domenica 14 ottobre 2012

Atto di dolore di un giornalista - Gianni Zanata


Mio Padrone, mi pento e mi dolgo
O Padrone
Tu che mi concedi la grazia e l’onore di poter lavorare ogni giorno nella Tua Azienda, nella Tua splendida azienda, anche se talvolta lo splendore noi non lo vediamo, noi, ciechi e umili dipendenti, perché non siamo in grado di comprendere la Tua parola di mestizia e di sconforto
noi non capiamo che se tutto va a rotoli, se non fai investimenti, se mandi via i collaboratori, se ami circondarti di persone incompetenti, se non hai una struttura commerciale in grazia di Dio (e scusa se oso nominare il Tuo competitor), se non ci consenti di svolgere il nostro lavoro come sappiamo, come sapremmo e come dovremmo fare, se Tu ti ostini a modificare ruoli e mansioni del personale, se Tu insulti la nostra intelligenza, se pretendi di fare carta straccia delle regole e dei contratti di lavoro, noi non capiamo che se mortifichi le nostre professionalità è soltanto per il nostro bene
noi, insipido popolino, ciurmaglia di bassa redazione, non lo capiamo, non siamo in grado di capire...

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