martedì 23 aprile 2024

Non evitare le parole: “Genocidio”, “Pulizia Etnica” e “Territorio Occupato”

 

Gaza. 1944


articoli e video di Michael Hudson, Richard Falk, Elena Basile, Jonathan Cook, Bruna Bianchi, Human Right Watch, Jeremy Scahill, Ryan Grim, Ariella Aïsha Azoulay, Tamir Sorek, Linda Xheza, Pepe Escobar, Clara Statello



Un documento trapelato dal New York Times su Gaza dice ai giornalisti di evitare le parole: “Genocidio”, “Pulizia Etnica” e “Territorio Occupato” – Jeremy Scahill e Ryan Grim

Il New York Times ha dato istruzioni ai giornalisti che si occupavano della guerra di Israele nella Striscia di Gaza di limitare l’uso dei termini “Genocidio” e “Pulizia Etnica” e di “evitare” di usare l’espressione “Territorio Occupato” nel descrivere la terra palestinese, secondo una copia trapelata di un documento interno.

La circolare interna dà inoltre istruzioni ai giornalisti di non usare la parola Palestina “tranne in casi molto rari” e di evitare il termine “Campi Profughi” per descrivere le aree di Gaza storicamente abitate da palestinesi sfollati espulsi da altre parti della Palestina durante le precedenti guerre arabo-israeliane. Le aree sono riconosciute dalle Nazioni Unite come campi profughi e ospitano centinaia di migliaia di rifugiati registrati.

Il documento, scritto dal principale editore del Times Susan Wessling, dall’editore internazionale Philip Pan e dai loro delegati, “offre indicazioni su alcuni termini e altre questioni con cui ci siamo confrontati dall’inizio del conflitto in ottobre”.

Sebbene il documento sia presentato come uno schema per mantenere principi giornalistici oggettivi nel riferire sulla guerra di Gaza, diversi membri del personale del Times hanno dichiarato che alcuni dei suoi contenuti mostrano prove della passività del giornale nei confronti delle narrazioni israeliane.

“Penso che sia il genere di cose che sembrano professionali e logiche se non si ha conoscenza del contesto storico del conflitto israelo-palestinese”, ha detto un giornalista della redazione del Times, che ha chiesto l’anonimato per timore di ritorsioni, riguardo il documento su Gaza. “Ma se lo sai, sarà chiaro quanto sia dispiaciuto per Israele”.

Inviata per la prima volta ai giornalisti del Times a novembre, la guida, che raccoglieva e ampliava le precedenti direttive sul conflitto israelo-palestinese, è stata regolarmente aggiornata nei mesi successivi. Presenta una finestra interna sul pensiero degli editori internazionali del Times mentre affrontano gli sconvolgimenti all’interno della redazione che circondano la copertura del giornale sulla guerra di Gaza…

continua qui

 

 

La Nakba ha colpito anche gli ebrei – Ariella Aïsha Azoulay

Intervista di Linda Xheza

La regista e accademica ebrea-palestinese Ariella Aïsha Azoulay sostiene che le potenze occidentali si sono servite del sionismo per liberarsi delle comunità sopravvissute alla Shoah e al tempo stesso razzializzare i palestinesi

Nata in Israele, Ariella Aïsha Azoulay, regista, curatrice e accademica, rifiuta l’identità israeliana. Prima di diventare israeliana all’età di diciannove anni, sua madre era semplicemente un’ebrea palestinese. Per gran parte della storia non c’è stato nulla di strano in questa combinazione di parole. In Palestina, per secoli, una minoranza ebraica ha convissuto pacificamente accanto alla maggioranza musulmana.

La situazione è cambiata con il movimento sionista e la fondazione di Israele. La pulizia etnica degli ebrei dall’Europa ha condotto, grazie ai sionisti europei, non solo a quella dei musulmani dalla Palestina ma anche degli ebrei del resto del Medio Oriente, con quasi un milione di persone in fuga a seguito della guerra arabo-israeliana del 1948, molti dei quali in Israele.

Azoulay, professoressa di letteratura comparata alla Brown e autrice di Potential History: Unlearning Imperialism (Verso, 2019), contestualizza il genocidio di Israele a Gaza nella lunga storia dell’imperialismo europeo e statunitense

Ti definisci ebrea palestinese. Potresti dirci di più a riguardo? Per molte persone queste parole sono in opposizione.

Il fatto che questi termini siano intesi come mutualmente esclusivi o in opposizione, come suggerisci, è un sintomo di due secoli di violenza. Nel giro di poche generazioni, diversi ebrei che vivevano in tutto il mondo sono stati privati dei loro vari attaccamenti alla terra, alle lingue, alle comunità, alle occupazioni e alle forme di condivisione del mondo.

La questione che dovrebbe preoccuparci non è come dare un senso alla presunta impossibilità di un’identità ebraico-palestinese, ma piuttosto il contrario: com’è possibile che l’identità fabbricata conosciuta come israeliana sia stata riconosciuta come normale da molti in tutto il mondo dopo la creazione dello stato in Israele nel 1948? Questa identità non oscura soltanto la storia e la memoria delle diverse comunità e forme di vita ebraica, oscura anche la storia e la memoria di ciò che l’Europa ha fatto agli ebrei in Europa, in Africa e in Asia nei suoi progetti coloniali.

Israele ha un interesse condiviso con quelle potenze imperiali a oscurare il fatto che «lo Stato di Israele non è stato creato per la salvezza degli ebrei; è stato creato per la salvezza degli interessi occidentali», come scrisse James Baldwin nel 1979 nella sua Lettera aperta ai rinati. Nel suo testo, Baldwin paragona lucidamente il progetto coloniale euro-americano per gli ebrei al progetto americano per i neri in Liberia: «Gli americani bianchi responsabili dell’invio di schiavi neri in Liberia (dove sono ancora schiavi per la piantagione di gomma Firestone) non l’hanno fatto per liberarli. Li disprezzavano e volevano liberarsene».

Prima della proclamazione dello Stato di Israele e del suo immediato riconoscimento da parte delle potenze imperiali, l’identità ebraico-palestinese era una delle tante che esistevano in Palestina. Il termine «palestinese» non aveva ancora un significato razzializzato. I miei antenati materni, che furono espulsi dalla Spagna alla fine del XV secolo, finirono in Palestina prima che il movimento euro-sionista iniziasse le sue azioni lì e prima che il movimento iniziasse gradualmente a confondere l’assistenza agli ebrei in risposta agli attacchi antisemiti in Europa con l’imposizione di un progetto di colonizzazione sul modello europeo a cui gli ebrei possono partecipare – un progetto non solo interpretato come liberazione ebraica ma basato sulla crociata europea contro gli arabi. La decolonizzazione richiede il recupero delle identità plurali che un tempo esistevano in Palestina e in altri luoghi dell’Impero Ottomano, in particolare quelle in cui ebrei e musulmani coesistevano.

Nel tuo film più recente, The World Like a Jewel in the Hand, parli della distruzione di un mondo ebraico-musulmano condiviso. Metti in primo piano l’appello degli ebrei che, alla fine degli anni Quaranta, rifiutarono la campagna sionista europea e esortarono i loro compagni ebrei a resistere alla distruzione della Palestina. Considerata la recente distruzione di vite umane, infrastrutture e monumenti a Gaza, pensi che sia ancora possibile per ebrei e musulmani rivendicare un mondo condiviso?

Innanzitutto c’è la storia. I sionisti hanno cercato di cancellare per sempre dalla nostra memoria questo appello degli ebrei antisionisti. Questi anziani ebrei facevano parte di un mondo ebraico-musulmano e non volevano allontanarsene. Mettevano in guardia contro il pericolo che il sionismo rappresentava per gli ebrei come loro in tutto il mondo che esisteva tra il Nord Africa e il Medio Oriente, compresa la Palestina.

Dobbiamo ricordare che fino alla fine della Seconda guerra mondiale, il sionismo era un movimento marginale e poco importante tra i popoli ebrei di tutto il mondo. Quindi, fino a quel momento, i nostri anziani non dovevano nemmeno opporsi al sionismo; potevano semplicemente ignorarlo. Fu solo dopo la Seconda guerra mondiale, quando gli ebrei sopravvissuti in Europa – che per la maggior parte non erano sionisti prima della guerra – non avevano quasi nessun posto dove andare, che le potenze imperiali euro-americane colsero l’opportunità di sostenere il progetto sionista. Per loro, si trattava di una valida alternativa alla permanenza degli ebrei in Europa o alla migrazione negli Stati uniti, e utilizzarono gli organismi internazionali da loro creati per accelerarne la realizzazione.

Così facendo, propagarono la menzogna secondo cui le loro azioni costituivano un progetto di liberazione ebraica, mentre, in realtà, questo progetto perpetuava lo sradicamento di diverse comunità ebraiche lontano dall’Europa. E, cosa ancora peggiore, la liberazione ebraica venne usata come licenza e motivo per distruggere la Palestina. Ciò non avrebbe potuto essere perseguito senza che un numero crescente di ebrei diventassero mercenari d’Europa: gli ebrei che erano emigrati in Palestina mentre fuggivano dal genocidio in Europa o dopo essere sopravvissuti, gli ebrei palestinesi che precedettero l’arrivo dei sionisti e quegli ebrei che furono attirati a venire in Palestina o non avevano altra scelta se non quella di abbandonare il mondo ebraico-musulmano da quando Israele è stato istituito, con un programma chiaro: essere uno stato anti-musulmano e anti-arabo. Tutti sono stati spinti dall’Europa e dai sionisti europei a vedere arabi e musulmani come loro nemici.

Non dobbiamo dimenticare che i musulmani e gli arabi non sono mai stati nemici degli ebrei e, inoltre, che molti di questi ebrei che vivevano nel mondo a maggioranza musulmana erano essi stessi arabi. È solo con la creazione dello Stato di Israele che queste due categorie – ebrei e arabi – si escludono a vicenda.

La distruzione di questo mondo ebraico-musulmano in seguito alla Seconda guerra mondiale permise l’invenzione di una tradizione giudaico-cristiana, che sarebbe diventata, da quel momento in poi, una realtà, poiché gli ebrei non vivevano più al di fuori del mondo cristiano occidentale. La sopravvivenza di un regime ebraico in Israele richiedeva più coloni, e quindi gli ebrei del mondo ebraico-musulmano furono costretti ad andarsene per diventare parte di questo stato etnico. Distaccati e privati delle loro storie ricche e diversificate, finirono per essere socializzati al ruolo assegnato loro dall’Europa: mercenari di questo regime coloniale di insediamento per ripristinare il potere occidentale in Medio Oriente.

Comprendere questo contesto storico non riduce la responsabilità degli autori sionisti per i crimini commessi contro i palestinesi nel corso dei decenni; piuttosto, ricorda il ruolo dell’Europa nella distruzione e nello sterminio delle comunità ebraiche principalmente, ma non solo, in Europa, e il suo ruolo nella consegna della Palestina ai sionisti, i presunti rappresentanti dei sopravvissuti a questo genocidio che formarono una postazione occidentale per questi stessi attori europei in Medio Oriente.

Paradossalmente, l’unico posto al mondo in cui ebrei e arabi – la maggior parte dei quali musulmani – condividono oggi lo stesso pezzo di terra è tra il fiume e il mare. Ma dal 1948 questo luogo è stato caratterizzato dalla violenza genocida. Le domande urgenti ora sono come fermare il genocidio e come fermare l’introduzione di più armi in quest’area.

Ne La banalità del male, Hannah Arendt descrive i sentimenti contraddittori provati dagli ebrei sopravvissuti all’Olocausto durante gli anni trascorsi nei campi per sfollati in Europa. Da un lato, sosteneva, l’ultima cosa che potevano immaginare era di vivere ancora una volta con gli autori del reato; d’altra parte, disse, la cosa che desideravano di più era tornare ai loro posti. Non dovrebbe sorprenderci che, dopo questo genocidio a Gaza, i palestinesi potrebbero non essere in grado di immaginare di condividere un mondo con i loro autori, gli israeliani. Tuttavia, è questa una prova che anche questo mondo, dove arabi ed ebrei sionisti si sono ritrovati insieme, dovrebbe essere distrutto per ricostruire la Palestina dalle ceneri? È solo nell’immaginazione politica imperiale euro-americana che una tragedia della portata della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto avrebbe potuto concludersi con soluzioni brutali come le spartizioni, i trasferimenti di popolazione, l’indipendenza etnica e la distruzione di mondi.

Noi, su scala globale, abbiamo l’obbligo di rivendicare quello che ho chiamato il diritto a non essere autori di reati e di esercitarlo in ogni modo possibile. Lavoratori portuali che si rifiutano di spedire armi in Israele, studenti che si impegnano in scioperi della fame per fare pressione sulle loro università affinché disinvestano dalle aziende che traggono profitto dalle violazioni dei diritti umani in Palestina, ebrei che sconvolgono le loro comunità e famiglie e rivendicano i loro diritti ancestrali di essere e parlare come antisionisti, manifestanti che occupano edifici statali e stazioni ferroviarie e rischiano di essere arrestati: sono tutti motivati da questo diritto anche se non lo articolano in questi termini. Capiscono il ruolo che i loro governi, e più in generale i regimi sotto i quali sono governati come cittadini, svolgono nella perpetuazione di questo genocidio, e capiscono, come recita lo slogan, che ciò viene fatto in loro nome.

Sono ebrei anche coloro che chiedono il cessate il fuoco. Ma anche le voci ebraiche vengono messe a tacere. In Germania, ad esempio, il lavoro di artisti ebrei affermati è stato cancellato. Pensi che ci sia un interesse a rafforzare una narrativa dominante in vigore dal 1948 da parte dell’Occidente e dello Stato di Israele, sopprimendo al tempo stesso le voci ebraiche che si oppongono alla violenza perpetrata in loro nome?

È vero che le voci ebraiche vengono messe a tacere, non è certo una novità. Le voci degli ebrei furono messe a tacere subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando ai sopravvissuti non fu lasciata altra scelta se non quella di rimanere per anni nei campi sradicati. Durante quel periodo, le proprietà saccheggiate dalle loro comunità, anziché essere restituite ai luoghi europei da cui erano state depredate, furono divise come trofei dalla Biblioteca nazionale di Gerusalemme e dalla Biblioteca del Congresso di Washington. E non solo il trauma collettivo dei sopravvissuti – e di noi, i loro discendenti – non è stato preso in considerazione, ma siamo stati messi a tacere attraverso questa menzogna di un progetto di liberazione basato su una narrativa sionista di liberazione attraverso la colonizzazione della Palestina, che a sua volta avrebbe fornito alle potenze euro-americane un’altra colonia al servizio dei propri interessi imperiali.

L’eccezionalizzazione della sofferenza degli ebrei non era un progetto discorsivo ebraico ma occidentale, parte dell’eccezionalizzazione della violenza genocida dei nazisti. Nella grande narrazione del trionfo occidentale su questa forza estrema del male, lo Stato di Israele è diventato un emblema della forza d’animo occidentale e ha segnato la resistenza del progetto imperiale euro-americano. All’interno di questa grande narrazione, gli ebrei furono costretti a trasformarsi da sopravvissuti traumatizzati in carnefci. Ebrei provenienti da tutto il mondo furono inviati per vincere una battaglia demografica, senza la quale il regime israeliano non avrebbe potuto durare. La seconda e la terza generazione nate da questo progetto sono nate senza storie o ricordi dei loro antenati antisionisti o non sionisti, per non parlare dei ricordi degli altri mondi di cui facevano parte i loro antenati. Inoltre, erano totalmente dissociati dalla storia di quella che era la Palestina e dalla sua distruzione. Pertanto, furono facili prede per uno stato-nazione commercializzato dai sionisti e dalle potenze euro-americane come il culmine della liberazione ebraica.

La Nakba, in questo senso, non è stata solo una campagna genocida contro i palestinesi ma, allo stesso tempo, anche contro gli ebrei, ai quali l’Europa ha imposto un’altra «soluzione» dopo quella finale. Senza i massicci finanziamenti e le armi delle potenze imperiali, le uccisioni di massa a Gaza sarebbero cessate in breve tempo, e gli israeliani avrebbero dovuto chiedersi cosa stavano facendo, come sono arrivati a questo punto, sarebbero stati costretti a fare i conti con il 7 ottobre e a chiedersi perché è successo e come si può realizzare una vita sostenibile per tutti tra il fiume e il mare.

Le voci ebraiche in luoghi come la Germania o la Francia continuano a essere le prime messe a tacere per mantenere sia la colonia sionista sia la coesione artefatta di un popolo ebraico rappresentato da forze che sostengono il progetto euro-americano di supremazia bianca. Ma la natura genocida del regime israeliano è stata svelata e non può più essere nascosta a nessuno.

Pensi che ci sia ancora una speranza per i palestinesi e per tutti noi che vogliamo rivendicare un mondo da condividere con gli altri?

Se non c’è speranza per i palestinesi, non c’è speranza per nessuno di noi. La battaglia della Palestina va oltre la Palestina, e i tanti che protestano in tutto il mondo lo sanno.

* Ariella Aïsha Azoulay è una saggista cinematografica, curatrice e professoressa di cultura moderna e letteratura comparata alla Brown University. Linda Xheza si occupa di fotografia e immigrazione alla Amsterdam School for Cultural Analysis, Università di Amsterdam. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.

da qui


continua qui


La Barbera, il poliziotto delle torture al G8 di Genova, persona fidata di De Gennaro, accusato di essere figura centrale del depistaggio sull’assassinio di Borsellino

 

La Barbera, uomo fidato di De Gennaro e dietro le quinte delle brutalità e torture poliziesche al G8 di Genova, era noto anche per come trattasse la devianza e la delinquenza comune a Roma al pare di nemici terroristi da sterminare senza darsi troppe preoccupazioni deontologiche e di rispetto delle norme democratiche. Ma ecco che adesso si scopre qualcosa in più: era anche a servizio della mafia come dei servizi deviati.

Figura centrale di questo depistaggio è Arnaldo La Barbera. Mi auguro di non sentire affermazioni, da parte della difesa, sul fatto che si processano i morti, chi non è in grado di difendersi, sugli schizzi di fango, così come fatto in primo grado. Perché al di là delle frasi ad effetto mi piacerebbe capire cosa dovrebbe fare un pubblico ministero quando c’è l’ipotesi di un’azione delittuosa concorsuale nel momento in cui la figura centrale è deceduta. “Dovremmo archiviare anche per gli altri? E nemmeno si possono omettere tutte le argomentazioni che riguardano la figura centrale“. Lo ha detto il pm Maurizio Bonaccorso, applicato alla procura generale, iniziando la sua requisitoria nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta nei confronti dei poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Tutti ex appartenenti al gruppo di indagine Falcone-Borsellino con a capo Arnaldo La Barbera.

“Dobbiamo partire – ha continuato Bonaccorso – dalle risultanze su Arnaldo La Barbera che ci danno l’immagine di un soggetto che è un ponte tra due mondi, quello di Cosa Nostra e quello dei servizi deviati, entrambi interessati al mancato accertamento della verità. Alla scorsa udienza ho iniziato la requisitoria parlando dell’anomala collaborazione, per non dire inquietante, tra la procura di Caltanissetta e il Sisde nella fase preliminare delle indagini.

Questa collaborazione nasce dall’ostinazione del dottore Tinebra, allora procuratore di Caltanissetta, che all’indomani della strage sollecitò una collaborazione con il Sisde. La cosa singolare è che l’attività del Sisde, anziché entrare in collisione con l’attività della Squadra Mobile di Palermo, si salda perfettamente con essa. Il Sisde veste di mafiosità Vincenzo Scarantino, che fino ad allora era stato un delinquente comune”. Vincenzo Scarantino era definito come un “picciotto” del quartiere della Guadagna che si occupava all’epoca di furtarelli e sigarette di contrabbando.

“Fondamentale è il tema dell’agenda rossa. Abbiamo una serie di fonti dichiarative che ci confermano l’importanza per Borsellino di questa agenda rossa. In questa agenda lui annotava una serie di riflessioni sulla strage di Capaci nella speranza di essere sentito a Caltanissetta”. Così il pm Maurizio Bonaccorso nella sua requisitoria fiume nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio, che si celebra a Caltanissetta in corte d’Appello.

“La signora Agnese Piraino Borsellino – ha continuato Bonaccorso – ha spiegato che, nella certezza di essere ucciso, Borsellino aveva cominciato a usare due agende, quella grigia e quella rossa, dove annotava sue riflessioni. Il secondo dato è la presenza dell’agenda rossa nella borsa di Borsellino il 19 luglio 1992. Abbiamo sul punto le dichiarazioni della dottoressa Borsellino che ci dice: papà aveva tre agende, una marrone, dove metteva qualche dato e numeri di telefono, l’altra grigia, dove annotava alcune cose, e quella rossa che per lui era importantissima.

Quella mattina aveva portato l’agenda con sé perché non verrà ritrovata a casa dei familiari. In macchina venne accompagnato dal figlio Manfredi che gli porta la borsa e gliela consegna. E l’agenda era in quella borsa. Quando Borsellino scende dalla macchina in via D’Amelio non ha con sé in mano l’agenda rossa. Primo perché lui guida la macchina e poi dalle testimonianze emerge che il dottore Borsellino, prima di andare a citofonare alla madre, si accende una sigaretta.

Quindi aveva in una mano la sigaretta e nell’altra l’accendino, quindi non poteva avere l’agenda in mano. Altro dato su quale abbiamo certezza è l’inesistenza di una seconda borsa di Borsellino”. “Altro dato significativo – prosegue è che questa agenda non è stata più trovata, quindi qualcuno se n’è appropriato.

E non è qualcuno di Cosa Nostra. Perché non è pensabile che sulla scena della strage ci fossero dei mafiosi intervenuti per appropriarsi dell’agenda rossa. Altro dato è che la borsa ricompare nella stanza di Arnaldo La Barbera a mesi di distanza, in maniera irrituale, senza che sia stato fatto un verbale di sequestro, e soprattutto viene riconsegnata in maniera irrituale alla famiglia di Borsellino”.

 “Arnaldo La Barbera era a libro paga dei Madonia”. Lo ha detto il pm Maurizio Bonaccorso nella sua requisitoria ripresa questo pomeriggio nel corso del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio che si celebra a Caltanissetta dinanzi alla Corte d’Appello presieduta dal giudice Giovanbattista Tona. In aula anche il procuratore generale Fabio D’Anna e il sostituto procuratore generale Gaetano Bono.

Bonaccorso questa mattina aveva già parlato di finanziamenti all’ex capo della Squadra Mobile, Arnaldo La Barbera da parte del Sisde. “Il dottore Arnaldo La Barbera – ha continuato Bonaccorso – aveva un tenore di vita altissimo. Abbiamo accertato che Arnaldo La Barbera versava continuamente soldi sul suo conto corrente. In un anno circa 100 milioni di lire. Difficile credere che si potesse trattare di trasferte. Neanche avesse fatto il giro del mondo.

Quello che è significativo sono le modalità in cui questo contante viene versato. Nel ’91 c’è un solo versamento di 8 milioni di lire, nel ’92 questa persona di colpo cambia abitudini rispetto alla sua attività bancaria e comincia a fare versamenti continui per importi davvero consistenti. Certamente non sono tutti proventi illeciti ma questo dato ci conferma quello che hanno detto i collaboratori Vito Galatolo e Francesco Onorato e cioè che La Barbera era a libro paga dei Madonia.

Quindi abbiamo un personaggio ambiguo che da un lato viene costantemente finanziato dal Sisde. Dall’altra parte abbiamo i collaboratori che ci raccontano di un rapporto con la mafia”.

Sui rapporti tra La Barbera e la mafia il pm ha richiamato un episodio raccontato nel corso del processo da parte del collaboratore di giustizia Vito Galatolo. “Vicolo Pipitone – dice il pm – era il luogo dove si sono fatti i più importanti summit di mafia, dove venivano fatti omicidi. Da lì partivano anche i commando per uccidere. Il collaboratore di giustizia Vito Galatolo, chiamato a testimoniare durante questo processo, ci ha detto che vide Arnaldo La Barbera entrare in vicolo Pipitone in due episodi per incontrare suo zio Pino Galatolo che in quel periodo era ai domiciliari, e quindi non poteva uscire”.

 

Fonti:

https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2024/04/16/borsellino-pm-la-barbera-figura-centrale-del-depistaggio_0e704435-e261-429c-a926-3cd6f8e64c9a.html

https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2024/04/16/borsellino-pm-la-barbera-a-libro-paga-anche-della-mafia_ede8ddb9-6f13-4eb4-8004-cd27ce3a5c04.html

 

da qui

lunedì 22 aprile 2024

la censura fascista di Meloni, e dei suoi sicari

 

Il testo del monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile: lo scrittore avrebbe dovuto leggerlo su Rai3

Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro.

Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.

In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.

Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.

Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia?

Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.

Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.

da qui

 


Non solo Scurati. A marzo è stata censurata la scrittrice Nadia Terranova con il suo monologo che trattava le cariche della polizia contro gli studenti di Pisa. Pubblichiamo il testo integrale censurato

 

Il potere fisico e i ragazzi di Pisa - Nadia Terranova

Adesso narrerò un apologo ai giudici. Uno sparviero, dopo aver ghermito un piccolo usignolo variopinto, lo trascinò in alto fra le nubi, e quello, trafitto dagli artigli ricurvi, piangeva di dolore. Allora lo sparviero gli disse: «Infelice, di che ti lamenti? Sei preda di uno più forte di te; dove ti porto io, tu andrai, anche se canti; ti divorerò o ti libererò a mio piacere. Stolto è chi combatte i più forti: non riporterà alcuna vittoria e, oltre al danno, dovrà subire la beffa».

L’apologo dello sparviero e dell’usignolo è la prima favola della storia della letteratura occidentale. Si trova nelle Opere e i giorni di Esiodo, un poema del settimo secolo a. C., ed è curioso che la favola sia anche una delle prime riflessioni della nostra civiltà sulla Hybris, la tracotanza, che tanta parte avrà nel mondo classico.

Il potere, si evince dalle parole di Esiodo, è innanzitutto un potere fisico: il più forte, il più grosso, colui che ha più armi – in questo caso, gli artigli – tiene in scacco in più debole.

Partendo da qui, da una storia per bambini, la Hybris diventò nel mondo classico la più disdicevole delle violazioni: abusare di una carica, agire dentro un dislivello politico era un peccato disonorevole, la rivelazione dell’incapacità di essere all’altezza del proprio ruolo. Il dovere dell’uomo che governa, proprio in virtù della propria carica divina, è ergersi al di sopra degli istinti e delle passioni proprie del piano umano.

Nella Politica, Aristotele elenca i comportamenti che i tiranni devono evitare per non cadere nella Hybris, e ne individua due in particolare: percuotere i sudditi e abusare della loro giovinezza.

Monica, madre di uno dei ragazzi colpiti durante la manifestazione in difesa della Palestina a Pisa, ha risposto ai giornalisti che chiedevano se avrebbe accettato delle scuse. È con le sue parole che voglio concludere.

A me delle scuse importa fino a un certo punto. Voglio che queste cose non succedano più. Un’amica di mio figlio è rimasta in osservazione per un trauma cranico, un altro è stato colpito all’addome e aveva sangue nelle urine, si temeva un’emorragia interna. Stiamo parlando di ragazzini, li hanno curati in pediatria.

da qui

Got bit Uns - Franco Berardi Bifo

Patetiche riflessioni su Google, Genocidio, e noi

 

 

Venerdì 19 aprile 2024. Credo che questa sia la giornata più significativa della mia vita.

E anche la più triste.

 

Sapete, sono un appassionato della piccole coincidenze, degli eventi minuscoli che contengono un universo intero di implicazioni e di significati.

Metafore letterarie, se volete. Ma per la mia mente paranoica questi piccoli eventi acquistano la potenza di un apologo, di un’allegoria, di una minacciosa irridente verità nascosta che si rivela: minime apocalissi.

Al risveglio ascoltiamo come sempre le notizie. Come sempre leggo il notiziario di www.anbamed.it.

“due fosse comuni nel complesso dell’ospedale Shifà. Sono stati riportati alla luce 30 cadaveri, di donne e anziani. Le due fosse comuni sono state scoperte nelle adiacenze del Pronto Soccorso e del reparto di dialisi. Tra i cadaveri sono stati riconosciuti sia malati ricoverati sia personale medico e sanitario. Alcuni corpi erano ammanettati mani e piedi e uccisi con un colpo alla nuca.”

Chiunque non si renda conto del fatto che ci troviamo di fronte a un genocidio la cui crudeltà supera la crudeltà di Himmler e di Heidrich è al di sotto del livello minimo di onestà intellettuale necessario per meritare il mio rispetto. I nazisti si accontentavano di dieci fucilazioni per ogni SS uccisa. I sionisti esigono un sacrificio umano di molte volte superiore.

Continuo a leggere le notizie. Sappiamo che Google ha un contratto per la fornitura di ordigni intelligenti a Israele.

Don’t be evil si è trasformato evidentemente in Got bit Uns.

Il dio bianco, armato di inconfutabili armate di bit, si erge spaventoso all’orizzonte di un secolo destinato a finire presto.

E’ il dio di Israele e della Silicon Valley, quello che ha iniziato un genocidio che non si fermerà a Gaza-Auschwitz, ma è destinato a estendersi progressivamente a territori sempre più vasti. Un genocidio di carestie, di siccità, di temperature infernali, di internamenti e deportazioni di proporzioni bibliche.

Bibliche, appunto. E’ il dio spietato della Bibbia, che si erge all’orizzonte digitale come promessa di sterminio dei non-bianchi. Noi tutti gli apparteniamo. Lo stato germanico, tra tutti il più esperto in genocidio, protegge con il suo scudo i nipoti delle sue vittime, che hanno imparato la lezione e si sono trasformate in sterminatori.

Lo sterminio di Gaza-Auschwitz è teletrasmesso nel mediascape globale. Non si nasconde più lo sterminio, si ostenta perché tutti sappiano, perché voi sappiate, perché voi tremiate, perché obbediate.

Un certo numero di lavoratori Google non hanno obbedito, non hanno accettato il contratto che rifornisce gli sterminatori di Sion di armi intelligenti per il genocidio iniziato e interminabile. Hanno detto di no, firmandosi “No Tech for Apartheid”.

La risposta del Gigante non si è fatta attendere. In un memo inviato a tutti i dipendenti Chris Rackow, direttore della sicurezza globale di Google, scrive:

“Questo tipo di comportamento non ha spazio nella nostra organizzazione e non lo tollereremo.” (qui sotto potete leggere il comunicato nella sua interezza)

Il tono di Rackow è minaccioso, dispotico, inflessibile. Ventotto lavoratori cognitivi dipendenti di Google sono stati licenziati ieri.

Il Padrone Assoluto della mente globale non ammette deviazioni né tentennamenti. Il genocidio è cosa nostra, è la massima espressione contemporanea del dominio bianco declinante ma iper-aggressivo che nel sionismo trova la sua avanguardia.

Fin qui il Grande Mondo. Ora veniamo a quello piccolo. Per timore di un fishing, una settimana fa ho dovuto bloccare la mia carta di credito e successivamente ho dovuto attivarne una nuova. Questo ha impedito il pagamento di qualche utenza. Stamattina mi è arrivata la comunicazione di google one, cui ogni mese pago un euro virgola nove per estendere lo spazio di archiviazione che mi rende possibile continuare l’uso di gmail. Il mese di marzo risulta non pagato, mi dice con tono benevolo il Padrone Assoluto, e mi ingiunge di rimediare alla mia inadempienza.

Nello stesso giorno in cui ventotto cognitari sono licenziati, nello stesso giorno in cui in una fossa comune si trovano i medici e i pazienti assassinati con un colpo alla nuca dagli sterminatori sionisti, il Padrone Assoluto, che rifornisce di congegni intelligenti gli sterminatori, mi chiede gentilmente di pagare il tributo.

L’ho pagato.

E il Padrone Assoluto mi ha risposto immantinente: grazie.

Se non l’avessi pagato non sarei qui a spedire questo inutile patetico commento a un evento minuscolo.

So bene che Seneca avrebbe riempito una vasca di acqua calda e avrebbe chiesto al suo famulus di aiutarlo a recidere le vene, ma non mi pare il caso di aggiungere il melodramma all’orrore.

da qui 


domenica 21 aprile 2024

Addio intercettazioni: è un’amnistia permanente - Gianni Barbacetto e Antonella Mascali

COSÌ LA DESTRA SALVA I COLLETTI BIANCHI – Guerra ai pm. Ascolti vietati, inutilizzabili o a tempo, paletti ai sequestri degli smartphone: il governo scuda di fatto i delitti contro la PA

Togliere, limitare, circoscrivere, ridurre ogni strumento che possa servire alle indagini sui politici e sui colletti bianchi. Lasciare i pubblici ministeri a mani nude davanti ai reati eccellenti, soprattutto quelli contro la Pubblica amministrazione. È l’amnistia permanente: perché impedisce, a monte, di indagare sui delitti che non siano quelli di strada. In un mondo interconnesso come il nostro, lo strumento principale d’indagine è l’intercettazione telefonica e ambientale, e il suo sviluppo tecnologico: il trojan che capta voci e contatti. Contro la possibilità d’intercettare e di usare i programmi-spia da anni si sono moltiplicate le iniziative di legge per ridurli fin quasi ad azzerarli. L’ultimo segnale è arrivato due giorni fa dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha messo a rischio la possibilità di salvare decine di processi in corso, utilizzando (come permesso finora dalla legge Bonafede) le intercettazioni realizzate in un procedimento diverso. Una lunga storia, quella di rendere difficile o impossibile l’utilizzo delle captazioni telefoniche, che si è intensificata con il governo Meloni.

Basta “strascico”.
Già approvate e in vigore alcune norme che depotenziano lo strumento investigativo delle intercettazioni. Stop a quelle “a strascico”, cioè divieto di usarle per un procedimento diverso da quello per cui sono state autorizzate, anche se offrono elementi di prova di un nuovo reato, a meno che non sia un reato per il quale sia previsto l’arresto in flagranza. Esclusi così molti crimini dei colletti bianchi. E ancora: vietato inserire nel verbale di trascrizione delle intercettazioni quelle considerate “irrilevanti” ai fini dell’indagine. Anche se queste potrebbero, nel corso dell’inchiesta, divenire importanti: e non solo per l’accusa, ma anche per la difesa. Il pm dovrà anche scrivere quanto ha speso per ogni intercettazione. Norme inserite nel decreto Omnibus approvato in via definitiva dal Senato il 9 ottobre 2023.

Sequestro cellulari e chat.
Il 10 aprile, al Senato, approvato il ddl che dispone una stretta sul sequestro degli smartphone e degli altri apparecchi elettronici. Prevede un meccanismo talmente farraginoso per poter sequestrare e utilizzare nelle indagini le chat e la messaggistica informatica, che sarà inevitabile la perdita di tempo utile per le indagini. Come già per le intercettazioni, le chat e il materiale informatico sequestrato non potrà essere utilizzato per muovere un’altra accusa, anche se si dimostrasse un elemento stringente di prova. Per il sequestro di cellulari o pc o tablet dovrà intervenire un giudice. Entro cinque giorni, il pm deve avvisare tutte le persone coinvolte nel sequestro: gli indagati, i difensori, le persone offese. Con una sorta di udienza per la duplicazione del contenuto degli apparati elettronici sequestrati, di cui viene prodotta una copia forense. Poi sarà obbligatoria una seconda autorizzazione del gip per poter utilizzare il materiale sequestrato. Il testo approvato al Senato ora passerà alla Camera.

Niente trojan.
Una settimana fa, l’assalto all’utilizzo dei trojan. Enrico Costa, ex Forza Italia passato ad Azione di Carlo Calenda, davanti alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera ha sventagliato ben 23 emendamenti al ddl sulla cybersicurezza. Tra questi, il divieto di usare il trojan nelle indagini per reati contro la Pubblica amministrazione.

Solo 45 giorni d’ascolto.
Quattro giorni fa, la commissione Giustizia del Senato ha approvato l’emendamento proposto dalla senatrice Erika Stefani (Lega) che introduce per la prima volta nel nostro Codice di procedura penale un tetto alla durata delle operazioni di ascolto: 45 giorni, eccetto per mafia e terrorismo.

No salva-intercettazioni.
Giovedì scorso le sezioni unite della Cassazione sono intervenute sulla legge Bonafede salva-intercettazioni del 2020. Le intercettazioni autorizzate per un determinato reato potranno essere utilizzate anche per un altro reato soltanto se il fascicolo originario e quello nuovo siano stati iscritti entrambi dopo l’entrata in vigore della legge (31 agosto 2020). La Bonafede, in ogni caso, è stata superata dalla norma sul divieto delle intercettazioni a strascico. Dunque, anche con i limiti stabiliti ora dalla Cassazione, si potrà applicare solo per reati iscritti dopo il 31 agosto 2020 e prima del 9 ottobre 2023.

da qui

SANMARIOPIO DA GOLDMAN SACHS

 

Alessandro Orsini ha pubblicato il seguente testo:

“Mario Draghi, intervenendo alla conferenza europea sui diritti sociali a Bruxelles, ha detto che intende rilanciare la competitività dell’Unione europea. Certo, alimentando una guerra con la Russia in Ucraina che ha mandato la Germania in recessione. Qualcuno può spiegarmi perché l’Italia si è rimbecillita al punto da proporre Mario Draghi come prossimo presidente della Commissione europea? Mario Draghi, nel caso in cui non fosse chiaro, si è autocandidato alla presidenza della Commissione europea con il suo discorso delirante, interpretato come un’autocandidatura persino dalla stampa pro-Draghi. Io non so più come dirlo: Mario Draghi è un grandissimo pericolo per la Repubblica Italiana e per il futuro dei nostri figli. Mario Draghi non ha nessuna autonomia; è un politico completamente telecomandato. È un uomo senza nessun contatto con le persone comuni che non pranzino a ostriche e caviale. È un uomo che ha contatti soltanto con la Casa bianca. È un uomo che ignora completamente le aspirazioni e i bisogni degli italiani, come dimostrano le sue politiche in Ucraina ai tempi in cui era presidente del Consiglio. Mario Draghi, posto in qualunque posizione di potere, implica un futuro profondamente schifoso per i nostri figli. Mario Draghi significa: 1) asservimento alla Casa bianca e moltiplicazione delle guerre, come dimostrano le sue politiche verso l’Ucraina; 2) violazione sistematica del diritto internazionale, come dimostra il suo sostegno a Israele; 3) disprezzo dell’articolo 11 della nostra Costituzione, come dimostra il suo invio di armi in Ucraina per alimentare la guerra dall’esterno anziché spegnerla con la diplomazia come prescrive la nostra Costituzione; 4) disprezzo verso la cultura pacifista a fondamento della Costituzione Italiana; 5) insulti violenti contro il movimento pacifista, che è la struttura portante della società civile italiana, come dimostra la sua frase secondo cui l’Italia sarebbe piena di “pupazzi prezzolati” dal Cremlino quando, in realtà, l’Italia è piena di pupazzi prezzolati dalla Casa bianca. Mario Draghi è semplicemente un leader politico vergognoso che ricopre l’Italia di vergogna senza uno straccio di voto nel nostro Paese. Ecco perché i suoi incarichi non passano mai attraverso libere elezioni. Draghi non viene mai eletto, viene sempre cooptato perché le persone comuni lo stimano come si può stimare una persona disprezzata. Lottate contro Mario Draghi, uomo di guerra, nemico dei nostri figli, nemico della Costituzione Italiana. Avanzi l’Italia, avanzi la pace, risorga il movimento pacifista.”

da qui

 

 

DRAGHI IL MAGGIORDOMO DI GOLDMAN & SACHS - Michele BLANCO

Mario Draghi il nemico del popolo non deve presiedere la prossima Commissione europea.

Basti ricordare: “Mario Draghi? Impossibile immaginarlo a Palazzo Chigi. È un vile affarista che venderà l’economia italiana”. Lo ha detto l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga durante la trasmissione Unomattina.(il 24 gennaio 2008, ANSA).

Rimarcando ancora quando si proponeva Draghi come presidente del consiglio: Sembra che Mario Draghi, già socio della Goldman & Sachs, nota grande banca d’affari americana, oggi Governatore della Banca d’Italia, sia il vero candidato alla presidenza del Consiglio di un «governo istituzionale». E così avrà modo di svendere, come ha già fatto quando era direttore generale del Tesoro, quel che resta dell’industria pubblica a qualche cliente della sua antica banca d’affari”. Lo afferma, in un comunicato, il senatore a vita Francesco Cossiga. (ANSA). Infatti il 2 giugno 1992, Mario Draghi, allora direttore generale del Tesoro saliva a bordo del Britannia (la nave dei reali d’Inghilterra) per annunciare al mondo che l’Italia era pronta a [s]vendere il suo patrimonio grandissimo e di valore assoluto di industrie di Stato. Fu fautore di una visione neoliberista, che prevede una estrema libertà di movimento dei capitali ed una finanziarizzazione dell’economia. Tutto questo ha determinato, inevitabilmente, non una distribuzione della ricchezza ma la sua concentrazione, in sempre più, poche mani.

In Italia con l’applicazione delle politiche neoliberiste il debito pubblico che agli inizi degli anni 80 era del 58% del Pil, schizzò agli inizi degli anni 90 al 120% del Pil. Convenzionalmente si ritiene che un debito pubblico del 60% è accettabile mentre debiti superiori devono portare a scelte di rientro.

Quindi, il grande debito pubblico venne generato da queste inadeguate scelte. Per rientrare dal debito, negli anni 90 si decise di dover dismettere, in verità regalare, i beni pubblici, banche, industrie ed infrastrutture. Quindi, bisogna sempre ricordarlo, uno dei principali artefici delle privatizzazioni dei beni pubblici italiani fu Mario Draghi, espressione di interessi dei grandi gruppi finanziari. Nonostante dette dismissioni, o regali ai ricchi privati, il debito pubblico è sempre più cresciuto.

Lo stesso Draghi, anni dopo, a capo della BCE ha favorito una compressione dei salari e tagli enormi dello stato sociale con precarizzazione del lavoro per avvantaggiare sempre, e solo, i grandi gruppi finanziari. Draghi in tutta la sua vita è stato sempre e solo espressione degli interessi del grande capitale. Basti ricordare il trattamento della Grecia che fu completamente privata di qualsiasi autonomia gestionale in economia, per dover soddisfare gli interessi delle banche tedesche, riducendo alla miseria e alla fame quel popolo ed alla svendita di quasi tutti i suoi beni.

Per la inutile guerra ucraina sono stanziati centinaia di miliardi di euro ma nemmeno un centesimo per il popolo Greco. Come avvenne dopo la crisi finanziaria del 2008, il sistema bancario fu salvato con denaro pubblico e questo debito fu riversato sul debito pubblico che noi tutti paghiamo.

Draghi è l’espressione di questo mondo e la sua figura a capo dell’Europa determinerà la fine di un sogno nato con il Manifesto di Ventotene. È giunto il momento di giudicare Mario Draghi e i “draghiani” come Carlo Calenda, Enrico Letta e molti altri. Draghi aveva fatto promesse agli italiani in cambio del sostegno per sconfiggere la Russia con l’invio di armi. Si era schierato contro una soluzione diplomatica. Aveva previsto la sconfitta della Russia in poco tempo, ma ha ottenuto solo che con le sanzioni alla Russia abbiamo avuto un generale aumento dei prezzi che non si vedeva dagli anni Settanta del secolo scorso. Ha favorito le grandi compagnie statunitensi che ci hanno venduto il gas a prezzi incredibilmente esagerati.

Draghi si adopererà, come sempre ha fatto, solo per difendere gli interessi di chi detiene già enormi ricchezze. Egli non farà altro che favorire le politiche di riarmo e sarà per la guerra se servirà ad arricchire i soliti ricchi. Inoltre, come sempre ha fatto, favorirà il taglio delle spese sociali e non permetterà una giusta e inderogabile distribuzione della ricchezza. Riepilogando bisogna assolutamente evitare una macelleria sociale che con la candidatura del “privatizzatore seriale” ci stanno preparando. Per fare questo vorrei ricordare a tutti che il vostro voto alle prossime elezioni europee è determinante!

da qui