sabato 10 dicembre 2011

Per un'altra Europa

 Proponiamo cinque obiettivi da cui partire:
Ridimensionare la finanza. La finanza – all’origine della crisi – dev’essere messa nelle condizioni di non devastare più l’economia. L’Unione monetaria dev’essere riorganizzata e deve garantire collettivamente il debito pubblico dei paesi che adottano l’euro; non può essere accettato che il peso del debito distrugga l’economia dei paesi in difficoltà. Tutte le transazioni finanziarie devono essere tassate, devono essere ridotti gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, una regolamentazione più stretta deve impedire le attività più speculative e rischiose, si deve creare un’agenzia di rating pubblica europea.
Integrare le politiche economicheOltre a mercato e moneta servono politiche comuni in altri ambiti, che sostituiscano il Patto di Stabilità e Crescita, riducano gli squilibri, cambino la direzione dello sviluppo.
In campo fiscale occorre armonizzare la tassazione in Europa, spostando il carico fiscale dal lavoro alla ricchezza e alle risorse non rinnovabili, con nuove entrate che finanzino la spesa a livello europeo. La spesa pubblica – a livello nazionale e europeo – dev’essere utilizzata per rilanciare la domanda, difendere il welfare, estendere le attività e i servizi pubblici.
Le politiche industriali e dell’innovazione devono orientare produzioni e consumi verso maggiori competenze dei lavoratori, qualità e sostenibilità. Gli eurobond devono essere introdotti non per rifinanziare il debito, ma per finanziare la riconversione ecologica dell’economia europea, con investimenti capaci di creare occupazione e tutelare l’ambiente.
Aumentare l’occupazione, tutelare il lavoro, ridurre le disuguaglianze.I diritti del lavoro e il welfare sono elementi costitutivi dell’Europa. Dopo decenni di politiche che hanno creato disoccupazione, precarietà e impoverimento, e hanno riportato le disuguaglianze in Europa ai livelli degli anni trenta, ora serve mettere al primo posto sia la creazione di un’occupazione stabile, di qualità, con salari più alti e la tutela dei redditi più bassi che la democrazia e la contrattazione collettiva.
Proteggere l’ambiente.La sostenibilità, l’economia verde, l’efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia devono essere il nuovo orizzonte dello sviluppo europeo. Tutte le politiche devono tener conto degli effetti ambientali, ridurre il cambiamento climatico e l’uso di risorse non rinnovabili, favorire le energie pulite, le produzioni locali, la sobrietà dei consumi.
Praticare la democrazia. La forme della democrazia rappresentativa e della democrazia solciale attraverso partiti, rappresentanza sociale e governi nazionali, sono sempre meno capaci di dare risposte ai problemi. A livello europeo, la crisi toglie legittimità alle burocrazie – Commissione e Banca centrale – che esercitano poteri senza risponderne ai cittadini, mentre il Parlamento europeo non ha ancora un ruolo adeguato. In questi decenni la società civile europea ha sviluppato movimenti sociali e pratiche di democrazia partecipativa e deliberativa – dalle mobilitazioni dei Forum sociali alle proteste degli indignados in molti paesi – che hanno dato ai cittadini la possibilità di essere protagonisti. Queste esperienze hanno bisogno di una risposta istituzionale. Occorre superare il divario tra i cambiamenti economici e sociali di oggi e gli assetti istituzionali e politici che sono fermi a un’epoca passata. L’inclusione sociale e politica dei migranti è una condizione imprescindibile di promozione della convivenza civile e rappresenta un’opportunità per l’inclusione dell’area europea dei movimenti dell’Africa mediterranea che hanno rovesciato regimi autoritari.
Fare la pace. L’integrazione europea ha consentito di superare molti conflitti, ma l’Europa resta responsabile della presenza di armi nucleari e di un quinto della spesa militare mondiale: 316 miliardi di dollari nel 2010. Con gli attuali problemi di bilancio, drastici tagli e razionalizzazioni della spesa militare sono indispensabili. L’Europa deve costruire la pace intorno a sé con una politica di sicurezza umana anziché di proiezione di forza militare. L’Europa si deve aprire alle nuove democrazie del Medio oriente, così come si era aperta ai paesi dell’Europa dell’est. Si deve aprire ai migranti riconoscendo i diritti di tutti i cittadini del mondo.
Le mobilitazioni dei cittadini, le esperienze della società civile, del sindacato e dei movimenti che hanno costruito quest’orizzonte diverso per l’Europa devono ora trovare ascolto nelle forze politiche e nelle istituzioni nazionali ed europee.
Trent’anni fa, all’inizio della “nuova guerra fredda” tra est e ovest, l’Appello per il disarmo nucleare europeo lanciava l’idea di un’Europa libera dai blocchi militari e chiedeva di “cominciare ad agire come se un’Europa unita, neutrale e pacifica già esistesse”. Oggi, nella crisi dell’Europa della finanza, dei mercati, della burocrazia, dobbiamo lanciare l’idea e le pratiche di un’Europa egualitaria, di pace, verde e democratica.

5 commenti:

  1. belle proposte, che condivido in larga parte.
    credo ti possa interessare questa discussione: http://www.politicaresponsabile.it/temi/44/la-crisi-europea-.html

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  2. dici:"La crisi odierna è il frutto di anni di inattività, tentennamenti e compromessi."

    è proprio vero, non esistono le sorprese, a ogni azione o non azione corrisponde qualcosa più avanti nel tempo.

    le emergenze. politiche ed economiche, non esistono, tutto è sempre già scritto prima.

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  3. sul fatto che sia tutto già scritto nelle nostre azioni dissento, almeno un pò (e mi rimando a Albert-Lazslo Barabasi "lampi" che recensirò a breve per sostenere il contrario)

    concordo comunque sul fatto che le conseguenze si vedono sempre, dopo. non a caso i greci dicevano che "le colpe dei padri ricadono sui figli".
    le emergenze sono solo il frutto della mancata preparazione: come l'alluvione veneta (in emilia non è successo, perchè c'erano i campi di sfogo) come Fukushima o Cernobil, come questa crisi economica.
    il buon vecchio Baden-Powell diceva (parlando del meteo, ma si adatta bene): "non esiste buono o cattivo tempo, solo buono o cattivo equipaggiamento"... troppo spesso semplicemente non siamo equipaggiati

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  4. tutto è troppo, lo ammetto, ma molto sì.

    se si costruiscono bombe da 50.000 dollari l'una una qualche lobby è possibile che spinga per usarle, ecco la spiegazione di qualche guerra, per quella fabbrica solo rotazione del magazzino

    se qualche banca centrale stampa moneta a più non posso, con tassi di sconto vicino allo zero e con tassi di crescita risibili, da qualche parte ci sarà uno sfogo, magari nel mercato immobiliare e nei titoli tossici.

    quando succede qualche grosso problema a posteriori non è difficile trovarne le cause, la bravura dei policy makers sta nel prendere decisioni che hanno alte probabilità di creare grandi problemi.

    senza dimenticare la vanità di certi "statisti" che per ambizioni varie, portano i loro paese davvero in basso.

    se si chiede a qualcuno, anche "laureato", direbbe Montale, di fare qualche nome di governanti scandinavi degli ultimi 60 anni avrebbe difficoltà, pur essendo paesi che per qualità di vita e welfare sono da moltissimo ai primi posti nel mondo.

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  5. già, in compenso se si chiedesse a qualsiasi scandivano di nominare qualcuno dei nostri premier degli ultimi 60 anni ci riuscirebbe benissimo!

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