martedì 14 maggio 2013

Bar Sport Democratico – Emiliano Deiana

chiamala satira, se vuoi
fa ridere spesso a voce alta, in realtà dovrebbe stare nei reparti "Sociologia", negli scaffali delle librerie, anche in quelle online.
leggere, ridere e soffrire è un tutt'uno.
non perdetevelo, un gran bel libro, promesso - franz



Quando ero al Liceo scrissi in un tema che se avessi trovato un tizio tanto folle di pagarmi solo per scrivere lo avrei ringraziato per tutta la vita, ma non l'avrei considerato per questo meno folle.
Poi nelle scorse settimane è arrivato un folle che aveva letto alcune cose sul mio Blog e su Facebook e mi ha proposto di pubblicarle.
Non è che mi sono fatto pregare più di tanto e non sono stato lì a guardare gli aspetti burocratici della vicenda mi sono messo di buzzo buono ed è uscito questo libercolo qui. L'ho intitolato, per rimandare ad uno dei miei maestri, Bar Sport Democratico. Stefano Benni mi perdonerà, ma volevo da sempre citarlo indegnamente. Ce l'ho fatta.
Come si sa non sono uno scrittore, sono uno che scrive.
E ho voluto scrivere un libro su un partito politico nel momento di massima distanza di queste organizzazioni nella percezione comune. L'ho scritto per una specie di amore per la mia militanza che non dimentico mai.
Ma per parlarne seriamente ho deciso di riderne. O provare a farlo. Perchè so che far ridere, consapevolmente e responsabilmente, è forse la cosa più difficile al mondo.
Mi sono divertito molto a scrivere questo libro scritto in periodi diversi. Ogni volta che ne scrivevo un pezzo ridevo come un matto davanti al computer o la risata, l'immagine, la deformazione arrivava poco prima che prendessi sonno e mi stravolgeva la stanza e la notte…

La prefazione apocrifa di D’Alema
Scrivo la prefazione a questo libercolo che intimamente disprezzo perché in fondo, diciamo, è la rappresentazione plastica dell’impossibilità di un’intera generazione a farsi classe dirigente.
Chi come me già a tredici anni teneva discorsi davanti a un Togliatti stupefatto dalla purezza del mio eloquio – francamente – non può che leggere in queste pagine tutta la povertà culturale di ciò che viene dopo di me.
Una povertà culturale che si fa povertà politica e che non riesce a cogliere la complessità dell’artificio tattico che si estrinseca nelle alleanze più improbabili mantenendo tuttavia inalterata, sostanzialmente, la forza propulsiva della nostra storia.
Cosa sarebbe la politica senza un’alleanza con Buttiglione o con Mastella, diciamo?
Io sono cresciuto in un partito dove era impensabile chiamarsi per nome e adesso mi trovo a scrivere la prefazione di un anonimo.
Un’operazione francamente degradante per me che sono stato pure Presidente del Consiglio.
Ricordo, ad esempio, che una sera fui invitato a una cena a casa di Natta: la moglie lo chiamava il compagno Natta.
Altri tempi, diciamo…

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