in Moby Dick: di sotto al cappello calcato, cade nell'oceano una sua lacrima. «Tutto il Pacifico non conteneva tante ricchezze che valessero quella misera goccia». Perché dove c'è teologia non c'è teofania: dove c'è ideologia si parla di Dio, ma Dio non si manifesta…

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