venerdì 4 gennaio 2013

Cambiare si deve ma ancora non si può


Cambiare si può” è una proposta nata entro un progetto di rifondazione della politica sulle basi della democrazia partecipativa come unica possibilità per rispondere alla crisi del nostro tempo. Crisi che non è solo quella scatenata dalla finanza internazionale (arma letale di una lotta di classe delle classi egemoni nei confronti delle classi lavoratrici), ma anche, e nel medesimo movimento, crisi radicale della politica e delle forme della rappresentanza: – da cui derivano la sfiducia generalizzata, l’astensionismo altissimo, il consenso a Grillo, o anche il voto “a naso turato” a un centrosinistra prono ai diktat della finanza internazionale.
1. Quel che vogliamo.
Quando abbiamo promosso l’appello, intendevamo offrire a milioni di cittadini e cittadine un’alternativa, anche (ma non solo) in campo elettorale, fondata su due punti indissolubilmente legati fra loro. Da una parte, un programma forte e irrinunciabile che investisse i problemi centrali delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, dei disoccupati/e e dei precari/e, della scuola, dell’università, della ricerca, della sanità, del welfare, della cultura, dell’ambiente, della guerra e della pace. Dall’altra parte, un rinnovamento radicale nel metodo di selezione delle candidature, con persone (uomini e donne in misura uguale anche nelle teste di lista) che, fuori da prassi leaderistiche e verticistiche, rappresentassero fisicamente – con la loro faccia, le loro storie, il loro impegno nei movimenti, nelle associazioni e nei comitati di base – una vera alternativa alla “casta”. Essi dovevano essere espressione di un insieme di pratiche reticolari, dal basso: dei bisogni dei territori, delle istanze, delle lotte, dei processi reali. Solo così, crediamo, si può parlare a quei milioni di lavoratori e lavoratrici, giovani, precari, disgustati dalla politica, che soffrono della abissale crisi di rappresentanza. Solo così si può dare il segno di un processo nuovo all’altezza della devastazione della democrazia prodotta dal neoliberismo, capace di allargare lo spazio pubblico e riportare nella sfera politica l’intera vita di donne e uomini, di ragazze e ragazzi.
2- Quel che è stato.
Il percorso di formazione della lista Ingroia è stato totalmente diverso: ripropone forme e modalità politiche vecchie, con i candidati più visibili per lo più maschi e calati dall’alto sulla base di accordi di vertice tra le segreterie di quattro partiti, alcuni dei quali in netto contrasto con le istanze programmatiche di Cambiare si può, tanto che fino al giorno prima hanno provato a far parte della coalizione del centrosinistra. È poi, come si può avere come capolista un politico che da ministro ha sostenuto e promosso il programma delle Grandi Opere, compreso il Tav e ha difeso l’operato delle forze dell’ordine che hanno compiuto i massacri del G8 di Genova, ostacolando in ogni modo la ricerca della verità anche in Parlamento? E altro ancora. Questa lista non può essere “la nostra lista”. Essa non rappresenta quella prospettiva di reale discontinuità sia nei contenuti che nelle forme radicalmente democratiche che noi auspicavamo. Lo diciamo senza ostilità, e naturalmente rispettando la volontà dell’oltre 60% degli aderenti di continuare la trattativa con la lista Ingroia. Alcuni di noi, pur riconoscendo che quella lista non riflette il nostro progetto, la voteranno, e auspicano che si possano introdurre tra i candidati persone davvero espressione di una cittadinanza attiva. Altri faranno scelte elettorali diverse.
3. Quel che c’è da fare.
Crediamo che il percorso delineato da Cambiare si può comunque debba continuare al di là delle elezioni, certi che esista la necessità di un radicale rinnovamento. A questa necessità – indipendentemente dalle posizioni sulla lista Ingroia – vogliamo rispondere promuovendo una rete dove meticciare le identità, con forme di partecipazione rese accessibili a tutte e a tutti, vera cessione di potere, spazio di democrazia di prossimità, luogo di costruzione di comunità accoglienti, sobrie, solidali. Forse uno spazio così, un luogo così complicato e attraente, aveva poche possibilità, in generale, di formarsi in un clima elettorale, e in questo clima elettorale in particolare. Forse abbiamo preteso troppo da noi stessi e dagli altri. E’ indubbio che ne usciamo, almeno nell’immediato, con un esito negativo. Ma crediamo che questo percorso, con tutta la sua carica positiva di impegno, partecipazione e confronto, vada proseguito. Perciò già da subito continueremo ad adoperarci, insieme a tutte e tutti i firmatari dell’appello e ai partecipanti alle assemblee con entusiasmo, a dar vita ad un progetto politico e sociale radicalmente nuovo.
Andrea Bagni – Lorenzo Bicchi – Emilio Chiaberto – Ylenia Da Valle – Gianna De Masi – Donatella Della Porta – Flavia Fortunati – Dario Fracchia – Luciano Gallino – Sergio Labate – Rino Marceca – Teresa Masciopinto – Ugo Mattei – Andrea Morniroli – Clizia Nicolella- Rosangela Paparella – Riccardo Petrella – Nicoletta Pirotta – Leana Quilici – Marco Rovelli – Giuseppe Sergi – Giacomo Sferlazzo – Paolo Sollier – Guido Viale – Laura Vigni – Attilio Wanderlingh.

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