domenica 22 luglio 2012

Oratorio bizantino - Franco Arminio

un libro da leggere piano, fermandosi, riprendendolo, senza fretta.
denso, concreto e poetico insieme.
come non leggerlo? - franz



Quanti libri politici escono ogni mese in Italia? Cinque, dieci, cinquanta? Forse meno, forse di più. Di certo nessuno somiglia a questo libro scritto da Franco Arminio: Oratorio bizantino (Ediesse). Nessuno possiede la forza e la verità di parola del paesologo di Bisaccia, Irpinia d’Oriente. Lo scrive Franco Cassano, filosofo meridionale, osservatore acuto del nostro Sud, quando ci spiega nella sua prefazione come il poeta irpino si opponga alla “planetaria fornicazione dei mediocri”, quella che incrementa al Sud come al Nord il bottino privato, arraffando dal pubblico secondo i propri interessi personali e di gruppo. Di più, da questa fornicazione procede la politica attuale, una politica non-politica, che trasforma tutto in affare, in carriera e compromessi, che presenta come sano senso della realtà la tecnica della spartizione del bottino…


Lettera all’Irpinia
     Cara Irpinia
     Terra di nuvole e silenzio,
     Ti scrivo da una strada di Avellino che si chiama corso Europa, una strada dove sta iniziando il traffico della mattina. Si annuncia una bella giornata di sole, ma pochi dei tuoi figli se ne accorgeranno: si parlerà, parleremo anche oggi del frastuono che produciamo con le nostre frasi che stanno nell’aria e non si posano da nessuna parte. La politica è un polline che produce allergie, un polline sottile, invisibile, che entra dappertutto, nelle case, si posa sulle giacche, sulla testa, sulle ciglia.
     Tu, cara Irpinia, non vorresti che i tuoi figli ti squarciassero il ventre con nuove strade, non ti opprimessero il corpo con il peso di altri palazzi.
     Ti piace chi ara e semina, chi sa potare un albero, chi pianta una vigna. Ti piace chi legge, chi vive la sua vita in una quieta passione, guardando i figli che crescono, i genitori che muoiono. Guardare e aiutare. Commuoversi e aiutarsi. Essere dolci.
     Cara Irpinia, i tuoi figli ti hanno sempre combattuta e questo ha seminato nel loro sangue paura e diffidenza. Ma adesso c’è bisogno di amare l’epoca stracciata in cui ci troviamo, c’è bisogno di ricucirla giorno per giorno, ora per ora. È questa la rivoluzione a cui siamo chiamati. Ci vuole una tensione religiosa, un’adesione alla sacralità del reale.
     La politica in tutto il mondo e anche in questo angolo piccolo non dice alle creature del mondo di fermarsi, di raccogliersi e abbracciarsi, ma istiga a produrre nuove merci e a consumarle. Viviamo in un delirio in cui l’unica grande moneta che possediamo, la terra tonda, viene nascosta dai coriandoli prodotti dalle zecche di stato.
     Tra quelli che pretendono di curarti, cara Irpinia, ci sono persone di cui non abbiamo alcun bisogno, mestieranti della politica che vengono da un tempo in cui si pensava che il mondo voleva essere modernizzato. Invece il mondo voleva semplicemente fare il suo mestiere che è quello di essere un mistero, un mistero in cui girano per un poco, per un attimo tutte le nostre vite.
     Non ti chiediamo niente, cara Irpinia. Vogliamo solo farti compagnia, festeggiarti, lo facciamo anche per chi sta nelle spine di una malattia, anche per chi resta nel groviglio delle sue miserie spirituali.
     Quello che ci puoi dire tu, è che dobbiamo finalmente disubbidire alle nostre debolezze e alle nostre paure. Eccola la nostra politica, l’abbiamo trovata.
     Noi vogliamo andare dietro il paesaggio, vogliamo servirlo.
     Siamo noi, cara Irpinia, che continueremo ad amare ogni tuo angolo e non importa se non faremo abbastanza, se non saremo lucidi e composti.
     Saremo attenti, ti porteremo attenzione. Perché l’amore è attenzione, perché la politica è raccogliersi e pensare insieme a cosa vogliamo, a cosa possiamo diventare.

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