domenica 23 dicembre 2012

cambiare si può, cambiare si deve, cambiare chissà


… Un paio di mesi fa Monti ha ammesso di essere consapevole che l'impatto delle sue manovre - secondo lui necessarie per far riguadagnare credibilità all'Italia ed evitare il baratro - è stato recessivo; e infatti l'economia è ulteriormente crollata nell'ultimo anno. Ha detto che per l'Italia non bastava l'aspirina, ma una medicina forte: una sorta di "cura da cavallo" che rischia però di far stramazzare anche il cavallo. Nel frattempo non ha fatto niente per invertire le tendenze recessive alimentate dalle sue politiche: nessuna misura per il lavoro (bensì contro il lavoro) e nessun investimento pubblico vero per lo sviluppo.
Ha però salvato i più ricchi evitando di fare la patrimoniale, ha premiato la casta dei generali permettendogli di spendere nei prossimi anni 13 miliardi di euro per i cacciabombardieri F35, ha graziato le banche facendo marcia indietro sui provvedimenti a favore dei cittadini (portabilità dei mutui, tasso di usura, trasparenza per le commissioni bancarie) e destinando quasi 4miliardi e mezzo per salvare il Monte dei Paschi di Siena.
Eppure altre politiche -alternative alle misure previste dalla legge di stabilità- sarebbero state possibili, come ha evidenziato Sbilanciamoci nella sua ultima "controfinanziaria" (www.sbilanciamoci.org), se invece della politica neoliberista e di austerity fosse prevalsa (in Italia, ma anche in Europa) un'idea diversa di politica economica: anticiclica, riformista, keynesiana. Una politica che avrebbe dovuto mettere al centro la redistribuzione della ricchezza, un piano del lavoro come quello proposto dalla Cgil e un programma di interventi pubblici per rilanciare l'economia. Si è perso un anno di tempo ed è finalmente ora che il governo passi in altre mani affinché si riapra una prospettiva di cambiamento con la quale far ripartire il paese.(Giulio Marcon)

Tutto deve passare dalle assemblee: i candidati, dunque, e il programma. In questo senso, i dieci punti di Ingroia fanno abbondantemente dei passi indietro rispetto all'appello di "Cambiare si può". Non si parla di antiliberismo, ma ci si riferisce a un generico e vago "riformismo" (significante vuotissimo, buono per tutti gli usi e tutte le stagioni). Si parla addirittura, a proposito di scuola, di mettere al centro il "merito" (ovvero la testa d'ariete ideologica dell'attacco alla scuola pubblica portato avanti in questi anni). Così come ambiguo è il sesto punto sull'impresa, che pare riproporre il mito liberal-democratico di un'impresa "libera da lacci e lacciuoli". Ma se si accettasse il metodo proposto, di queste cose se ne discuterebbe in assemblea. E anche su questo, "Cambiare si può" è stato netto: il suo progetto è radicalmente estraneo e alternativo a quello del cosiddetto centrosinistra. Su questo non c'è e non ci può essere discussione possibile. Non ci può essere unità con chi vuole fare la sinistra del centrosinistra (peraltro una dirigente del Pdci ha onestamente dichiarato che con "Cambiare si può" non ha alcuna intenzione di andare avanti, perché appunto loro si rivolgono al Pd, e vogliono un'alleanza con esso). Mi auguro che all'assemblea del Capranica si farà chiarezza, all'interno di quell'agitato mondo di piccoli partiti che ancora non hanno capito la dimensione abissale della crisi della rappresentanza, né che non siamo più nella prima Repubblica, che il mondo ha radicalmente mutato forma, e che le forme della politica non possono più restare le stesse. E vedremo che cosa dirà Ingroia, da quale parte sceglierà di stare. Ma a prescindere da come andrà al Capranica, io sono certo che "Cambiare si può" (che preferirei diventasse "Cambiare si deve") saprà stare saldo sulla propria proposta, consapevole che se l'intenzione è quella di lavorare sui fondamenti della politica, questo non è un compito che possa esaurirsi in un mese. Ancora una volta, eventualmente, si tratterà di prendere esempio dai movimenti, e fare il lavoro della vecchia talpa. (Marco Rovelli)

… Si è dunque giunti alla vigilia delle elezioni con un processo unificante che risultava dal sostanziale fallimento di tutti i disegni perseguiti dai leader politici della futura lista arancione. Il ritardo è dunque un fatto politico che viene proprio dal non aver voluto, per scelta o tatticismo, costruire in tempo una vera alternativa a Monti e a chi lo sostiene. Affermo questo con la rabbia di chi insieme a tanti altri ha provato per un anno a costruire sul campo una forza ed una risposta alternativa. E che ha visto il 31 marzo a Milano e soprattutto il 27 ottobre a Roma delinearsi una possibilità reale di successo.
Ma non è andata così, la piattaforma antiliberista e anticapitalista e le forze organizzate di quelle manifestazioni evidentemente sono state valutate come troppo radicali, troppo in rottura col quadro politico e anche sindacale di centro sinistra, avrebbero potuto essere forze di complemento, ma non il nucleo dell'alternativa.
L'appello 'Cambiare si Può' ha avuto il merito di rompere gli indugi in un campo depresso dall'attendismo e dalle manovre incrociate. Tuttavia non ha trovato il coraggio di misurarsi apertamente con tutte le forze della reale opposizione a Monti, ed è ora posto in secondo piano rispetto alla lista arancione.
Ora Ingroia dovrebbe supplire con il prestigio della sua figura al ritardo accumulato, ma con quale progetto? Francamente i dieci punti di 'Io ci sto' mi sembrano deboli o peggio, se non per quanto riguarda la rivendicazione della giustizia contro la mafia e la corruzione. Il punto sesto per la libertà d'impresa è poi proprio inaccettabile. Non vedo l'alternatività di questa piattaforma a quella di Bersani. Mentre ne colgo la radicalizzazione sul piano della legalità, non vedo quasi nulla che non potrebbe essere fatto proprio da altri del centrosinistra, specie in campagna elettorale.
Non si accenna all'Europa, al fiscal compact all'austerità, ma davvero si pensa di costruire il quarto polo rivendicando un anti berlusconismo più radicale e coerente di quello del centrosinistra? No, non è questa la via per ripartire e per rompere un regime che già ha assegnato gran parte dei ruoli in gioco.
Siccome il tempo è poco, si corregga in fretta. Innanzitutto sul programma: il punto di partenza di qualsiasi alternativa oggi è il rifiuto delle politiche di austerità, comunque declinate, e la conseguente denuncia dei trattati firmati da Monti e rivendicati da Giorgio Napolitano. In Europa ci si divide su questo, in Italia finora no ed è per questa ragione che il partito democratico non paga quel dazio che invece tocca a tutti i suoi simili che negli altri paesi occidentali praticano le politiche liberiste. In secondo luogo si pratichi davvero quella democrazia che si rivendica, si facciano vere primarie per il leader della lista e per i principali candidati.
Se non si cambia rapidamente rotta, la generosità di tanti non sarà sufficiente a impedire che il quarto polo venga triturato da queste elezioni tra le meno libere e trasparenti della storia repubblicana.(Giorgio Cremaschi)

2 commenti:

  1. insomma, Monti ha candidamente detto che ci stiamo tutti quanti facendo di ketamina!! che simpaticone.

    comunque ora ha aperto alla patrimoniale, vedremo da marzo 2013 cosa se ne fa....
    per le politiche keynesiane, sono d'accordo. ma dobbiamo anche capire che non possiamo più continuare con questi stili di vita consumistici (sia in privato che in pubblico). servirebbe un nuovo Keynes...

    Non ho seguito il programma di "cambiare si può", perchè provo una certa insofferenza verso questi movimenti nati al ridosso delle elezioni e provo un certo fastidio per i magistrati in piena carriera che decidono di candidarsi, legittimo ma poco opportuno. specie per un personaggio tanto al centro dell'attenzione come Ingroia (Grasso ha giusto il vantaggio di essere a fine carriera...)

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  2. anch'io temo per "Cambiare si può", paura che diventi una federazione delle federazioni...

    di Monti continuo a diffidare, come già dopo il primo mese

    la patrimoniale fatta dai ricchi...
    gli obesi tendono a far dimagrire gli altri

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